Regno Unito, sette arresti dopo l’attentato di Londra
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – In primo piano sulla stampa britannica l’attentato di Londra ad opera di un uomo che ha investito con un’auto decine di persone sul ponte di Westminster e poi pugnalato a morte un agente fuori dal Parlamento. Cinque persone sono decedute, compreso l’assalitore, e altre quaranta sono rimaste ferite, tra le quali tre studenti francesi, due britannici e due romeni, quattro turisti sudcoreani e una donna tedesca residente in Australia. E’ stato l’attacco piu’ grave da quello del luglio del 2005, che provoco’ 52 vittime. Oggi il Parlamento riapre, con un tributo al poliziotto ucciso, Keith Palmer. L’ultima notizia e’ l’arresto di sette persone nella capitale, a Birmingham, e in altre localita’, dopo le perquisizioni effettuate nella notte. La premier del Regno Unito, Theresa May, ha condannato l’attacco “malato e depravato” e rivolto un pensiero alle famiglie delle vittime; ha elogiato il coraggio della polizia e dei servizi di sicurezza. La prima ministra ha detto, inoltre, che la scelta del luogo non e’ stata casuale, perche’ e’ il cuore della capitale, dove gente di tutte le nazionalita’, religioni e culture, celebra insieme i valori della liberta’ e della democrazia, e la sede del piu’ antico parlamento del mondo. “Ogni tentativo di sconfiggere i nostri valori con la violenza e il terrore e’ destinato a fallire”, ha dichiarato la leader di Downing Street. La condanna e’ stata condivisa dai leader europei: da tutte le capitali sono arrivati messaggi di sgomento e solidarieta’. I giornali analizzano le modalita’ dell’attacco, che ricalcano uno schema che sta diventando piu’ frequente e pericoloso: gli assalitori solitari rappresentano la sfida piu’ impegnativa per i servizi di sicurezza. Il tono generale degli editoriali non firmati, attribuibili alle direzioni, e’ misurato. Secondo “The Guardian”, l’attacco era atteso e non e’ un atto di guerra: non bisogna permettere che l’odio semini divisioni; la prima forma di protezione e’ la solidarieta’. Anche per “The Times” l’odio non deve prevalere e il paese non deve rinunciare alla sua apertura, ma deve rispondere a questa follia con piu’ determinazione che mai. Per “The Independent” e’ stato sferrato un attacco al simbolo piu’ puro della democrazia nazionale; alla base del terrorismo c’e’ l’odio, che pero’ sta diventando anche una moneta politica; quest’ultimo orrore non deve consentire che si giustifichino eccessi retorici. Per “The Telegraph” occorre negare ai terroristi la reazione sproporzionata che cercano di provocare. In linea il “Mirror”: quando il terrorismo attacca la democrazia non bisogna consentirgli di vincere.
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Unione europea, a Roma l’Europa a due velocita’?
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, questo fine settimana seguira’ le orme del suo predecessore Konrad Adenauer che il 25 marzo 1957, primo cancelliere tedesco sul Colle Capitolino a Roma, firmo’ i trattati istitutivi dell’Unione europea. Esattamente 60 anni piu’ tardi l’ottavo cancelliere della Repubblica federale ripetero’ quel rito, nello stesso luogo, assieme a 26 omologhi e ai presidenti delle tre maggiori istituzioni europee: Consiglio, Parlamento e Commissione. Si tratta di un atto simbolico dal grande significato, sottolinea il quotidiano tedesco, specie in un momento di forti tensioni politiche qual e’ quello attuale. Oltre ai negoziati sulla Brexit, l’Unione affronta le sfide dei populismi, dei conflitti regionali, del terrorismo e delle pressioni migratorie, oltre alle tensioni protezionistiche globali e all’aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche. All’incontro saranno presenti per la Germania, oltre al cancelliere, il consulente per gli affari europei di Merkel, Uwe Corsepius, e il segretario Markus Ederer, oltre all’Ambasciatore tedesco presso la Ue, Reinhard Silver Mountain. Quattro sono gli obiettivi della cosiddetta “agenda Roma”, a cui aderiscono i 27 Paesi dell’Unione: Sicurezza (frontiere esterne, lotta al terrorismo e alla criminalita’ organizzata); prosperita’ (mercato interno e completamento dell’unita’ monetaria); politiche sociali (lotta alla disoccupazione, esclusione sociale, poverta’ e migliore istruzione per i giovani); ed infine coesione e stabilita’ (nuove partnership, stabilizzazione dei Paesi ad Est e a Sud dell’Europa, ma anche Medio Oriente e Africa in generale). La prosecuzione del processo di integrazione europea, date le ambiziose direttrici attraverso cui dovrebbe articolarsi, pare inevitabilmente destinata a proseguire “a diverse fasi e intensita’”, sottolinea il quotidiano tedesco: spetta al nucleo dell’Unione fare i primi passi, lasciando aperta la porta a chi voglia aderire successivamente. L’Europa a piu’ velocita’ riproposta da Merkel dovrebbe essere ufficialmente riconosciuta a Roma dai leader dei 27 Paesi, anche se ci sono delle resistenze in merito da parte dei Paesi dell’Est e della Polonia, anche nel Parlamento europeo: “Non vogliamo nessuna divisione dell’Europa in primi e secondi della classe”, ha detto Manfred Weber, dei Popolari europei, al quotidiano “Handelsblatt”. Critico a tal proposito anche il co-presidente dei Verdi, Ska Keller.
