Presso la Sala Conferenze del Campus Bio medico in Roma, si è tenuta la cerimonia di consegna del Premio “Sine Cura” all’On. Marco Minniti.
Suddetto premio si lega al decennale della prima edizione del Master Universitario di II livello “Homeland security sistemi, metodi e strumenti per la security e il crisis management” ed è stato assegnato su votazione dei diplomati al Master nelle ultime 9 edizioni.
Dopo l’apertura tenuta dal Magnifico Rettore Prof. Calabrò, il Prof. Setola ha illustrato le motivazioni ed i criteri utilizzati per individuare la personalità che più di altre si è distinta nel 2017 nelle attività di sicurezza; la maggioranza degli studenti ha indicato nell’On. Minniti questa persona.
Molto interessante l’intervento dell’onorevole Minniti il quale ha definito la sicurezza un bene essenziale per ogni essere umano e, dopo avere spiegato come i casi della sua vita lo abbiano portato ad occuparsi di sicurezza, ha toccato un punto a mio parere focale della situazione attuale.
In un momento storico in cui l’integralismo minaccia concretamente il bene essenziale, ossia la sicurezza, ci si domanda da più parti se per la difesa di questo bene essenziale sia lecito/conveniente rinunciare a qualche libertà. Ebbene la posizione del ministro è estrema perché per lui si parla di due cose in evidente contrasto tra di loro e pertanto inconciliabili. Se noi cedessimo anche solo una quota minima della libertà di ognuno di noi, in cambio di una maggiore sicurezza, faremmo il gioco degli integralisti… ne ha fatto proprio un limite semantico.
A supporto della sua tesi ha evidenziato, oltre i magnifici risultati descritti durante la recente festa della polizia in termini di riduzione di reati (mai cosi bassi da dieci anni a questa parte) ed in termini di forte riduzione nel numero di immigrati giunti in Italia, così come il numero dei turisti nel nostro paese sia in continuo aumento; nulla è stato fatto per limitare la libertà di spostarsi, di aggregarsi nelle nostre strade, nei nostri luoghi di cultura; ma tutta questa libertà non ha significato un aumento del rischio per le persone: il bene essenziale della sicurezza in Italia è garantito senza limitare la libertà di alcuno e questo è un fattore vincente per il sistema paese.
Senza entrare nel merito delle parti politiche, ho trovato personalmente il ministro una persona piacevole e mi ha dato una impressione immediata di competenza e determinazione.
Tornando al tema principale della formula “– libertà = + sicurezza” è senz’altro uno spunto di riflessione interessante non solo per chi come lui fa il ministro degli Interni, ma per tutti noi che facciamo i security manager.
Limitare la libertà è un vantaggio per chi fa il nostro mestiere? O accettare questo principio significa avere vita più difficile per noi? Significa avere degli handicap nella nostra partita contro i rischi? Cosa devi fare per annullare questi handicap? Effettivamente questa è la sua sfida, ma penso sia anche quello che facciamo tutti noi spinti sempre più a trovare il giusto compromesso tra lo sviluppo infinito del business e la contemporanea mitigazione del rischio che deriva dallo sviluppo stesso.
Una domanda però me la faccio e la faccio a tutti Voi. Ragioniamo così perché da noi non è successo nulla oppure è il nostro DNA che non ci farà mai rinunciare a nessuna libertà? Il cittadino medio, davvero non sacrificherebbe per esempio alla libertà di parlare al telefono liberamente in cambio della certezza che mai nessuno possa fare un attentato?
Ma proprio mentre scrivo questo mi chiedo… al contrario siamo certi che la limitazione delle libertà ci garantisca al 100%?
Bello ed anche giusto che il nostro ministro abbia tutte queste certezze; io mutuando una famosa frase riportata dalla Gialappa’s band sono pienamente d’accordo a metà con lui…