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AssetProtection. Gruppi WhatsApp, materia scolastica per genitori

di Alberto Buzzoli, Socio ANSSAIF – Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria |

Le scuole si dovrebbero occupare di istituire appositi corsi rivolti ai genitori per un corretto utilizzo dei gruppi di classe su WhatsApp.

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

All’inizio di questo nuovo millennio, le scienze della comunicazione, ovvero gli studi concentrati sul definire gli impatti sociali generati dai mezzi di comunicazione di massa e quelli che allora erano definiti nuovi media, erano particolarmente attente alle interazioni tra gli assi fondamentali che determinano la crescita e lo sviluppo sociale degli individui.

In molti testi si descrivevano le influenze e le relative modalità di comunicazione tra la famiglia, la scuola e l’ambiente religioso. Questo perché alcune alterazioni più o meno visibili già erano nell’aria e ci si cominciava a domandare le ragioni del progressivo rallentamento formativo dei ragazzi.

E se per caso qualcuno si domandasse qual è la situazione attuale, non è difficile descrivere ciò che accade: alla fine delle elementari i nostri bambini sono appena in grado di leggere e scrivere. Escono dalle medie con una lieve infarinatura di analisi grammaticale e logica che gli consente di articolare appena qualche pensiero, in modo non sempre organizzato.

L’analisi del periodo la si studia al liceo, durante il quale pochi volenterosi recuperano il divario accumulato, mentre i meno fortunati conserveranno un ritardo permanente che si rifletterà negativamente in un’ampia gamma di aspetti sociali.

Difficile stabilire quanti e quali danni abbiano prodotto i tablet e gli smartphone sostituiti ai libri, il web 2.0 talmente tanto interattivo da annullare qualsiasi capacità di ricerca di contenuti, la panvidemia che ha oscurato rapidamente i significati di immagini e testi e i social network che in pochi anni hanno inondato di solitudine le nuove generazioni.

Come se tutto ciò non fosse sufficiente a configurare una vera e propria catastrofe culturologica, arriva una ciliegina sulla torta dal sapore veramente amaro: le scuole si dovrebbero occupare di istituire appositi corsi rivolti ai genitori per un corretto utilizzo dei gruppi di classe su WhatsApp.

Infatti, uno strumento con evidenti potenzialità di dialogo e coordinamento tra corpo docenti e famiglie può rapidamente, se gestito in modo inappropriato, divenire un potente vettore di violazioni della privacy, un acceleratore di conflitti e incomprensioni e soprattutto un resistente isolante alla cooperazione tra insegnanti e famiglie.

Da questo tema, promosso da un’importante testata nazionale e ampiamente commentato da funzioni istituzionali della pubblica istruzione, è possibile trarre una duplice riflessione.

La prima: nonostante sia ormai chiaro che le caratteristiche dei mezzi di comunicazione ed i relativi messaggi veicolati siano in costante evoluzione, sembra sia impossibile costituire una qualsivoglia forma di consapevolezza circa la necessità di applicare un ciclo strutturato di analisi, test e regolamentazione prima della messa in esercizio di certe soluzioni. Per dirla in parole più povere perseveriamo, e ne siamo quasi orgogliosi, nel voler seguitare a fare le cose all’italiana. Prima si compie il danno per poi trovare, con indiscutibile fantasia prossima alla genialità, una soluzione.

La seconda: abbiamo accennato al fatto che la scuola è in affanno su questioni fondamentali dell’istruzione; quelle stesse questioni che potrebbero determinare (o meno) un certo livello di preparazione degli individui della futura società, dotandola di una certa efficacia organizzativa oppure di defaillances strutturali tanto gravi da divenire insanabili.

Sarà che l’evoluzione è diventata troppo rapida e coloro che pensavano d’esser giovani già sono troppo attempati per seguirne senza sforzo il ritmo, ma è un dato di fatto che le vecchie soluzioni scolastiche producevano migliori risultati. Ciò non significa non sperimentare, ma significa anche farlo in modo metodico, strutturato, controllato, lasciando la scuola libera di produrre cultura; perché ce n’è così tanto bisogno per ricominciare ad operare con un po’ di criterio.

E se fossimo così furbi da voler capitalizzare anche in questo frangente l’esperienza tratta dai sistemi di gestione, sapremmo bene che il momento della formazione (anche per l’utilizzo di WhatsApp) arriva dopo la definizione e condivisione degli obiettivi che si intende perseguire, dopo aver analizzato e valutato i rischi connessi, dopo aver stabilito regole e responsabilità.

Insomma, almeno per una volta, tentiamo di non annegare in un bicchiere d’acqua e dedicarci a soffocare, se proprio qualcosa dobbiamo sacrificare, la stupidità invece dell’istruzione.

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