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Usa, terza giornata di audizioni al Senato per il giudice Gorsuch
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Il giudice federale Neil Gorsuch, nominato membro della Corte Suprema dal presidente Usa Donald Trump, ha affrontato ieri la terza giornata di audizioni al Senato in vista del voto di conferma sulla sua nomina. L’audizione, sottolineano i quotidiani statunitensi, si e’ trasformata ben presto in uno scambio di accuse di partigianeria politica tra i membri repubblicani e democratici della commissione Giustizia del Senato: i primi hanno accusato i democratici di ricorrere a pretesti per ostacolare la nomina di un giudice di cui avevano approvato all’unanimita la promozione alla corte d’appello del Colorado. I secondo hanno respinto al mittente le accuse, sottolineando che i Repubblicani hanno rifiutato anche solo di considerare la nomina alla Corte Suprema avanzata dall’ex presidente Obama lo scorso anno, Merrick Garland. “Se ci riduciamo a votare contro una nomina solo perche’ quest’ultima rifiuta di pronunciarsi a favore della nostra specifica visione di una determinata questione, significa che l’intero processo di nomina e’ divenuto una farsa”, ha dichiarato il repubblicano Lindsey Graham, aprendo la terza sessione dell’audizione. Un altro senatore repubblicano, Ted Cruz, ha accusato di ipocrisia i democratici che contestato gli “attacchi di Trump ai giudici”, e che negli ultimi giorni hanno messo in dubbio l’integrita’ di Gorsuch – anch’egli giudice federale – sollevando dubbi sui finanziamenti di gruppi politici che starebbero premendo per la sua nomina alla Corte Suprema. “Si tratta di attacchi gravi, che mettono direttamente in dubbio la vostra integrita’”, ha detto Cruz a Gorsuc. “I miei colleghi democratici hanno il diritto di intraprendere qualunque attacco ritengano opportuno, ma mi sembra quantomeno ironico che possano diffamare un giudice federale e allo stesso tempo predicare in merito all’inaccettabilita’ delle critiche mosse dal presidente a un giudice federale”. I Democratici hanno rispedito al mittente le accuse di ipocrisia,sottolineando che l’audizione di Gorsuch non si sarebbe mai tenuta, se i Repubblicani non avessero bloccato la nomina di Garland pochi mesi fa. “Graham ha contestato il fatto che il presidente Obama abbia nominato due giudici della Corte Suprema. Non solo non trovo la cosa riprovevole, ma ritengo che gli atti dovrebbero attribuire al presidente Obama tre nomine, tra cui quella di Merrick Garland”, ha affermato il senatore democratico del Vermont, Patrick Leahy. “Il Partito repubblicano ha ignorato la Costituzione, non ha consentito a quel giudice di sottoporsi a un voto di conferma, non gli ha concesso di presentarsi di fronte a questo consesso. E’ la prima volta nella storia degli Stati Uniti che il Senato rifiuta di tenere un’audizione e un voto”. I Repubblicani, e lo stesso Gorsuch, paiono pero’ fiduciosi che la nomina otterra’ l’approvazione del Senato, anche nel caso i Democratici forzino con l’ostruzionismo il requisito della maggioranza qualificata di 60 senatori. “So che oggi la nostra cultura civica e’ dominata da un forte pessimismo nei confronti delle nostre istituzioni di governo. Io non la condivido – ha detto Gorsuch. Credo che questo organismo funzioni ancora”. Un editoriale non firmato della direzione del “New York Times” sposa la condanna dei senatori democratici per l’ostruzionismo subito lo scorso anno dalla nomina di Obama, ma sostiene anche che la minoranza al Senato dovrebbe “giudicare Gorsuch sulla base dei suoi meriti”: e questi meriti, ammette il quotidiano, includono “credenziali accademiche impeccabili, una carriera decennale come giudice d’appello federale, una valutazione di merito da parte dell’American Bar Association e il sostegno disinteressato di diversi consulenti legali dell’ex amministrazione Obama”. “E’ assai probabile che ci troveremo in disaccordo con il signor Gorsuch su una moltitudine di importanti questioni di carattere legale. Cio’ non equivale a dire che non sia adeguato al ruolo che dovrebbe rivestire”. Secondo il quotidiano, i Democratici dovrebbero rinunciare all’ostruzionismo nei confronti di Gorsuch, negoziando in cambio la possibilita’ di ricorrere a tale strumento di opposizione parlamentare in altre occasioni, senza restrizioni da parte della presidenza repubblicana del Senato.
