Il giorno 28 settembre, a palazzo Montecitorio, è stato presentato il libro “Sconfiggere il terrorismo. L’evoluzione della minaccia jihadista e gli strumenti legislativi di contrasto“. Il libro è stato curato dall’Onorevole Andrea Manciulli e sono intervenuti il ministro dell’Interno onorevole Marco Minniti e il direttore de “La Stampa” Dott. Maurizio Molinari. Dopo una breve introduzione dell’autore e del direttore Molinari, ha preso la parola il ministro con un intervento che mi è particolarmente piaciuto ed è questa la ragione per la quale ho voluto trascrivere, su questa rubrica, alcuni appunti presi nel corso della presentazione.
Se mi si chiedesse quali conclusioni ne ho tratto, mi verrebbe da dire quanto segue: «L’Italia, a differenza di altre nazioni, ha un suo modello efficace per contrastare il terrorismo, maturato nel tempo, con intelligente e progressivo adeguamento ai mutati scenari. Le attività terroristiche jihadiste infatti sono caratterizzate da elementi innovativi: un tempo brevissimo tra concezione dell’attacco e azione, l’aspetto convenzionale della lotta che promuove, una forte capacità di comunicazione e, non ultimo, cittadini europei che hanno combattuto con le milizie jihadiste e che ora possono rientrare nei loro paesi di origine con una elevata potenzialità di compiere gravi attentati».
Potrebbe essere questa una sintesi del libro? La mia paura è che ciò potrebbe costituire una offesa nei confronti di chi ha curato il libro, di chi con estrema chiarezza ed efficacia l’altro giorno ne ha sintetizzato il valore del contenuto, e nei confronti di chi ha operato e continua ad operare in modo intelligente per la difesa del nostro Paese.
Il libro va letto, con attenzione; infatti, esso, come afferma il ministro Minniti, “sintetizza alcuni passi di un lungo e complesso lavoro, svolto in sede politica e diplomatica, che mira a prevenire la minaccia jihadista e contrastarne la sfida alla sicurezza globale”.
Ecco perché, come anticipato, ho scelto di evidenziare alcuni punti fondamentali, tratti dai miei appunti. Non si tratta quindi di una sintesi, bensì di ciò che mi ha particolarmente colpito.
Il modello italiano:
- l’Italia ha sconfitto il terrorismo interno senza dover ricorrere a concessioni di carattere politico (al contrario di altre nazioni).
- L’Italia ha sconfitto il terrorismo di “cosa nostra”.
- L’Italia ha dimostrato una straordinaria capacità operativa.
- Le forze di polizia hanno un background che altre non hanno, quali ad esempio le metodiche di prevenzione, ed un controllo efficace del territorio.
- Vi è una efficace capacità organizzativa dimostrata anche dalla scelta di dare vita al C. A. S. A. (Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo), ove siedono allo stesso tavolo le forze di polizia, i servizi di informazione e la Procura antiterrorismo, consentendo una visione comune con questi nuovi scenari.
- Adozione di misure quali: il controllo dell’evoluzione della formazione del terrorista; efficace controllo del territorio, evitando “blindature”; adeguamento della legislazione; protezione della sicurezza nazionale intervenendo anche con mirate espulsioni di alcuni soggetti pericolosi dal Paese. Tutto ciò sempre nell’ambito della democrazia.
- Stipulazione di alleanze positive con le comunità.
- «Last but not least» il capitale umano ha fatto e fa la differenza, come giustamente sottolineato dal Direttore Molinari.
Prossimi passi:
- Un giusto rapporto, una forte alleanza fra grandi democrazie e grandi provider del Web, ottenendo una effettiva collaborazione (sarà uno dei temi del G7 a Ischia a fine Ottobre).
- Proseguire nella politica di integrazione.
- A fronte della minaccia “foreign fighters”, mettere in sicurezza la frontiera sub sahariana.
- Non ultimo, auspicare la realizzazione di un “CASA” a livello europeo, quale supporto strategico, e, a fronte della possibile ed augurata realizzazione degli Stati Uniti di Europa, successivamente unificare i servizi segreti dei Paesi della Unione.
Non ultimo, bisogna ricordarsi che è necessaria una sempre maggiore consapevolezza della gravità del problema ed una maggiore e più diffusa cultura della sicurezza.
Se, quale conclusione, devo dire due parole da cittadino e professionista, direi che quanto udito: «it makes sense». Bene, avanti così.