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AssetProtection. Come proteggere i propri collaboratori da una minaccia terroristica?

Security

Stiamo preparando i nostri collaboratori ad affrontare la minaccia terroristica?

ANSSAIF si è posta una serie di interrogativi che possono essere così riassunti:

Si potrebbe osservare che la normativa vigente già fornisce ampie indicazioni nei riguardi della responsabilità delle organizzazioni nei confronti dei lavoratori e di tutti coloro che lavorano nei locali messi a disposizione dall’azienda. Pensiamo ad esempio al T.U. n. 81/08 che tutte le aziende osservano e rispettano.

Che bisogno c’è quindi di andare a vedere altre fonti relativamente alla gestione del personale ai fini della loro sicurezza? Tutte le organizzazioni già hanno particolare attenzione al benessere dei propri collaboratori, vuoi interni, vuoi esterni in quanto collaborano al successo e al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Una prima risposta a questo interrogativo può nascere immediata ed è che è comunque utile poter raffrontare la politica di gestione del personale con quanto altre fonti autorevoli suggeriscono anche ai fini della continuità del business, nonché della protezione dei propri assets. Lo possono essere in particolare quei responsabili in azienda che non sono stati interessati o coinvolti nella certificazione agli standard di sicurezza e di qualità (ci riferiamo ad esempio allo ISO/IEC 27001, o ISO/IEC 22 301, ecc.): ciò ai fini di poter verificare quanto avviene nella propria struttura rispetto a quelle linee guida. Ma non è stato questo il motivo principale.

A stimolare questa nostra ricerca ha contribuito anche una indagine campione pubblicata a novembre dello scorso anno e relativa alla percezione della sicurezza da parte dei cittadini italiani.

Desideriamo infatti citare la indagine promossa da Italy@Risk di Ipsos Italia (Fonte della sintesi: FiereSicurezzaSicurezza 2017), in quanto segnala che il tema della Sicurezza è la seconda preoccupazione per gli italiani, indicata dall’86% degli intervistati, dopo i problemi dovuti all’Economia (sentiti dal 90% degli intervistati), ma prima di Salute e Ambiente (che preoccupano rispettivamente il l’84% e il 78% del campione), e che il 43% degli italiani sentono il terrorismo come un’emergenza (nel 2015 erano il 35%).

Oggi il terrorismo è, infatti, secondo soltanto al timore di furti e rapine (cui è sensibile il 47% degli italiani: era il 49% nel 2015) e supera quello per l’emergenza immigrazione (il 34%. Era il 35% due anni fa).

Da considerare inoltre che si sente poco sicuro fuori casa il 42% degli intervistati.

A fronte della cresciuta insicurezza degli italiani, a seguito di recenti gravi casi, alcuni di noi si sono posti il problema se la propria organizzazione dovesse tenere conto del rischio terrorismo nell’ambito delle analisi dei rischi richiesti dalla 81/08; ciò in quale misura, non esistendo delle probabilità di accadimento indicate dalle istituzioni. Inoltre, se la stesura ed esecuzione periodica di piani di evacuazione potesse soddisfare i requisiti del D.Lgs.81.

In effetti, l’articolo 3 del decreto afferma: “Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischi”.

Precisa quindi che si applica a qualunque tipologia di rischio e, pertanto, dobbiamo desumere si applichi anche al rischio terrorismo.

Si potrebbe obiettare che il decreto parla di probabilità e quindi la prima domanda che ci siamo posti è stata relativa alla probabilità di accadimento oggi esistente in Italia di eventi terroristici che possano interessare un intermediario finanziario. Non abbiamo, al momento, evidenza di valutazioni di probabilità, a tal riguardo, ma senz’altro la possibilità esiste e non può non essere considerata.

La successiva domanda che alcuni si sono posti è: qualora dovesse avvenire un tale evento, le attuali misure di sicurezza, che consistono in piani, stesura di istruzioni da dare al personale, verifiche e prove a tavolino, sono sufficienti e considerabili esimenti nei confronti della normativa vigente?

Nell’ambito dell’analisi è anche ovviamente emerso quanto tragicamente accaduto a Torino ove un falso allarme ha provocato 1400 feriti, e che ora vede incriminate alcune figure apicali. Da questo fatto, emergono altre considerazioni diverse dall’impatto di un eventuale reale atto terroristico, quanto invece dalle tragiche conseguenze della paura nelle persone dal verificarsi di un evento che induca a ritenere che si stia verificando effettivamente un attentato.

Ecco allora che, oltre a quanto accaduto a Torino il 3 giugno dell’anno scorso, sono venuti in mente altri episodi (busta contenente polvere bianca e un messaggio che avvisava di essere stati colpiti dall’antrace con conseguente panico in filiale; scoppio inaspettato di un petardo nel corso di una cerimonia; eccetera) che hanno generato panico nei presenti negli uffici e nei locali della organizzazione, cattiva pubblicità sui media ed impatto sulla reputazione e di immagine dell’azienda. Infatti, è oggi giorno cattiva abitudine addebitare ad una organizzazione e ai suoi responsabili l’incapacità nel prevedere e saper gestire un evento altamente improbabile, anche se comunque possibile.

Nell’andare a fondo su questi aspetti, si sono anche evidenziate le conseguenze sulla organizzazione e soprattutto sulle persone impattate nel corso dell’incidente e anche nei successivi mesi ed anni.

È stato ricordato che il panico generato da un evento inatteso, se non adeguatamente trattato, può provocare nelle persone dei danni fisici notevoli; i colleghi ed i responsabili devono avere le adeguate conoscenze per poter scorgere il problema e richiedere l’intervento di specialisti.

Sulla base dei sopra descritti ragionamenti, abbiamo consultato alcuni framework e standard internazionali per vedere quanto suggeriscono ed abbiamo redatto una sintesi delle risultanze.

Anthony.wright@anssaif.it

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