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Audiovisivo. Crescono imprese (+3,44%) e occupazione (+7,44%) in Italia, ma cala il valore medio delle produzioni

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Una nuova ricerca dell’Aniba, che sarà presentata al MAF di Milano, il valore medio della produzione è sceso del 30% e il margine operativo lordo del 35%. Colpa delle distorsioni del mercato interno e dell’impatto che l’iperframmentazione del settore sta avendo sui bilanci delle imprese.

Audiovisivo italiano in bianco e nero. La ricerca Anbi

L’industria dell’audiovisivo vale molto per il nostro Paese, non solo in termini di ricavi e posti di lavoro, quindi di Pil, ma anche come veicolo di espansione della nostra cultura e del made in Italy nel mondo.

Secondo i dati del Registro Imprese, inclusi nella valutazione di impatto della Legge Cinema e Audiovisivo, al termine del 2021 risultavano infatti attive 45.289 aziende (con un aumento del +3,44% rispetto al 2019), per un totale di 314.510 addetti (+7,44%) e 292.356 dipendenti (+8,36%).

Tuttavia, secondo alcune anticipazioni della ricerca “Il ruolo delle aziende di service nell’industria italiana dell’audiovisivo”, realizzata da Formules per conto dell’Associazione nazionale imprese broadcast audiovisivo (Aniba), a fronte di questi segni positivi, secondo i dati ISTAT e OECD in Italia dal 2008 al 2021, il valore medio della produzione è sceso del 30% e il margine operativo lordo del 35%.

Dati in controtendenza, rispetto a quanto accaduto in Spagna, Francia, Germania e Inghilterra.

Impatto negativo sui bilanci delle imprese dell’iperframmentazione del settore

Per quel che riguarda la produzione e post-produzione cine-audiovisiva, sono 2.094 le imprese italiane attive e secondo lo studio nel 2022 la redditività delle vendite è calata del 11,08%, mentre il rapporto tra ammortamenti e ricavi dalle vendite è salito al 40,15%.

Due dati che la dicono lunga sull’impatto che l’iperframmentazione del settore sta avendo sui bilanci delle imprese, laddove il settore dei service esprime in misura ancora più marcata questa situazione.

Esaminando i bilanci delle 41 società di service più rilevanti nel settore italiano, si stima che, a fronte di fatturati stabili o in crescita, la marginalità si è ridotta, con risultati d’esercizio talvolta negativi.

Distorsioni del mercato interno

Le piccole e medie imprese di service attive nel settore dell’audiovisivo possiedono tecnologie, risorse umane e competenze, che le portano ad operare con successo nei mercati internazionali, ma patiscono in misura crescente le distorsioni del mercato interno.

Purtroppo in Italia anni di gare al massimo ribasso, deregulation contrattuale e contributi regionali erogati con criteri difformi sul territorio nazionale hanno determinato una situazione critica, acuita dalle difficoltà incontrate nella formazione del personale tecnico”, ha spiegato in una nota Guido Guerzoni, professore dell’Università Bocconi e amministratore delegato di Formules.

I dati della ricerca saranno illustrati in occasione della seconda edizione del “MAF – Milano Audiovisual Forum”, manifestazione organizzata da Pentastudio, in collaborazione con HD Forum Italia (HDFI), che si svolgerà il 29 e 30 ottobre presso il Centro congressi Stella Polare di Fiera Milano Rho.

Un’industria che vale 2 miliardi di euro

Secondo il VI Rapporto dell’Audiovisivo pubblicato la settimana scorsa dall’Associazione Produttori Audiovisivi (APA), l’industria nazionale dell’audiovisivo oggi ha un valore di 2 miliardi di euro, il doppio rispetto al 2017.

Questo sviluppo si deve in gran parte a una crescente domanda di contenuti di qualità e all’introduzione di incentivi fiscali come il tax credit, che hanno favorito l’attrazione di investimenti e la produzione locale.

… e che soffre

Come ha spiegato da queste pagine Angelo Zaccone Teodosi, Presidente IsICult, qualche settimana fa al “Cinema Farnese” di Roma si è tenuto un incontro che ha rilevato cosa si nasconde dietro una delle facciate del tanto “rutilante” mondo del cinema: solo il 25 % degli sceneggiatori italiani “under 35” guadagna un reddito che sia al di sopra della “soglia di povertà” di 15.000 euro all’anno

Il dato è emerso da un sondaggio che hanno realizzato gli associati più giovani di Wgi e 100Autori (due delle tre maggiori associazioni di categoria; l’altra è la storica Anac), su un campione di 161 sceneggiatori e registi giovani. Chi è sceneggiatore ha un reddito medio annuo 12.229 euro, ma il 50 % di loro guadagna meno di 5mila euro l’anno. Chi è regista guadagna mediamente 13.947 euro e la metà di loro arriva a meno di 7mila euro l’anno. 

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