Condurre l’analisi della presenza sui social media di un’azienda o di una organizzazione non è un esercizio tecnico per quanto investa strumenti tipici del marketing digitale, ma aiuta ad osservare la coerenza con la quale la comunicazione sulle piattaforme social è dispiegata in relazione con le altre forme di comunicazione online ed offline che sono adottati.
Coerenza, non significa però uniformità perchè il margine del manovra consentito dal linguaggio dei social media può permette scelte specifiche e progetti puntuali.
Sebach, una delle aziende leader nei wc chimici, ha un tono ironico e scherzoso su Facebook, ma il sito aziendale è improntato a calcolare il numero di wc necessari in ragione della grandezza del cantiere.
Una buona check-list social è in ogni caso la seguente:
- il posizionamento aziendale che emerge dallo scorrere gli elementi multimediali ed editoriali che sui social media sono pubblicati, notando che spesso imprese che hanno sedi, vetrine e cataloghi curati poi adottano soluzioni artigianali su Facebook o su Instagram;
- la promessa che fanno ai propri clienti o utenti ovvero quali ragioni offrono per seguirli e che, salvo in casi di aspirazionalità limitati al mondo del lusso, tendono troppo spesso ad appiattirsi a una comunicazione pubblicitaria o autoreferenziali. Non è sbagliato in assoluto servirsene, ma, appunto, non costituisce una promessa, ma solo un uso delle piattaforme social come ambienti di advertising;
- l’offerta di canali di relazione con il cliente sotto forma di gestione delle recensioni e di risposte alle domande che possono essere fatte via domande o messaggi. Anche il possedere i badge di “elevata reattività ai messaggi” è un segno di conferma di tale ruolo;
- il tono di voce con il quale connota i post, in qualche caso – forse frutto di un uso falsamente amichevole di punti esclamativi e segni grafici – incoerente con il posizionamento del brand: le scelte scanzonate di Taffo sono “un” tono di voce e non necesssariamente il metro della comunicazione sui social media;
- la qualità dei contenuti pubblicati ed in particolare l’uso di formati come i social objects (meme, infografiche, immagini arricchite, …), le Stories, i Reels, i video on-demand ed in diretta;
- la scelta di ambienti social più improntati ad una comunicazione many-to-many come i Gruppi che ad una comunicazione pubblica come le Pagine, i Profili ed i Canali ed il relativo adeguamento delle scelte editoriali e di gestione del rapporto con gli utenti.
- Da manuale l’uso della Pagina Facebook e del relativo Gruppo da parte di Skipper della Zuegg;
- il rendimento di tali ambienti sotto il profilo delle metriche social per il quale sono utili strumenti come Facebook Insights e Audience Insights, Fanpagekarma e Ninjalitics così come i software di web analytics quando aspetti web sono coinvolti;
- l’efficacia e l’efficienza delle soluzioni di advertising coinvolte con il dovuto ricorso anche a metriche come le Valutazioni di Qualità offerte dalle piattaforme di social media analytics presenti.
Ancor più, un’analisi social deve essere accostata ad un’analisi “sociale” in cui occorre capire l’autenticità con cui imprese e organizzazioni sanno valorizzare la componente umana del brand mettendo in evidenza le storie del suo personale e del suo marchio, il sistema di valori su cui quest’ultimo si appoggia ed il rispetto dimostrato nei confronti dei suoi clienti, nel rispetto delle circostanze specifiche in cui, giorno dopo giorno, l’attività social si dispiega.