In occasione della celebrazione del sessantennale del Patto di Roma sulla Unione Europea, nei discorsi di numerosi interventi, è ricorsa l’affermazione della necessità di intraprendere iniziative per rinforzare la unitarietà della difesa europea, quale importante elemento di coesione politica dell’Unione.
Quello della realizzazione di una difesa comune europea, delle iniziative e dei tentativi per darle vita, è, ormai, una storia lunga di tentativi falliti, a partire dalla proposta di costruzione della CED, Comunità Europea di Difesa, da parte di De Gasperi, Adenauer e Shuman del lontano 1954, fallita proprio ad opera dei francesi.
Da allora, nel tempo, si sono fatti alcuni progressi in sede di integrazione, tuttora operanti quali l’accordo di Petesberg, la realizzazione di tre bodies, (politico, militare e di staff) per il controllo delle operazioni previste dallo stesso trattato, la messa a punto di unità disponibili per una “cooperazione rinforzata”, nel settore della acquisizione di materiali bellici: l’EDA, (agenzia per la difesa europea) ed altre iniziative, ma in realtà, non si è mai raggiunta una vera integrazione di difesa europea con forze armate europee. Oggi, dopo l’incontro di Versailles tra Spagna, Italia, Germania e Francia e la conseguente decisione di istituire un comando unico a livello europeo, si è fatto un ulteriore passo in avanti. Tuttavia, si è ancora molto lontani dalla realizzazione di una autentica difesa europea degna di tal nome.
La istituzione di una effettiva infrastruttura di difesa unitaria europea, costituirebbe un fatto politico di grande rilevanza, ma, con ogni probabilità, la sua potrebbe essere l’ultima delle integrazioni in chiave unitaria, considerando la naturale gelosia di ciascuno Stato nei confronti del controllo e dell’impiego delle proprie forze armate, i differenti livelli di spesa tra Stato e Stato e molti altri motivi di differenziazione. Non a caso è un sogno che si protrae da più di sessant’anni.
Si deve considerare che nel frattempo, la minaccia convenzionale, di questo stiamo parlando, è andata scemando in termini di consistenza e probabilità. Ne deriva che non esiste una autentica ragione di carattere operativo per imporre l’unione delle forze, unione che, peraltro, in termini di sicurezza unitaria, è già assicurata dalla NATO. Come detto in precedenza la valenza politica di una integrazione a livello europeo rimane, in aggiunta ad un possibile migliore impiego delle risorse assegnate ed una maggiore, complessiva capacità operativa.
Il legittimo, necessario, direi dovuto anelito verso la ricerca, individuazione e realizzazione di una struttura di difesa unitaria in ambito europeo, è oggi molto più facilmente ed opportunamente realizzabile dando vita ad una organizzazione di difesa e contrasto unitaria, nei confronti della minaccia cibernetica, la quale, tra l’altro, costituisce oggi e in prospettiva, minaccia ben più pericolosa per la società europea e per il sistema Europa, nel suo complesso.
Tale minaccia esiste già da parecchi anni e viene sviluppata dalla criminalità, dallo spionaggio economico, industriale, diplomatico, politico o bellico, dal terrorismo, sino a delineare la possibilità di una autentica cyberwar. Essa investe tutto il sistema Italia ed Europa e può colpire capillarmente tutti i livelli della società, sino al singolo individuo.
Qualche tempo fa, nel giugno 2016, La Commissione Europea ha emanato la direttiva Nis: che delinea la struttura e i compiti che l’organizzazione difensiva di ciascuno Stato Partner, deve realizzare in maniera unitaria e in stretto collegamento con il centro europeo, per la difesa e protezione dalle minacce cibernetiche. Una volta realizzato, il sistema (la Direttiva ne prevede il completamento entro il giugno 2018), l’U.E. disporra’ di una difesa unitaria, integrata per la difesa ed il contrasto nei confronti della minaccia cibernetica, cioè di quella minaccia più pericolosa e di gran lunga più importante, tuttora massicciamente operante nei confronti dei sistema Italia.
E’ facilmente intuibile come, la messa a punto di una tale organizzazione difensiva unitaria da parte Europea, costituisca un fatto di grande rilevanza politica, dal momento che, per la prima volta, l’Unione metterebbe a punto una organizzazione difensiva completamente integrata sotto la sua egida.
Con il mio centro studi ho fatto un calcolo, di accettabile approssimazione, dal quale è risultato che il costo della messa in opera e successivo funzionamento del sistema, non supera, per Pubblica Amministrazione, il valore di un miliardo di euro, pari a un quattordicesimo delle spese per la funzione difesa, tuttora in bilancio, per il mantenimento dello strumento convenzionale. La completa operatività del sistema, comporterà l’impiego di parecchie migliaia di esperti informatici, aprendo, in tal modo, la porta del lavoro a neo laureati informatici, con ottime prospettive per il futuro, futuro nel quale si andrà sempre più sviluppando il progresso e la diffusione del dominio cibernetico.
Per il Governo italiano, cosi come per il Governo di tutti gli altri Partners, si tratta ora di realizzare quanto previsto dalla direttiva NIS, dando vita, in tal modo, ad un effettivo sistema di difesa unitario, nei confronti della minaccia più pericolosa, senza aspettare di realizzare la stessa unitarietà, (ipotesi assai remota), nei confronti peraltro di una minaccia, nel frattempo, assai attenuata.