Veicoli elettrici, le debolezze dell’industria Ue nei confronti di Cina e Usa
In tutti gli Stati dell’Unione europea (Ue), nel primo semestre di quest’anno, sono state vendute più di 700 mila nuove auto a batteria. Un dato in forte aumento (+53%) rispetto al 2022, anno in cui, comunque, si è registrata un’ulteriore crescita del 30% rispetto al 2021.
Insomma, la mobilità elettrica in Europa sembra godere di buona salute, ma secondo un nuovo rapporto dell’École Polytechnique la mancanza di una strategia industriale europea per l’elettrificazione dell’auto potrebbe causare problemi crescenti alle nostre imprese, soprattutto per la perdita di competitività con quelle americane e cinesi. Anzi, molte realtà europee di rilievo stanno investendo proprio nei Paesi concorrenti.
Quando la Cina ha affrontato il tema della mobilità elettrica, ha subito approntato un piano complessivo molto ambizioso e allo stesso tempo ben definito, con interventi che andavano dall’estrazione mineraria alla raffinazione, dalla produzione di auto e batterie alle reti di ricarica, dalla fornitura di energia a basso costo agli incentivi all’acquisto dei veicoli, fino al riciclaggio e il riuso-
Un approccio olistico, quello stabilito da Pechino, che abbraccia l’intero ciclo di vita dei veicoli elettrici. Una vera strategia industriale che fa della Cina il mercato leader della mobilità elettrica a livello mondiale.
Gli Stati Uniti vengono subito dopo, con finanziamenti senza precedenti previsti dall’Inflation Reduction Act (IRA), che stanno dando un nuovo imponente impulso all’industria automobilistica nazionale, mettendo appunto a dura prova la competitività del manifatturiero automotive europeo.
De Vries (Acea): “Un mosaico di normative dirotta fondi vitali e indebolisce la competitività”
“A differenza della Cina e degli Stati Uniti, l’Ue non dispone di una solida strategia industriale per sostenere la produzione di veicoli elettrici, l’Europa vuole stabilire il ritmo globale per la decarbonizzazione, ma deve fare di più per sostenere le industrie critiche, come quella automobilistica, che di fatto fanno parte della soluzione”, ha affermato Sigrid de Vries, direttore generale di Acea.
“Siamo incoraggiati dai recenti segnali provenienti da Bruxelles, che riconoscono le immense sfide e le minacce alla competitività che il nostro settore deve affrontare. La recente proposta congiunta, Ue-Gran Bretagna, di estendere le norme di origine per i veicoli elettrici è indicativa di ciò, ma troppo spesso l’Unione mette il carro normativo davanti ai buoi, a scapito delle sue industrie critiche”, ha aggiunto de Vries.
In Europa, ha precisato il direttore generale dell’Acea, “un mosaico di normative – al ritmo di otto o nove in media all’anno – dirotta fondi vitali e indebolisce la competitività. Per affrontare il cambiamento climatico e dare slancio alla fiorente industria europea dei veicoli elettrici, bisogna sviluppare un quadro normativo e finanziario su misura finalizzato a creare un ambiente imprenditoriale favorevole”.
Le batterie rappresentano una catena del valore strategica per l’Ue
In effetti, in questi giorni la Commissione europea ha proposto una proroga specifica, “una tantum”, fino al 31 dicembre 2026, delle norme di origine vigenti per i veicoli elettrici e le batterie nell’ambito dell’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione con il Regno Unito.
La Commissione ha accantonato inoltre finanziamenti aggiuntivi fino a 3 miliardi di euro per stimolare l’industria manifatturiera di batterie dell’Unione europea.
Le batterie rappresentano una catena del valore strategica, in cui l’Ue deve accrescere investimenti e innovazione nell’ambito di una strategia di politica industriale rafforzata, volta a costruire una base industriale integrata, sostenibile e competitiva a livello mondiale.
All’Ue servono fino a 30 nuove gigafactory
Una questione chiave già sottolineata dalla Commissione nel 2019 in una relazione al Parlamento e al Consiglio dell’UE, in cui si spiegava che in Europa dovranno essere costruiti almeno dai 20 ai 30 stabilimenti di produzione su vasta scala (gigafactory), soltanto per la produzione di celle di batterie, e occorrerà rafforzare considerevolmente il corrispondente ecosistema. La portata e la velocità degli investimenti necessari significa che il rapido ricorso agli investimenti privati sarà un fattore fondamentale di successo.
Oggi, la quota europea nella produzione mondiale di celle è soltanto del 3% e, mentre l’Asia detiene una quota dell’85%.
Se non verranno prese misure per sostenere la creazione di un efficiente comparto produttivo delle batterie, l’Europa rischia di perdere irreversibilmente terreno rispetto ai concorrenti globali e di diventare dipendente dalle importazioni di celle di batterie e di materie prime utilizzate nella catena di approvvigionamento.