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Usa, l’intelligence ha davvero intercettato i collaboratori di Trump
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Le agenzie di intelligence statunitensi hanno davvero intercettato figure della campagna elettorale di Donald Trump e del suo team di transizione presidenziale. Lo ha dichiarato ieri, nel corso di una conferenza stampa a dir poco esplosiva, il direttore della commissione Intelligence della Camera dei rappresentanti, il repubblicano Devin Nunes. Il presidente Usa, Donald Trump, aveva scatenato un putiferio all’inizio di marzo, denunciando via Twitter l’intercettazione sua e della sua campagna elettorale per ordine del suo predecessore, Barack Obama: “Ho appena scoperto che Obama aveva ‘intercettato’ la Trump Tower poco prima della vittoria”, aveva scritto il presidente. “Non hanno trovato nulla. Questo e’ puro maccartismo”. Le accuse di Trump, non circostanziate, avevano suscitato incredulita’ all’inizio, e scandalo poi, sino a questa settimana, quando il direttore del Federal Bureau of Investigatio (Fbi), James Comey, ha categoricamente smentito di fronte al Senato che l’amministrazione Obama abbia mai ordinato la sorveglianza di Trump e dei suoi collaboratori, neanche indirettamente, tramite un mandato Fisa (Foreign Intelligence Surveillance Act). Trump era stato sonoramente smentito anche da numerosi esponenti del suo partito – primo tra tutti il senatore John McCain – secondo cui non esisteva alcun elemento che potesse far supporre un atto gravissimo come lo spionaggio di Stato ai danni della sua campagna elettorale prima del voto di novembre. Lo scenario, pero’, e’ completamente mutato ieri: dopo una visita lampo alla Casa Bianca, Nunes ha annunciato “sviluppi significativi”: “Informazioni sottoposte alla mia attenzione (…) attestano che in numerose occasioni l’intelligence ha incidentalmente raccolto informazioni in merito a cittadini statunitensi coinvolte nella transizione del presidente Trump”. Col termine “incidentale”, Nunes pare confermare che l’amministrazione Obama avesse effettivamente richiesto e ottenuto l’intercettazione di diplomatici stranieri – primo tra tutti, l’ambasciatore russo negli Usa – per verificare eventuali contatti tra la campagna di Trump e il Cremlino. Non e’ tutto: secondo Nunes, l’agenzia che ha effettuato le intercettazioni – quasi certamente l’Fbi – ha raccolto “dettagli relativi a cittadini statunitensi legati all’amministrazione presidenziale prossima all’insediamento”. Queste informazioni, “di poca o nulla rilevanza apparente per l’intelligence”, sono state nondimeno “ampiamente disseminate tra le varie agenzie della comunita’ d’intelligence statunitense”: una distribuzione di informazioni riservate che l’amministrazione Obama ha autorizzato con un decreto a pochi giorni dal cambio di consegne alla Casa Bianca. Contrariamente a quanto accade per gli atti relativi a indagini riservate, i nomi presenti in questi documenti “non sono stati cancellati”, e sono divenuti oggetto, nel corso degli ultimi mesi, delle fughe di notizie riprese quotidianamente dai media. “Nulla di quanto ho potuto vedere riguardava in alcun modo la Russia, o una qualunque discussione con la Russia, o contatti tra gente di Trump e Russi. Nulla di tutto questo ha a che fare con la Russia”, ha sottolineato Nunes, che presiedendo l’indagine parlamentare sui presunti contatti tra la campagna di Trump e Mosca, ha poi prontamente aggiunto: “Questo non significa che non possano esistere informazioni di questo tipo. Ma non ce ne erano tra quelle che ho