Deutsche Telekom si unisce agli altri operatori del paese, Vodafone e Telefonica (O2), contesta le regole fissate per l’asta 5G, che impongono agli operatori che si aggiudicheranno le preziose frequenze di aprirle a nuovi entranti, e porta in Tribunale il Governo tedesco e l’Autorità delle Comunicazioni (BnetzA). Le regole fissate per l’asta in Germania impongono alle telco che acquisiranno lo spettro all’asta di raggiungere contestualmente degli obiettivi di copertura minimi ben precisi, che riguardano anche le aree periferiche del paese, nonché l’obbligo di mettere a disposizione della concorrenza le nuove risorse spettrali.
Fra le condizioni di gara, l’obbligo per chi si aggiudicherà le nuove frequenze 5g di garantire copertura a 100 Mbps in tutte le abitazioni sul 98% delle abitazioni e le principali vie di comunicazione del paese entro il 2022. C’è poi la richiesta per ogni operatore in gara di installare un minimo di 1000 stazioni base 5G e altre 500 ed entro il 2024 quello di coprire tutti i porti e tutte le strade.
Secondo quanto riportato da Die Welt, tutti e tre gli operatori mobili tedeschi (Deutsche Telekom, Vodafone e Telefonica (O2)) hanno fatto appello contro le regole di gara, che a loro dire aprirebbero la strada all’ingresso di un nuovo (quarto) player sul mercato tedesco del mobile in concomitanza con il lancio del 5G.
In precedenza, l’asta 5gGin Germania era stata fissata per il primo trimestre del 2019, ma dopo le contestazioni di Deutsche Telekom e degli altri operatori le cose potrebbero cambiare e la gara potrebbe slittare.
Il regolatore tedesco, la BnetZ, aveva fissato al 25 gennaio la dead line per manifestare interesse e presentare le offerte preliminari per lo spettro 5G, richiedendo inoltre i piani di sviluppo delle nuove reti.
Deutsche Telekom contesta in particolare il fatto che le regole di gara scoraggiano gli investimenti in nuove reti, visto che impongono obblighi di copertura in aree rurali a fallimento di mercato. Inoltre, l’obbligo di aprire le reti alla concorrenza sarebbe un ulteriore disincentivo all’investimento in nuove infrastrutture, secondo la tesi di DT.