La notizia della megafusione tra AT&T e Time Warner ha fatto il giro del mondo. Ma mentre analisti ed esperti di settore cercano di capire se questo matrimonio abbia un senso oppure no, ecco qualche informazione dettagliata su Time Warner.
Nata nel 1989 dall’unione tra un editore e uno studio di produzione, oggi la società è focalizzata su tv e cinema.
Il gruppo di Jeffrey Bewkes, Ceo di Time Warner, riceve regolarmente feroci mail da clienti scontenti del loro abbonamento al cavo, ignari che Time Warner Cable abbia ormai preso il volo.
Tra fusioni, separazioni, cessioni di attività… la storia del gruppo americano non è stata sempre facile da seguire.
Simbolo dell’industria newyorchese dei media, Time Warner è nata nel 1989 dalla fusione tra una casa editrice (Time, Fortune) con i mitici studios di produzione del cinema e della musica (Warner Communication).
Questo matrimonio ha dato vita al numero uno del mondo dei media che buttato giù dal trono la tedesca Bertelsmann.
L’obiettivo del nuovo leader è chiaro: crescere nell’industria della tv e del cavo, dove i due gruppi dispongono già di qualche asset. Time ha anche creato la rete a pagamento Hbo nel 1972 mentre Warner ha fondato MTV e Nickelodeon (venduto a Viacom nel 1985).
La loro presenza nella televisione continuerà a crescere specie dopo l’acquisizione, nel 1996, di Turner Broadcasting System, proprietario del famoso canale di notizie della CNN.
I pericoli di un’eccessiva diversificazione
E’ l’emozione della bolla internet, ricorda Les Echos, che fa uscire di strada Time Warner. Nel 2000, nel pieno della bolla delle telecom, il gruppo annuncia la fusione con il fornitore d’accessi Aol.
Una gigantesca operazione da oltre 100 miliardi di dollari.
Presentato come l’affare del secolo che doveva consacrare la convergenza tra internet e l’industria dei media, la creazione di Aol Time Warner si rivela un vero fallimento.
Non solo.
I due gruppi sono culturalmente incompatibili.
Lo scoppio poi della bolla internet, segna la fine di Aol.
L’eccessiva diversificazione tra i due gruppi, osserva Les Echos, ha sollevato forti proteste e aperto la via all’ingresso nel capitale del miliardario americano Carl Icahn che, alleato alla banca d’affari Lazard, ha spesso messo i bastoni tra le ruote.
Tre anni dopo l’inizio di quell’avventura, tutto si è chiuso con la scissione da ciò che ormai restava di Aol e con il business del cavo si è data vita a Time Warner Cable.
Da allora il gruppo non ha mai cessato di focalizzarsi su cinema e soprattutto tv, considerato il business più redditizio.
Moltiplicato le acquisizioni (network in America Latina, diritti tv per la ritrasmissione degli eventi sportivi…) e portato avanti un drastico piano di tagli, cedendo tutti gli asset considerati ormai non strategici.
Nel 2013 arriva la quotazione in Borsa.
Una mossa premiata dal mercato. Il prezzo del titolo di Time Warner cresce del 157% tra il 2011 e il 2016, attirando su di sé l’interesse di molto grossi player, come Murdoch nel 2014 o più recentemente Apple.
Time Warner, con un azionariato troppo variegato, è infatti più vulnerabile dei suoi concorrenti Viacom o Fox.
Nonostante gli sforzi però il Ceo Jeffrey Bewkes non è riuscito a preservare l’indipendenza del gruppo e ha venduto, sì è vero, ma a un prezzo molto elevato.
E’ stato un vero affare. O forse no?