visionato”, e che sono divenute oggetto delle furiose polemiche seguite alle elezioni presidenziali. “Mi e’ parso che queste informazioni siano state raccolte legalmente, ma si tratta essenzialmente di una vasta mole di informazioni sul presidente eletto e il suo team di transizione e su quanto stavano facendo”: nei fatti, insomma, il team di transizione di Trump, e membri della sua campagna prima delle elezioni, sarebbero stati effettivamente sorvegliati. “Quel che ho letto mi pare equivalga a una forma di sorveglianza, magari legale, ma non necessariamente corretta, e non so se i cittadini statunitensi si sentirebbero a loro agio leggendo quanto ho letto”. Infine, alla domanda diretta di un giornalista: “Insomma, i tweet del presidente Trump erano veritieri?”, Nunes ha risposto: “E’ possibile”. Il deputato ha annunciato che la commissione d’intelligence della Camera indaghera’ in merito a eventuali violazioni procedurali da parte dell’Fbi, e tra le righe ha fornito un’altra informazione importante: i documenti e le informazioni sottoposti alla sua attenzione provengono dalla National Security Agency (Nsa) che, ha detto Nunes, “sono certo continuera’ a collaborare”: parole che paiono avvalorare le voci di una accesa rivalita’ tra le agenzie della comunita’ d’intelligence statunitense. In attesa di ulteriori sviluppi, le reazioni politiche non si sono fatte attendere: se da un lato il presidente Trump si e’ detto “in qualche modo riscattato” dalle parole di Nunes, i Democratici sono tornati ad accusarlo di parzialita’, e a chiedere che le indagini sui presunti contatti tra Trump e la Russia vengano affidate a una commissione indipendente.
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La Spagna reagisce alle parole di Dijsselbloem, “lasci la guida del’Eurogruppo”
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Jeroem Dijsselbloem dovra’ pagare in fretta l’allusione sulle spese inopportune per “donne e alcol” fatte dai paesi del sud Europa nel momento in cui chiedono solidarieta’ a quelli del Nord. E’ la sentenza unanime e senza appello che le principali testate spagnole emettono sul caso del presidente dell’Eurogruppo, all’indomani della contestata intervista concessa al quotidiano tedesco “Frankfurter Allegemein Zeitung”. Il tema aumenta le ragioni di un ricambio ai vertici dell’organismo, e in Spagna riaccende il ricordo della corsa persa due anni fa dal ministro dell’Economia Luis de Guindos. “Dijsselbloem non deve rimanere un minuto di piu'” alla guida dell’istituzione, attacca l’editoriale de “El Mundo” ricordando che “una delle caratteristiche che deve avere un qualsiasi politico che presieda un organismo intergovernativo e’ la capacita’ di avere buone relazioni con tutti i paesi che rappresenta”. Il giorno dopo, Dijsselbloem non chiede neanche scusa, sottolinea la testata conservatrice che rilancia le reazioni indignate dell’ex presidente del Conisglio italiano Matteo Renzi o del primo ministro portoghese Antonio Costa. Non meno tenero l’editoriale del quotidiano di area socialista “El Pais”, secondo cui il ministro olandese e’ “indegno”, e pessimi sono i tentativi di giustificare “le dichiarazioni razziste e sessiste” fatte al quotidiano tedesco. Il caso serve al “Pais” per affondare il colpo sull’istituzione che Dijsselbloem presiede, oltre che sulla persona. La “stupidaggine” detta all’intervistatore “risuscita la frammentazione finanziaria, psicologica e politica Nord-Sud nella Unione europea, un paralizzante lascito della crisi”, una ferita “ancora in via di sutura”. Ma le parole di Dijsselbloem sanciscono anche la chiusura di una “infelice” parabola alla guida dell’Eurogruppo, scrive la testata ricordando tra l’altro i tentativi di salvare Cipro “con misure illegali” come “confiscare i depositi bancari assicurati dalla direttiva dei Fondi di garanzia”. Il quasi ex ministro dei Paesi bassi si e’ segnalato solo “per aver applaudito ai disegni ‘austericidi’ del tedesco Wolfgang Schoeble, ma in versione volgare”.
