Da qualche tempo si è molto diffusa, specie in ambito politico, nei dibattiti e nei talk show, la parola, l’espressione “ Populismo”, per indicare un diffuso atteggiamento, da parte di uomini politici o di partiti. Il dizionario DeAgostini, definisce il “populismo” come un movimento politico, sociale o culturale, che ritiene il popolo unico depositario di valori positivi.
Questo varrebbe, se il popolo fosse costantemente una unità unitaria e compatta, ferma nell’essere rispettosa e convinta dei valori fondamentali.
Dal momento che questo non è, e che la cosa è nota tutti, l’atteggiamento populistico, da parte dei politici, non è certamente mosso da sentimenti e desideri positivi, ma da contingenze e opportunismo, nel disperato tentativo di riacquistare il consenso popolare perduto. Infatti, l’origine del populismo, è di carattere demagogico e nasce quale strumento per riottenere la stima, la fiducia e il consenso da parte del popolo. Allora si proclama la sua autorità e si cerca di dar da vedere un profondo rispetto nei suoi confronti a differenza di quello che può apparire dal reale disinteressamento dei responsabili politici rispetto agli interessi popolari. Da qui la perdita di fiducia da parte dei cittadini che determina il loro distacco dalla classe politica.
Il distacco dei cittadini dalla classe politica, è determinato, progressivamente, dalla constatazione, da parte di questi ultimi, della scarsa efficienza, della scarsa incisività, dello scarso impegno col quale i politici affrontano i problemi, della mancanza di rispetto delle promesse fatte in sede elettorale e, infine, degli scarsi risultati ottenuta dalla loro gestione della cosa pubblica. In sostanza dalla scarsa e inadeguata capacità professionale, causa prima della difficile situazione dell’economia, del lavoro, della disoccupazione, della illegalità diffusa, dei vari mali che affliggono oggi la nazione italiana.
La causa è certamente per l’inefficienza e poca capacità professionale dei responsabili politici attuali e precedenti, ma si deve riconoscere che anche gli stessi cittadini, in quantità sempre più diffusa, hanno da tempo, progressivamente, lasciato la strada della rettitudine e della legalità, per cercare vie apparentemente più facili di comportamento quali quella della del non rigoroso rispetto delle leggi, della ricerca e accettazione della raccomandazione più che di quella del merito, dell’evasione fiscale, della corruzione ecc.
Molto spesso nei dibattiti politici alla televisione, gli attuali responsabili di governo, a coloro che li accusano di non aver saputo portare il Paese al di fuori delle difficoltà e della crisi, rispondono elencando tutta una serie di provvedimenti adottati proprio nei confronti di quei settori e di quei problemi nei quali vive la crisi della nazione. Ora, i provvedimenti sono stati indubbiamente presi, ed anche in numero assai significativo, ma i risultati sono stati assai scarsi per cui il loro valore e la capacità di chi li ha adottati appare insufficiente e costituisce la causa della poca fiducia, del disamore e della perdita di consenso da parte del popolo.
Può essere giunto il momento dell’alternanza democratica e, quindi, del cambio della maggioranza e del Governo, ma ritengo che la soluzione non di penda da questo.
In Italia la soluzione sta in un deciso recupero della legalità e della rettitudine, sulle quali fondammo il miracolo degli anni cinquanta, recupero al quale debbono partecipare tutti, cittadini e politici. Questi ultimi, senza tanti populismi, debbono imparare ad avere il coraggio di dire la verità e di assumere decisioni che vadano veramente verso la soluzione dei problemi nazionali, qualunque sia il rischio, mentre i cittadini debbono finirla di pretendere la “botte piena e la moglie ubriaca” continuando da una parte ad agire spesso furbescamente e dall’altra a lamentarsi, quando non necessario.
Si decida finalmente, questo popolo, ad avere uno scatto d’orgoglio e un recupero morale come avemmo dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale, quando, in una Italia in condizioni, allora sì, difficilissime, sapemmo trovare la forza di reagire, senza tanti piagnistei, politici e popolo e, in poco tempo, si parlò di “Miracolo Italiano”.