La Commissione Europea, mediante una lettera inviata al nostro Governo, ha rilevato una mancanza di copertura pari a tre miliardi e mezzo di euro per le spese previste dalla Legge di Stabilità italiana per il 2017. Nella stessa, la Commissione invita il nostro Governo a provvedere in proposito per eliminare la mancanza rilevata ed evitare in tal modo la procedura d’infrazione da parte dell’Unione.
Come di consueto e giustamente, gli organi d’informazione si sono rivolti al ministro Padoan, responsabile del Ministero dell’economia per conoscerne il parere e le conseguenti decisioni in proposito.
Il ministro, di fronte all’osservazione da parte europea, di una mancanza di copertura nella legge di spesa nazionale di tre miliardi e duecento milioni di euro, non ha formulato alcuna previsione circa le decisioni che verranno assunte in proposito. Si è limitato a dire che l’impostazione della finanziaria era basata sulla ricerca dello sviluppo, della crescita, unica strada per garantire la ripresa e quindi, in derivata, la soluzione dei grossi problemi che affliggono la nazione.
Ora, è pur vero che su di un bilancio di spesa di circa ottocento miliardi, tre miliardi non sono gran cosa, però il fatto di non dire in quale modo riparare la mancanza e limitarsi a pronunciare una dichiarazione di comodo che, in ogni modo, come rilevato in Europa, non giustifica affatto la mancanza, lascia francamente perplessi. In sostanza, si può sapere che cosa farà il Governo? Ha intenzione di presentare a breve una nuova piccola finanziaria riparatrice, o intende affrontare la procedura d’infrazione che comporterà conseguenze economiche anche più pesanti?
Inoltre, il giustificare lo sfondamento con il fatto di dover tentare di stimolare l’economia con ulteriori spese, quindi aumentando il disavanzo, ripropone la vecchia litania, usata in passato per tanti anni, della necessità di spendere oggi per ottenere domani, ritorni economici favorevoli.
E’ bene ricordare che con questo metodo, ci siamo indebitati in maniera disastrosa sino a giungere al rischio di bancarotta! Come noto, ne è derivata la necessità dell’austerità che ha, come da molti affermato, rimesso un certo ordine nei conti, cosa che io non vedo. Comunque, questo è quanto affermato dai vari economisti. A questo punto, pare si voglia ricominciare ad attuare una politica di deficit (nel nome di una, oggi, ritenuta necessaria elasticità), col rischio di riprendere ad incrementare il debito, senza risolvere i problemi, come già accaduto in passato. Il considerare negativo il rigore economico per la gestione dello Stato e, invece, positiva, una certa elasticità spendereccia per ragioni, naturalmente, “politiche”, non mi pare convincente. Sin quando, nel dopoguerra, i Governi nazionali si sono mantenuti entro la parità dei conti, la ripresa di questo paese è stata tumultuosa e formidabile, successivamente, quando si è presa la strada del deficit, il progresso ha continuato, ma, alla fine è accaduto quello che doveva accadere. In economia, anche in economia politica, le regole sono chiare e non vi è “politica” che possa fare miracoli, mutandole.
Il professor Papi, della Sapienza, mio illustre insegnante, mi diceva: “per i problemi economici di qualsiasi tipo, fai sempre riferimento alla famiglia”. Lo Stato va condotto secondo l’etica del buon padre di famiglia! Allora erano altri tempi e in tal modo si dava vita al “miracolo italiano”. Oggi le elucubrazioni dei moderni economisti, mi paiono assai poco convincenti.