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Regno Unito, il Labour perde iscritti
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Per la prima volta dall’inizio della gestione di Jeremy Corbyn, riferisce il quotidiano britannico “The Guardian”, il numero degli iscritti al Labour, il principale partito di opposizione del Regno Unito, si avvia a scendere sotto il mezzo milione: 483 mila sono in regola col pagamento della quota di iscrizione, 40 mila in arretrato, un dato insolito, problematico anche dal punto di vista del bilancio, che e’ stato oggetto di discussione nella riunione del Comitato esecutivo nazionale di martedi’. Nel maggio 2015, quando si voto’ per le politiche, risultavano 201 mila iscritti. Sotto la leadership di Corbyn si e’ raggiunto un picco di 554 mila, lo scorso luglio. Le adesioni sono aumentate contestualmente alla contesa per la guida del partito, conclusasi con la rielezione del leader. A dicembre gli iscritti sono scesi a 528 mila. Non e’ chiaro se a non confermare l’iscrizione siano piu’ i sostenitori di Corbyn che si erano iscritti solo per votarlo o quelli che disapprovano la direzione presa dal partito. Un motivo di scontento potrebbe essere la linea tenuta nel dibattito parlamentare sul disegno di legge, poi approvato, che autorizza il governo ad attivare la clausola di uscita dall’Unione Europea, l’articolo 50 del Trattato di Lisbona: Corbyn ha deciso di votare insieme alla maggioranza. Il Labour non ha rilasciato commenti sui numeri. Secondo gli ultimi dati ufficiali, che pero’ sono del 2013, resta , comunque, davanti ai conservatori, che hanno 149 mila iscritti; i liberaldemocratici sono a quota 82 mila e il Partito nazionale scozzese (Snp) a 120 mila. Ora il Labour ha davanti la sfida delle amministrative. Impostera’ la sua campagna elettorale su cinque impegni: investire nella Gran Bretagna, offrire una migliore assistenza sanitaria e sociale, promuovere opportunita’ di istruzione per tutti, creare quartieri piu’ sicuri, costruire nuove case popolari.
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Francia, la banca svizzera Ubs crede ad una vittoria di Marine Le Pen
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Il possibile esito delle elezioni presidenziali di aprile-maggio in Francia preoccupa la banca svizzera Ubs, che infatti ieri mercoledi’ 22 marzo ha deciso di degradare le azioni delle societa’ francesi: lo scrive il quotidiano economico “La Tribune” riferendo delle raccomandazioni degli analisi di Ubs Wealth Management. Secondo il gigante svizzero di gestioni patrimoniali, la leader di estrema destra Marine Le Pen ha il 40 per cento di probabilita’ di diventare il prossimo presidente della Francia: anche se i sondaggi d’opinione prevedono una vittoria finale per il candidato “indipendente” di centrosinistra, l’europeista Emmanuel Macron, “ci aspettiamo ancora molte sorprese nella corsa alla presidenza francese”, ha dichiarato l’economista di Ubs Dean Turner; secondo il quale “non bisogna sottostimare le possibilita’ di vittoria della Le Pen”. Proprio a causa di questa incertezza politica di conseguenza Ubs ora consiglia ai suoi clienti un atteggiamento “neutro” nei confronti delle azioni francesi, che al contrario finora aveva suggerito di acquistare. Ubs invece valuta appena tra il 10 ed il 20 per cento la probabilita’ di una “Frexit” (l’uscita della Francia dall’Unione Europea) ad opera della leader del Front national, a causa degli ostacoli legislativi e costituzionali che una tale scelta incontrerebbe. Tuttavia, secondo gli strateghi Ubs, “gli investitori temono che una presidenza di Marine Le Pen scateni comunque una crisi esistenziale per l’Ue e per l’euro” ed avrebbero gia’ messo in conto una tale evenienza deprimendo in particolare il corso delle azioni delle banche francesi; la situazione dei mercati non migliorera’ finche’ non sara’ dissipata la nebbia sull’esito dello scrutinio francese, conclude la nota della banca svizzera.
