Le competenze in ambito ICT non sono certamente il punto forte dell’Europa. E’ oramai evidente che gli ambienti accademici non hanno saputo interpretare e soddisfare sempre correttamente le esigenze del mercato con un’offerta formativa adeguata. E per dirla in modo più preciso, focalizzando l’attenzione sull’Italia, la forbice tra le competenze richieste e quelle effettivamente maturate si apre sempre più. Inoltre nella nostra nazione si assiste ad un fenomeno abbastanza singolare: se da un lato le competenze ICT di natura tecnica sembrano superiori rispetto alla media europea, quelle di natura manageriale, sempre correlate al mondo dell’ICT, risultano invece ampiamente al di sotto della linea marcata dagli altri paesi.
La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.Questo è il quadro generale che si è andato configurando in occasione delle tavole rotonde e degli interventi tenuti lo scorso 15 settembre in occasione dell’ICT Certification Day – Certificazioni informatiche, aziendali e personali – trend e innovazioni, organizzato da ITHUM in collaborazione con la facoltà di ingegneria de La Sapienza.
Anche nel tentativo di rispondere in modo adeguato alle esigenze del mercato, e contestualmente fornire alle aziende un’assicurazione in fase di assunzione delle persone specializzate attraverso un sistema di certificazione delle competenze, l’Ente Italiano di Normazione ha messo a punto e rilasciato nel 2013 la UNI 11506 – Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenze per le Figure professionali operanti nel settore ICT, che peraltro ben si inserisce nel discorso della legge 4/2013 sulle professioni non regolamentate. Successivamente, anche in ragione della crescente complessità e mutevolezza del settore di riferimento, e conseguentemente delle competenze ad esso correlate, lo stesso ente ha iniziato a seguire alcuni progetti normativi correlati. Tre di questi, in fase di inchiesta pubblica conclusiva fino al prossimo 1 ottobre, riguardano la Metodologia per la costruzione di profili professionali basati sul sistema e-CF (European e-Competence Framework), Profili professionali di seconda generazione e Profili professionali relativi alla sicurezza delle informazioni.
Se da un lato quindi, con la rotta puntata sulla configurazione di un dettagliato framework delle competenze in ambito ICT, l’ordine condiviso sembra essere “avanti tutta!”, dall’altro tutti i partecipanti al Certification Day lanciano un preoccupante allarme: il mercato è un mare infestato. Le aziende si sono abituate a valutare con troppa attenzione gli aspetti quantitativi (prezzi a ribasso) correlati ai servizi, trascurando gli aspetti qualitativi connessi. Occorre urgentemente l’individuazione di un ente terzo, che regolamenti e sorvegli scrupolosamente le soglie, anche quelle minime, dei costi e, al tempo stesso, sia anche in grado di definire i requisiti necessari per garantire un livello qualitativo accettabile in riferimento a specifici servizi. Certo è che tutti gli attori implicati devono adoperarsi per garantire un business pulito attraverso la promozione di aspetti specifici quali il rispetto delle regole, il valore della certificazione, dell’accreditamento, l’acculturamento, un modo di operare eticamente corretto. In senso più esteso – e le Istituzioni Pubbliche in questo sono chiamate in prima linea – è necessario anche riabilitare valori ad ampio spettro quali la cultura e l’istruzione per ripristinare l’ecologia dei mercati.
E’ poi opportuno riflettere sulla duplice natura delle competenze ICT. Da un lato esiste la capacità di adoperare strumenti, dall’altro la capacità di individuare le azioni opportune da compiere: cosa fare, come farlo. Mentre i vendor hanno saputo ben delineare i requisiti di certificazione delle competenze sui propri prodotti e sono stati in grado di acquisire e strutturare i feedback circa la reazione che le stesse competenze producono sui livelli di incremento dell’efficienza (livello di competenza, aumento della produttività), l’ambito organizzativo sembra invece ancora poco presidiato. Per di più le certificazioni che riguardano l’ICT Management sono ulteriormente indebolite dalla difficoltà di definire, introdurre e valutare anche quegli aspetti trasversali che non hanno direttamente a che fare con le competenze tecnologiche ma che sono necessari in ambito gestionale: i così detti soft skill (ad esempio la leadership, l’empatia, ecc.).
In conclusione non è ancora chiaro cosa il mercato stia realmente chiedendo e non è chiaro se il modello di certificazione delle competenze nell’ICT sia coerente con le effettive necessità. Certo è che la soluzione individuata è quella di consolidare la relazione tra il mondo accademico, i player internazionali e le organizzazioni che si occupano di certificazioni professionali in un’unica associazione al fine di mettere veramente in moto un meccanismo di crescita del mercato, di una domanda consapevole.