Lo scorso 23 settembre compare l’attesa notizia sul sito web dell’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione: ISO 9001:2015, è stata pubblicata. E a tal proposito abbiamo già delineato il risk-based thinking, attività e atteggiamenti orientati a cogliere rischi e opportunità, definito nella stessa norma. Il giorno dopo Anthony Cecil Wright, il presidente di ANSSAIF, pubblica su questa stessa testata La protezione del business non può essere low cost; e anche qui c’è un chiaro riferimento alla necessaria individuazione tanto delle minacce come anche delle possibili opzioni positive per il business nelle attività di identificazione, analisi e valutazione dei rischi. Poi, sempre nella stessa giornata, si tiene un incontro dei soci ANSSAIF in RBS – Retail Banking Services, per discutere sul tema Trasformare le minacce in opportunità.
La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.Sarà una strana forma collettiva di fissazione oppure la risposta adeguata per cambiare una volta per tutte la brutta abitudine di navigare a vista nel bene e nel male? Certo è che – come spiega Wright nel suo intervento – la vita media di un’azienda si è abbassata di molto. Se nel ’58 era stimata a 61 anni e nell’80 a 25 anni, nel 2011 si riduce ulteriormente a 18 anni. Le sicurezze – abbiamo già detto che d’ora in avanti non parleremo più per settori di compliance ma ci riferiremo ad essi come un’entità unica – rappresentano l’opportunità di rendere più longeve le organizzazioni. Il risk management è in grado di prevenire o ridurre impatti che possono essere fatali, ma nella struttura del suo processo risiede anche la capacità di individuare aree positive di sviluppo, che potrebbero garantire crescite ed espansioni interessanti.
Per far sì che ciò accada, sono due gli ingredienti che non possono mancare: il primo è la cooperazione, l’incontro e l’armonizzazione dell’approccio commerciale e quello orientato alla sicurezza. Il secondo è il pensiero trasformativo, tipico degli imprenditori e scarsamente diffuso tra i manager.
Chi per mestiere è nel settore commerciale di un’organizzazione non avrà difficoltà ad identificarsi con la naturale tendenza ad eliminare qualsiasi vincolo in favore del soddisfacimento immediato delle esigenze di prospect e clienti. Chi invece si occupa di security potrà ammettere che la tendenza istintiva che manifesta riguarda la propensione a delineare ed inserire vincoli all’interno dei processi. Ma se per caso la cultura dell’incertezza potesse raccogliere, fondere e consolidare queste due tendenze in una cooperazione semplificata ed intelligente, non risulterebbe forse un motore nuovo, potente e trainante?
Il pensiero trasformativo riguarda la capacità, in due fasi, di individuare e gestire una minaccia poi trasformandola in un’opportunità di business. Per spiegare a cosa ci riferiamo è sufficiente citare un’interessante caso di business degli anni ’40. Un agricoltore della Florida comprò un terreno che si rivelò inadatto alla coltivazione e all’allevamento di animali. Per di più era infestato da serpenti velenosi. La capacità dell’agricoltore di cogliere tre opportunità invece di un grosso problema gli consentì di avere a disposizione e vendere tanto veleno, tanta carne e tanta pelle di serpente.
Ci sono altri casi interessanti a riguardo, anche nazionali. E sinceramente ci auguriamo di sentirne parlare prossimamente, perché il dominio delle notizie che riguardano falle di security, interruzioni fatali di servizi, di crisi economiche e di incertezza, intesa come perenne instabilità e di sole minacce in agguato, comincia ad essere un po’ pressante.