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Francia, svelati i patrimoni dei candidati alle elezioni presidenziali
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Per la prima volta i candidati alle presidenziali francesi quest’anno hanno dovuto mettere in piazza redditi e patrimoni: ieri mercoledi’ 22 marzo sono state pubblicate dall’Alta autorita’ per la trasparenza della vita pubblica (Hatvp) le dichiarazioni patrimoniali degli undici candidati al primo turno elettorale del 23 aprile prossimo. Si tratta di un obbligo introdotto dalla legge del 2013, che fa fare alla Francia un salto apprezzabile in materia di trasparenza: e infatti i dati sulla ricchezza dei candidati sono stati ripresi ampiamente da tutta la stampa francese. Ma questa innovazione e’ incompleta, secondo il commento del popolare quotidiano “Le Parisien”; e, nel pieno di una campagna elettorale caratterizzata da uno stillicidio di scandali a sfondo economico e finanziario, rischia persino di essere controproducente e di spingere l’elettorato all’astensione. La Hatvp infatti ha pubblicato sul suo sito web le dichiarazioni patrimoniali dei candidati presidenziali senza avere alcun potere di controllarne la veridicita’: insomma la parola dei politici deve essere presa come oro colato; in tempi di populismo e di antipolitica montante, si tratta di un azzardo. Inoltre, come fa notare il “Parisien”, i candidati non sono stati tenuti a rivelare il reddito conseguito l’anno scorso; e benche’ abbiano dovuto mettere per iscritto le partecipazioni finanziarie eventualmente detenute in aziende e societa’, nulla li obbliga ad una vera e propria “dichiarazione di interessi” come quella che negli Stati Uniti e’ tenuto a rendere ogni candidato alla presidenza. Ad ogni modo, dalle dichiarazioni pubblicate emerge che il candidato piu’ ricco e’ l’esponente di destra Nicolas Dupont-Aignan, seguito dal sovranista François Asselineau e dal candidato dell’estrema sinistra Jean-Luc Me’lenchon; il piu’ povero e’ il leader del Nuovo partito anticapitalista, Philippe Poutou, l’unico insieme al candidato “indipendente” di centrosinistra Emmanuel Macron a non avere alcuna proprieta’ immobiliare. Curiosamente, solo cinque degli undici candidati presidenziali dicono di possedere un’autovettura: oltre a Poitou, ci sono il socialista Benoit Hamon, il candidato di centro-destra Francois Fillon, l’operaista Nathalie Arthaud ed il sulfureo deputato centrista Jean Lassalle.
