Oggi in tutto il mondo circolano poco più di 1,3 milioni di auto elettriche (in Italia sono 1.373, lo 0,1% delle immatricolazioni complessive) e per il 23% sono alimentate da fonti energetiche rinnovabili. Uno scenario piuttosto limitato che però è visto in rapida crescita, “esponenziale” secondo la maggioranza degli esperti.
Il limite principale al successo commerciale di questi veicoli è nel costo e nell’autonomia delle batterie. A seconda del tipo di dispositivo si possono percorrere tra 250 e 500 chilometri con una ricarica e anche questo aspetto, il tempo necessario per una ricarica, concorre non poco nella scelta finale del consumatore.
Eppure, secondo le ultime stime Avvenia, entro il 2040 saranno 150 milioni i veicoli elettrici in circolazione, con una copertura del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili del 37%.
L’elemento chiave per il verificarsi di questo scenario è il cobalto.
Presente assieme ad altri minerali in grandi quantità nei più comuni dispositivi elettronici connessi in rete, il cobalto è indispensabile per riuscire ad estendere la durata delle batterie al litio da cui dipende l’autonomia delle auto elettriche.
Se la batteria di uno smartphone ne contiene dai 5 ai 10 grammi, quella di un’auto elettrica ne contiene anche 15 chilogrammi.
Per questo motivo il suo valore di mercato sta salendo alle stelle: si calcola che l’80% delle auto elettriche nel 2040 userà il cobalto per estendere l’autonomia delle batterie.
A conferma di questa svolta per l’emobility arrivano anche le stime delle grandi compagnie petrolifere, come la Shell che si aspetta il boom delle auto elettriche per il 2030 e la Exxon che invece guarda al 2040.
Il petrolio bianco
Un chilo di carbonato di litio, che un paio d’anni fa costava 7-8 dollari, si legge in un articolo de Il Sole 24 Ore, è arrivato a superare 26 dollari nella primavera 2016, ma è poi ridisceso per stabilizzarsi tra 18 e 21 dollari proprio grazie ai primi aumenti di produzione, da parte dei fornitori storici: la cilena Sociedad Quìmica y Minera (SQM), le americane Albebarle e FmcLithium, le cinesi Tianqui Lithium e Jiangxi Gangfeng Lithium, che insieme controllano oltre due terzi del mercato.
Il prezzo del Cobalto, invece, è già volato oltre 58mila dollari per tonnellata al London Metal Exchange, quasi raddoppiato nel giro di un anno. Come la sua produzione, che è triplicata negli ultimi cinque anni e raddoppierà nel 2020.
Se non bastasse l’instabilità politica dei Paesi estrattori e lo sfruttamento che si annida in questo settore, anche gli speculatori sono già al lavoro per alterare il mercato.
Il costo umano e ambientale dell’innovazione
Da considerare anche il basso impatto ambientale che l’emobility consente. Secondo i ricercatori Avvenia, le emissioni nocive si riducono di molto se si considera l’intero ciclo di vita della produzione elettrica: da 120 gCO2/km delle migliori EURO 6 a 40 gCO2/km delle auto elettriche.
Ma se da un lato le auto elettriche concorrono alla decarbonizzazione delle nostre economie, dall’altro i principali problemi legati all’estrazione di litio e cobalto sono proprio quelli ambientali e dei diritti dei lavoratori.
Partendo da questi ultimi, sappiamo che oggi le miniere da cui vengono estratti questi minerali si trovano in Africa (il 60% nel Congo) e spesso vedono impiegati minori, bambini di 10-12 anni.
La paga dei lavoratori è molto bassa ed è facile ammalarsi esponendosi a questi metalli (soprattutto alle vie respiratorio, alla pelle, agli occhi) ed è facile farsi male durante le lunghe giornate lavorative svolte per lo più in ambienti pericolosi per la salute, privi di tutele sindacali e dei minimi requisiti di sicurezza.
L’anno scorso, Amnesty International ha stimato in 100 mila le persone impiegate per l’estrazione di questi minerali in Africa, di cui 40 mila bambini pagati 2 dollari al giorno, per 12 ore di lavoro.
Estrarre questi metalli è oltretutto un pericolo per l’ambiente e l’ambiente determina il livello della qualità della nostra vita. Si tratta di elementi tossici e altamente nocivii in grandi concentrazioni (come quelle che si hanno nei pressi di una miniera e nelle discariche).
Ecco perché è fondamentale sviluppare una filiera del riciclo e il riuso di cobalto e litio. Se oggi riusciamo a recuperare solo l’1% di quest’ultimo, per il cobalto siamo già al 50%, investendo in ricerca si possono certamente ottenere risultati più incoraggianti.