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Congresso Asso DPO. Ginevra Cerrina Feroni (Garante privacy): “Il giurista alla prova della nuova civiltà dei dati”

garante privacy

Alla 6° edizione del Congresso Internazionale ASSO DPO, che quest’anno si è svolto online, a causa dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Coronavirus, hanno partecipato relatori ospiti di rilievo internazionale nel panorama privacy e data protection, tra cui il vice presidente del nuovo Garante italiano per la Protezione dei Dati Personali, Ginevra Cerrina Feroni.

Intervistata da Raffale Barberio, Presidente Privacy Italia, la vice presidente ha delineato, in termini generali, quella che sarà l’azione del Garante in relazione a determinati argomenti chiave per la comprensione del valore dei dati e della privacy in questi difficili mesi di pandemia di Coronavirus e in relazione alla grande trasformazione tecnologica a cui è sottoposta la nostra società.

Il ruolo del Garante al tempo della transizione digitale

I prossimi sette anni di consigliatura avranno il compito di affrontare i nodi che la transizione digitale porta con sé, tendendo presente il mutevole scenario politico nazionale, europeo ed internazionale, e la rapidità dei processi in corso, per un ruolo del Garante che deve essere pensato in un contesto realistico e sempre aggiornato.

Legislatore e regolatore sono predestinati a fallire gli obiettivi se interpreteranno la loro funzione come meri censori di costumi sperati o moderatori di soluzioni tecnologiche che possono essere aggirate facilmente con un aggiornamento successivo”, ha dichiarato Cerrina Feroni.

La sfida si sta giocando sul campo dell’elasticità e della variabilità, in cui il diritto è strutturalmente perdente se inteso in senso formalistico e ciecamente prescrittivo. Il giurista deve avere un orizzonte ampio di fronte a sè, deve provare a costruire un paradigma etico e culturale, rispetto cui conformare un evento inedito, universale e dinamico come quello della nuova civiltà dei dati. Inquadramento di questa nuova civiltà dei dati non può che avere una dimensione alta, costituzionale, nazionale e sovranazionale”.  

Lockdown, misure anti-Covid e privacy

Riguardo all’uso dei dati personali per la tutela sanitaria della popolazione in questi mesi di pandemia di Covidà19, in molti hanno lamentato un maggiore livello di conflittualità tra difesa della privacy e le stesse misure sanitarie adottate, anche in termini di applicazioni tecnologiche avanzate, come nel caso dell’app Immuni.

Il costituzionalismo contemporaneo ci insegna che i diritti concorrenti devono essere bilanciati”, ha spiegato la vice presidente. “Il diritto alla salute deve sempre essere coniugato con la piena garanzia di tutti gli altri diritti fondamentali della persona, in un contemperamento che deve sempre essere equo e proporzionato. La corte costituzionale ci ha insegnato che la tutela dei diritti fondamentali ha natura sistemica, cioè, nessun diritto deve essere tirannico rispetto agli altri”.

È chiaro che, in un’emergenza come questa, ci sono tantissimi interessi da considerare, da coordinare e contemperare. La tutela della salute può passare attraverso il trattamento dei dati personali dei cittadini, ma soltanto se questi trattamenti sono limitati, al perseguimento effettivo delle loro finalità. Solo se nessuna informazione sia trattata in modo sproporzionato”, ha precisato.

La condizione migliore in cui un cittadino possa tranquillamente conferire i propri dati, per il perseguimento del bene collettivo – ha affermato – è l’assoluta trasparenza delle modalità di effettuazione, tanto dal lato del funzionamento dell’app di tracciamento, tanto della gestione degli stessi dati da parte delle Autorità pubbliche”.

In termini di coordinamento europeo delle informazioni raccolte, attraverso le diverse app di tracciamento, sviluppate nei vari Paesi europei, è fondamentale che questo avvenga in condizione di reciprocità. Su un punto bisogna essere chiari, i nostri modelli di riferimento per il contenimento del contagio non potranno mai essere vicini ai modelli asiatici, dove non si conosce la democrazia, ma una sottomissione incondizionata da parte dei cittadini al potere in un clima diffuso di paura”.

