A proposito del libro di Marco Grispigni: «Quella sera a Milano era caldo, la stagione dei movimenti e la violenza politica», manifesto libri. Da alcuni mesi, nell’ambito del neo costituito Osservatorio Terrorismo, pubblichiamo le recensioni di alcuni volumi di possibile interesse di chi si occupa di sicurezza. Ho ritenuto opportuno di mettere a fattor comune dei lettori di questo quotidiano online – pur essendo dedicato ai temi del digitale – alcune di queste. Qui di seguito pubblico la intervista al socio ANSSAIF Pietro Blengino.
Anthony Cecil Wright. Da cosa è nata la scelta di leggere questo libro?
In questi giorni ricorrono le ricorrenze di due episodi molto significativi della tematica che Grispigni ha voluto affrontare: il primo è l’occupazione di Palazzo Campana (Università di Torino) avvenuta il 27 novembre 1967 con carattere del tutto pacifico anche a detta degli avversari politici, che costituisce uno degli episodi di avvio in Italia della contestazione studentesca, il secondo è l’uccisione da parte delle Brigate Rosse del giornalista Carlo Casalegno, già partigiano azionista e spirito critico, titolare di una rubrica “Il nostro Stato” pubblicata da La Stampa, che spirò il 29 novembre del 1977 dopo tredici giorni di agonia. Due episodi chiave di un percorso che illustrano l’evoluzione, o l’involuzione, della nostra storia politica.
Anthony Cecil Wright. Qual è il filo conduttore del libro di Grispigni?
Pietro Blengino. Grispigni ha vissuto quel periodo e rivendica con orgoglio la sua militanza o perlomeno la vicinanza a Lotta Continua (vedasi foto in quarta di copertina). Il titolo stesso del libro richiama espressamente una ballata scritta a caldo dopo i funerali di Pinelli da quattro militanti anarchici, la sera del 21 dicembre 1969. Grispigni mira a formulare un chiarimento (e una difesa appassionata) in termini non accademici sulle ragioni per cui il movimento di contestazione italiano – a differenza degli altri Paesi Europei – è sfociato in una deriva terroristica. Il confronto è soprattutto con la Francia ma non mancano rapidi riferimenti a Germania, Grecia, e altri paesi.
Secondo Grispigni c’è un elemento comune a tutti i movimenti di protesta, peraltro già a partire dal dopoguerra, in cui viene riconosciuto come legittimo il ricorso all’azione violenta che viene ben distinto dal terrorismo che ha funestato gli anni ‘70 e in parte gli anni ‘80. È un fatto tragico che accade il 12 dicembre 1969, la tristemente nota strage di Piazza Fontana, che conduce progressivamente una parte minoritaria del movimento su posizione terroristiche. Al di là di una sorta di fascinazione della violenza, che ricorda il George Sorel delle Reflexions sur la violence, come momento di affermazione giovanile e di rottura dell’ordine costituito, Grispigni respinge nettamente l’opinione che il movimento di contestazione avesse già nei suoi cromosomi la radice del terrorismo.
Anthony Cecil Wright. Quali sono le tue considerazioni?
Pietro Blengino. Contestualizzando i fatti accaduti e quella che era l’atmosfera di quei tempi ricordo che era profondamente radicata anche nella sinistra parlamentare la convinzione che vi fosse una netta distinzione tra azione politica anche violenta e l’azione terroristica. Vorrei però fare una considerazione di carattere generale: credo che troppo spesso alcuni politici dimentichino la responsabilità che assumono nei confronti dei loro seguaci (se preferiamo un linguaggio moderno, followers) individuando certi “nemici” (penso alla campagna stampa promossa da Lotta Continua contro il Commissario Calabresi) e indicando loro certi obiettivi con la consapevolezza della loro strumentalizzazione. Ma questa è una considerazione che purtroppo resta valida ancora ai giorni nostri, forse ancora più degli anni ‘70.