Le auto a guida automatica sono una realtà e presto arriveranno sulle strade delle più grandi città del mondo. Cosa accadrà? Quali criticità e benefici apporterà questa nuova tecnologica smart mobility? Un recente studio in Gran Bretagna commissionato ad Atkins dal Ministero dei Trasporti, evidenzia che in un primo momento l’uscita in strada delle driverless cars potrebbe determinare confusione e una più marcata congestione del traffico.
Nel documento “Research on the impacts of connected and autonomous vehicles (Cav) on traffic flow”, aggiornato dal Ministero nei giorni scorsi con nuovi dati, si precisa che essendo le auto a guida automatica interconnesse con le altre e i sensori wireless in strada, sicuramente si potrebbe registrare un rallentamento generale del traffico.
I veicoli connessi in rete e guidati da software rispettano alcuni standard di guida sicura stabiliti dai programmatori, che certamente non sono gli stessi degli automobilisti tradizionali. Questa discrepanza nella condotta di guida potrebbe generare un’iniziale e forse lunga fase di stabilizzazione del flusso del traffico urbano ed extra urbano, con ricadute negative sui cittadini, che passeranno più tempo in macchina rispetto a quanto già non accada.
Gli stessi ricercatori, però, assicurano che con l’aumentare del numero di veicoli a guida automatica si avranno i primi benefici: quando la loro presenza in strada supererà la soglia del 50% e poi del 75% finalmente passeremo meno tempo nel traffico, l’11% in meno sulla rete autostradale e il 34% in meno in quella urbana.
Lo studio si basa su una modellazione virtuale della rete stradale britannica e dei nodi cruciali. Già con il 25% di auto a guida automatica in circolazione in città si risparmierebbe il 12,5% del tempo negli spostamenti quotidiani.
Su questo argomento comunque il giudizio degli automobilisti rimane sospeso, in Europa come in Italia. Sicurezza e affidabilità sono le caratteristiche su cui i dubbi permangono. Secondo il nuovo Rapporto annuale di ConsumerLab di Ericsson, il 33% degli italiani afferma che auto del genere sono ancora troppo pericolose e che in termini di sicurezza informatica mettono troppo a rischio la privacy e soprattutto l’incolumità del conducente, dei passeggeri e degli altri automobilisti.
Solo il 18% degli intervistati tra i nostri connazionali sarebbe felice di guidare un’auto automatica e full connected.
Rimane però da risolvere un altro problema e cioè la realizzazione delle infrastrutture necessarie alla diffusione delle reti 5G. Tali standard di comunicazione, infatti, dovranno supportare lo sviluppo del mondo di Internet delle Cose (IoT), incluse le comunicazioni di tipo M2M (Machine-to-machine) e i nuovi servizi che si stanno sviluppando in diversi e importanti settori, tra cui quello automobilistico, dei trasporti, della manifattura e dell’industria (con l’industry 4.0), dell’energia, della sanità, dell’agricoltura e del media & entertainment.
A riguardo, lo scorso novembre, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva sullo sviluppo dei sistemi mobili di quinta generazione (5G) e sull’utilizzo di nuove porzioni di spettro al di sopra dei 6 GHz.
Proprio le frequenze sembra avranno un peso enorme nella diffusione delle nuove reti, specialmente nel confronto tra le parti interessate: l’Europa ha scelto i 700Mhz, esattamente le frequenze occupate dalle televisioni. Un grosso grattacapo per noi, che in quella fascia abbiamo un affollamento di emittenti.
A questo punto non rimane che capire in che modo realizzare le infrastrutture e sviluppare i primi servizi 5G nel tempo più breve. In mancanza di un piano nazionale e di una cabina di regia, il nostro Paese sembra orientato a chiudere la partita nel 2022. E se ci riusciremo saremo comunque in ritardo di due anni rispetto agli altri grandi Paesi europei.