Cloud e trattamento dei dati

Riguardo al cloud e al volume di dati quotidianamente generati dai nostri device, c’è da chiedersi se oggi abbiamo consapevolezza di chi realmente gestisce questi meccanismi di trasferimento e archiviazione, se sappiamo davvero dove vengono dirottati questi flussi, in che modo e con quali soluzioni.

L’Unione europea produce dati molto allettanti sul mercato e sono allettanti per varie ragioni, perché i cittadini europei sono risparmiatori, perché producono beni di lusso, perché orientano le tendenze e le mode, perché rappresentano economie consolidate.

Gli Stati Uniti sviluppano sistemi tecnologici avanzati e straordinari, e offrono servizi strutturati sul trattamento dei dati degli utenti, ci sui anche noi europei siamo fruitori insaziabili, di servizi ritenuti indispensabili ormai.

Il Copasir c’ha più volte richiamato sui rischi dei trasferimenti massicci di dati di cittadini italiani su piattaforme e infrastrutture di Paesi esteri. Il Garante si è impegnato a valorizzare nelle proprie valutazioni anche questo tipo di aspetti in quanto la condivisione di informazioni sensibili circa lo stato di salute fisico, economico, morale o anche politico di una determinata società trascende il tema della sicurezza dei dati perché diventa una questione molto più ampia e delicata, una questione di sicurezza nazionale”.

Il concetto di privacy intesa in maniera dinamica

Ragionando sulle molteplici forme di interazione con i mezzi di comunicazione, con gli schermi luminosi dei nostri dispositivi e con la rete, Verrina Feroni ha spiegato che “non si può pensare al concetto di privacy, nel momento in cui siamo davanti ad uno schermo che dà sul nostro profilo social, o davanti ad uno delle migliaia di eventi online che si sono susseguiti in questi mesi, come se stessimo ancora in un salotto del secolo scorso”.

Il tema è lo stesso – ha precisato – ma il concetto diventa dinamico in relazione al contesto sociale nel suo insieme, in relazione al suo rapporto con il potere, in relazione al livello di alfabetizzazione tecnologica, alla sua capacità di disciplinarsi sotto il profilo giuridico; è dinamico perché muta la percezione della intimità, della discrezione, del senso del pudore, e così si evolve anche il parametro  giuridico da usare per determinare la regola e con essa i suoi limiti”.

Monetizzazione dei dati

È un tema delicato e denso di insidie. Partiamo da un presupposto, che il corpo fisico è inviolabile e infungibile. Questa la cornice di riferimento. Tuttavia, laicamente, mi pongo una domanda, cioè quale potrebbe essere la differenza tra questo tipo di fenomeno, in cui i dati vengono ceduti in cambio di denaro, rispetto a quanto avviene quotidianamente e sempre più massicciamente, di dati ceduti in cambio di benefit generici, di servizi premium e buoni sconti, talvolta in cambio di nulla? La differenza è che in questo secondo modello lo scambio avviene in maniera subdola e strisciante, in cui l’interessato fa fatica a rendersi pienamente conto di quanto gli accade, non ne ha consapevolezza. Ecco perché del tema dovremmo occuparci e dovremmo farlo in modo nuovo e aperto in una discussione che è appena iniziata”.

Messaggio ai DPO

Rivolgendosi infine ai Data protection officer italiani, la vice presidente del Garante privacy li ha definiti “chiave del sistema”, “ovvero di un regolamento fondato sull’accountability, siete il nostro avamposto nel tessuto economico e istituzionale, siete gli eredi di una lunga tradizione di valutazione diretta dell’impatto del trattamento sui dati ad opera del Garante, che ora spetta ai titolari. Da maggio del 2018 non può esistere un garante efficiente, aggiornato e avveduto senza questa rete diffusa di garanti, che operano quotidianamente sui territori nel vivo della specificità di migliaia di trattamenti speciali che sono nevralgici per l’economia del Paese. il regolamento cammina sulle vostre gambe”.

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