Mediaset e il gruppo Cairo ricorrono al Tar per difendere le loro frequenze televisive dall’Unione europea e dallo Stato italiano che gliele toglieranno, sia pure a fronte di un risarcimento. Lo scrive Repubblica, sottolineando che i ricorsi non sono una buona notizia per il Governo Conte.
Lo Stato ha stanziato circa 747 milioni entro il 2020 (non è ancora stata decisa però la ripartizione tra tv pubbliche private, locali e nazionali) che per i broadcaster non sono un indennizzo sufficiente.
Il Governo sta per offrire all’asta 5G tre pacchetti di frequenze (700 Mhz, 3.6-3.8 Ghz e 26.5-27.5 Ghz), e tra le frequenze all’asta, già inserita nella Legge di Stabilità, ci sono anche quelle in uso ai grandi network tv. Dai compratori di queste frequenze, lo Stato aspetta ricavi per almeno 2,5 miliardi di euro, di cui la metà (1,2 miliardi) già da quest’anno; il rischio che l’asta venga rinviata adesso esiste.
Mediaset e Cairo, scrive Repubblica, hanno depositato due ricorsi al Tar del Lazio chiedendo l’annullamento di una delibera dell’Agcom, la numero 137 del 2018, che avvia la definizione di un nuovo piano delle frequenze che contemplerà la liberazione della “banda 700” da parte degli editori televisivi, soprattutto nazionali.
Alcuni multiplex Mediaset, quello DFree di Prima Tv, che diffonde sempre canali Mediaset, e il Mux di Cairo Network operano su questa porzione di spettro, e i canali compresi nei Mux saranno costretti entro il 2022 a traslocare su altre frequenze.
Il digitale terrestre come piattaforma di trasmissione sarà peraltro garantito fino al 2032.
Cairo ha inoltre depositato un altro ricorso, sempre al Tar del Lazio, per chiedere anche l’annullamento dello schema di decreto che il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato il 5 aprile. Questo decreto, ancora provvisorio, ipotizza un calendario di liberazione delle frequenze della “banda 700” che va dal primo gennaio del 2020 al 30 giugno 2022. Se il Tar del Lazio dovesse giudicare fondati i ricorsi presentati, l’intesa asta delle frequenze, da celebrare entro settembre, può deragliare ed essere rinviata.
Un primo ostacolo non da poco per il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, che ha deciso di tenere per sé la delega alle telecomunicazioni. Il Movimento 5 Stelle non ha intenzione di mettere mano alla Legge di Stabilità per variare i termini dell’asta 5G.
C’è da dire poi che la roadmap di liberazione della banda 700 è stata fissata dall’Unione Europea e che l’Italia ha aderito al piano europeo, con una deroga di due anni (fino al 2022) rispetto al termine fissato al 2020 a Bruxelles.
Vedremo come andrà a finire, ma di certo l’eventuale mancato passaggio della banda 700 dai broadcaster alla banda larga mobile e in prospettiva al 5G rischia di ritardare l’avvento del nuovo paradigma wireless nel nostro paese.