Nel precedente pezzo pubblicato su Key4Biz – AssetProtection. Sicurezza in azienda: la sindrome da Grande Fratello – abbiamo accennato alla necessità di condividere in modo più efficace i significati correlati al mondo della sicurezza con tutte le parti interessate. Detto in questi termini resta un assunto di alto livello (forse un po’ troppo) ed è quindi necessario tentare di declinarlo per facilitare il percorso verso un’applicazione pratica.
Ma prima di procedere è altrettanto fondamentale rammentare alcune constatazioni, seppur generaliste, connesse alla comunicazione. Siamo oramai sovraesposti ad una grande quantità di messaggi eterogenei, alcuni manifesti, altri più latenti. La soglia di attenzione è in caduta libera e, per di più, la fruizione di informazioni avviene prevalentemente attraverso strumenti – i device mobili, ad esempio – che non lasciano molto spazio al testo.
Per logica deduzione è quindi necessario portare la comunicazione delle regole della sicurezza su un piano diverso. E quei professionisti in preda ad una crisi di nervi per l’urticante sensazione di dover in qualche modo abbassare il livello culturale dei contenuti proposti, se ne facciano una ragione. Perché cambiare punto di vista non necessariamente deve risultare dequalificante, al contrario potrebbe regalare soddisfazioni ormai dimenticate.
Alcune soluzioni, non consuete ed alternative, possono essere: video, fumetti, role play, gadget. Ovviamente tutti questi mezzi e formati prevedono un’importante operazione di sintesi delle regole stabilite, che in qualche modo dovrebbero poi rimandare ad una versione estesa. Ma anche in questo caso c’è un’opportunità significativa da cogliere: esercitare la chiarezza, a tutti i costi.
I video in pillole (15 minuti al massimo per argomento) possono essere proiettati a ciclo continuo anche nelle aree relax aziendali, con la speranza che in un arco di tempo definito qualche parola chiave si infiltri, anche se in modo subdolo, nelle orecchie dei dipendenti.
I fumetti, attraverso rappresentazioni sintetiche, ironiche e divertenti di eventi tratti dalla realtà, possono facilitare, grazie all’evocazione di un’esperienza già vissuta, la capacità di gestire situazioni difficili, qualora dovessero concretizzarsi.
I role play sono ancora oggetto di studio e, a parte qualche progetto pilota, non c’è molto materiale disponibile. L’assunto principale da considerare potrebbe essere però, secondo alcune ricerche accademiche, che il modo in cui giochiamo è lo stesso secondo il quale prendiamo decisioni.
Infine i gadget sono un modo per associare un contenuto, seppur breve e trasmesso attraverso un significante testuale, ad un’esperienza tattile rinforzata dal contatto fisico, dall’interazione gestuale.
Dato di fatto è che fino ad ora abbiamo parlato di mezzi e significanti, ma il significato come si condivide, come si preserva intatto, lontano dal pericoloso fenomeno della decodifica aberrante?
Prima ancora che l’uomo imparasse a salvaguardare la conoscenza attraverso la scrittura, aveva appreso a trasmetterla e conservarla in forma orale. Attraverso il racconto di storie simboliche – poco importa se reali oppure di fantasia – i saggi anziani hanno saputo coinvolgere ed ammaliare gli auditori, abituandoli all’ascolto e permettendo loro di riconoscere il valore dei significati condivisi, trasmettendo per secoli esperienze credibili e al tempo stesso rilevanti.
Alcuni di noi hanno avuto la possibilità di ascoltare i propri nonni raccontare una storia. E ad alcuni di noi, quando hanno cominciato a lavorare, sarà capitato di ascoltare un anziano dell’ufficio, quello che ne ha viste di cotte e di crude, condividere la memoria storica di fatti accaduti e delle soluzioni adottate per risolvere alcuni problemi. Un anziano che ha saputo coinvolgerci, affascinarci, farci divertire con poche parole, pronunciate lentamente, con voce profonda, che con esse ci ha consegnato in modo disinvolto una conoscenza di valore.
Secondo i nuovi modelli di competenze, specie in ambito ICT, probabilmente quella persona non è più adeguata al contesto con il quale l’organizzazione si trova ad interagire. Non è più neanche tanto rapida e quindi forse non resta che accompagnarla alla pensione. Ma se per caso fosse lui il vecchio saggio della tribù e fosse lui a custodire il segreto per garantire la custodia e la trasmissione della conoscenza anche in ambito di sicurezza?