Sicurezza

AssetProtection. #iosecurity, la sicurezza che parte in famiglia. E voi?

di Alberto Buzzoli, Socio ANSSAIF – Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria |

I problemi legati alla sicurezza non riguardano soltanto il mondo professionale ma toccano in primo luogo la famiglia. Ecco perché è importante parlarne.

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

E’ ormai un dato di fatto. Oggi si parla per immagini, video, tutt’al più brevi messaggi. Il tempo del nostro tempo non lascia spazio al testo e se per un verso la comunicazione ha acquisito una rapidità apprezzabile, dall’altra è diventata veicolo di contenuti in alcuni casi troppo scarni. Essendo ormai tutti editori – attraverso i social network – può succedere persino di comunicare senza in realtà dire nulla, nel tentativo di affermare la propria presenza, a volte trasparente.

Quest’ultima generazione si sta abituando a studiare (se così si può dire) per potenziare al massimo la capacità di sintesi, perdendo però di vista l’importanza del momento di analisi.

Riconducendo questa constatazione nell’ambito del tema Sicurezza, si presenta qualche seria preoccupazione. Perché è vero che tutto ha inizio dall’analisi del contesto – una ricognizione su persone direttamente ed indirettamente coinvolte, normative implicate, fenomeni specifici e più generali – ma a seguire dovrebbe aver luogo un momento di approfondimento in cui si analizzano i singoli rischi connessi e si riflette su come gestirli.

Non sono convinto che i giovani professionisti di domani saranno in grado di ragionare ad un livello sufficientemente analitico, ed in qualche modo se non lo fa la società dell’informazione e non lo fa la scuola, trascinata via da una concatenazione di anomalie (più che sole caratteristiche distintive) dei nostri giorni, qualcuno deve pur tentare di abilitare le nuove menti al ragionamento.

AssetProtection – questa rubrica – ha compiuto un anno lo scorso febbraio. Abbiamo parlato di terrorismo, di sicurezza a 360 gradi, di compliance, di risk management e di sistemi di gestione. Ma forse, impegnati nel rendere i temi trattati quanto più chiari possibile, abbiamo in parte omesso di chiarire in modo inequivocabile che tutti questi aspetti non riguardano esclusivamente la sfera professionale, ma anche quella sociale e privata delle persone.

L’essere cittadini, nella nostra democrazia, comporta diritti e doveri. E considerando che la dimensione Sicurezza rappresenta un asse portante della nostra democrazia, allora anche per questa dimensione sussiste il diritto di beneficiarne ed il dovere di comportarsi in modo valido per garantirla, anche all’interno del nucleo essenziale: la famiglia.

In fondo, nel nostro ruolo di consumatori, abbiamo cominciato a pretenderla come requisito di prodotto. Basti pensare alle evolute tecnologie per automobili, che paghiamo senza batter ciglio; forse anche per estrema abilità di chi si occupa del marketing, forse perché l’automobile viene percepita come uno strumento molto potente per meglio configurare la nostra identità.

Ciò premesso sono tre gli errori concettuali da scongiurare al riguardo: non attribuire importanza (e valore economico) ai beni immateriali, riflettere sui rischi solo dopo che si è verificato un incidente, credere che una contromisura sia efficace solo se costa tanto.

Proviamo a dirlo in modo più semplice.

Aspetto 1: un’auto nuova ha un valore che intendiamo preservare. Per questo motivo la assicuriamo contro il furto, la mettiamo in garage, la dotiamo di antifurto (magari satellitare).

Ma la serenità dei nostri figli, ad esempio, ha un valore, ben più alto dell’auto. Per questo dovremmo filtrare tutti i contatti dei quali usufruiscono attraverso differenti mezzi di comunicazione con l’utilizzo di sistemi di parental control. E visto che sono persone, ben più intelligenti del parental control, spiegare loro quello che succede fuori, perché succede, come comportarsi per fare in modo che non succeda mai ed infine riflettere anche su come comportarsi nel peggiore dei casi. Fa venire i brividi solo a pensarci, ma è un gesto doveroso per la loro sicurezza.

 

Aspetto 2: l’installazione delle cinture di sicurezza ha un costo nettamente inferiore rispetto al sistema ABS e di ben più complessi sistemi autofrenanti con rilevazione di ostacoli a distanza. Eppure si è rivelata la contromisura più efficace per salvare la vita in caso di collisione. La scelta di non correre – anch’essa è una contromisura preventiva – non costa nulla. I comportamenti prudenti non hanno prezzo.

Aspetto 3: scelta deludente quella di installare l’antifurto solo dopo che i ladri sono entrati in casa.

E’ un lungo processo di educazione mentale che purtroppo è ancora confinato nei soli contesti professionali d’élite. E’ forse arrivato il momento di portarlo nella vita quotidiana, a maggior ragione perché il ragionamento, il pensiero, la riflessione ancora non si pagano (chissà se tra qualche decennio esisteranno tariffe flat o a quantità di dati elaborati anche per il pensiero?).

In questo processo condiviso i social network offrono una possibilità incredibile: quella di collegare in modo istantaneo centri di competenza (chi ha imparato a ragionare in questo modo per esperienza personale) con gli utenti (coloro che devono capire meglio come funziona).

Cominciamo da subito a parlarne? @buzzoli, #iosecurity. E voi? Perché il silenzio, l’assenza di confronto, l’indifferenza sono una brutta bestia. E tutto ciò non giova alle nuove generazioni. Anzi, al contrario, li priva progressivamente della possibilità di farsi strada in questa realtà così incerta.

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