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Germania, le autorita’ chiedono un maggiore ricorso alla genetica forense
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – L’analisi del Dna sulla scena di un crimine e’ migliore di qualsiasi testimone oculare. Non puo’ essere contraddetta, non subisce vuoti di memoria ed e’ incorruttibile. I criminalisti tedeschi chiedono di essere autorizzati ad accedere piu’ liberamente a queste informazioni da lungo tempo. Un disegno di legge in proposito e’ stato presentato all’inizio di febbraio dal ministro della Giustizia del Baden-Wuerttemberg, Guido Wolf (Cdu) al Consiglio federale. Martedi’ scorso c’e’ stata un’audizione di esperti presso il ministero federale della Giustizia. Il disegno di legge autorizzerebbe a raccogliere tracce di Dna per identificare il sesso, il colore degli occhi, dei capelli e della pelle, cosi’ come l’eta’ biologica dell’autore di un crimine. Il collega bavarese del Ministro di Stoccarda, Winfried Bausback (Csu) vorrebbe andare oltre: vorrebbe che dal dna potesse essere estrapolata liberamente dagli inquirenti l’origine geografica di un possibile sospetto di crimini. Tuttavia questo non deve essere correlato con il gruppo etnico, secondo Richard Scheithauer, direttore dell’Istituto forense presso l’Universita’ di Innsbruck: “Il fatto che alcuni frammenti di Dna possano essere frequenti in determinate regioni piu’ che in altre non dice assolutamente nulla”, ha dichiarato. L’udienza di martedi’ ha sollevato dubbi circa la semplicita’ e l’efficacia dell’utilizzo del Dna nelle azioni penali, nonostante le richieste che pervengono in tal senso dagli ambienti della polizia. Diversi esperti sollevano obiezioni di ordine etico, sociale e legale per ogni cittadino. Un’espansione troppo veloce e spericolata della tecnologia potrebbe avere gravi conseguenze, ha avvertito la ricercatrice Veronika Lipphardt dell’Universita’ di Friburgo. In una lettera aperta un gruppo di scienziati di Lipphardt aveva fatto notare, nel mese di dicembre, i pericoli di un’avanzata del “Dna forense”: “l’applicazione della tecnologia del Dna nel lavoro investigativo non e’ facile ne’ banale”, si legge in un suo scritto. C’e’ sempre la possibilita’ dell’errore, soprattutto tra appartenenti a una stessa etnia minoritaria. “La domanda da porsi non e’ se ci debba essere un piu’ largo uso della tecnologia, come cio’ si traduca concretamente”, sottolinea la bioetica Barbara Prainsack del King’s College di Londra. “Le istituzioni che utilizzano tali tecnologie devono essere ben preparate. Devono sapere che le prove del Dna danno solo probabilita’, non garanzie, e che e’ necessaria autocritica nell’esame delle informazioni, senza pregiudizi”.
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Argentina, Macri sulle spine per gli scioperi dei sindacati della scuola
23 mar 11:01 – (Agenzia Nova) – Dopo sei giorni di sciopero nazionale nello spazio di tre settimane, i sindacati della scuola pubblica hanno concentrato in una imponente manifestazione di piazza le loro critiche al governo argentino di Mauricio Macri. I sindacati rivendicano soprattutto un adeguamento degli stipendi per cercare di tenere il ritmo dell’inflazione. Ma l’aumento dei prezzi al consumo e’ uno tra gli indicatori macroeconomici piu’ scabrosi con cui l’esecutivo deve fare i conti: nel 2016 l’inflazione ha chiuso al 40 per cento, quest’anno dovrebbe superare la quota del 20 per cento e i docenti chiedono di rimboccare la busta paga fino al 36 per cento. Ma per il governo non ci sono fondi per andare oltre il 18 per cento, la meta’ di quanto chiedono i sindacati. E a nulla e’ servita l’offerta del presidente di integrare un eventuale quota corrispondente allo scarto che a fine anno si registrera’ tra l’inflazione e il 18 per cento pattuito. A Buenos Aires, nella Plaza de Mayo antistante la presidenza della repubblica, l’affluenza e’ stata significativa, circa 400mila persone secondo gli organizzatori. Arrivare con lo stipendio a fine mese e’ preoccupazione diffusa in un paese in cui i dati ufficiali – oggi disponibili anche grazie a uno sforzo del governo – continuano a descrivere l’aumento delle persone sotto la soglia della poverta’. L’opinione pubblica non dimentica la promessa “poverta’ zero” fatta da Macri in campagna elettorale e dimostra sensibilita’ per il settore dell’educazione di Stato, un tempo fiore all’occhiello della nazione, oggi scelta residuale per gli argentini sempre piu’ iscritti alla privata. Ma l’ampia partecipazione deve qualcosa anche al clima elettorale – a ottobre si rinnova una parte del Parlamento – e alla costante polemica tra le forze dell’attuale governo e i simpatizzanti dell’ex presidente Cristina Kirchner. Anche per questo il governo non intende mostrare segni di cedimento. Il ministro dell’Educazione Esteban Bullrich rivendica con forza che durante la gestione Macri lo stipendio base e’ gia’ aumentato del 72 per cento, da 5.600 a 9.762 pesos, e che doveva essere il livello basso di partenza a suscitare scandalo per la sua distanza dal costo della vita.
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