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AssetProtection. Anonymous vs l’IS: effetti collaterali della Cyber War

anonymous isis

Non servirebbe a nulla in questa sede, se non a provare un dolore sempre crescente, ripercorrere ciò che è successo a Parigi lo scorso venerdì 13 novembre. E immagino che non ci sia bisogno di ricordare neanche i tristi eventi di Charlie Hebdo, né tutte le atrocità commesse dentro e fuori l’Europa in nome della fede.

Non si parla apertamente di guerra, forse perché in termini geografici non c’è uno stato ben delineato con cui prendersela, ma di fatto ciò che accade ha la portata di un gigantesco conflitto bellico. Parallelamente sappiamo anche che le armi utilizzate sono cambiate negli anni e, insieme ad esplosivi, kalashnikov, missili e bombe, adesso si utilizzano anche software e connessioni.

In sostanza, come se non bastasse quello reale, c’è uno scontro parallelo che si svolge in rete, sotto gli occhi di tutti. #OpISIS e #OpParis sono la dichiarazione di guerra che Anoymous – gruppo hacktivists anonimo e orizzontale, senza gerarchie, che persegue un obiettivo concordato anche approssimativamente – ha rivolto contro i terroristi islamici. Le finalità sono di duplice natura. La prima, quella di identificare i profili online dei terroristi, singoli e cellule, sottraendo informazioni personali importanti e comunicandole alle autorità competenti. La seconda, quella di zittire le voci più o meno ufficiali delle “forze armate” dell’IS, debilitando la portata della propaganda sulla quale si fonda il vero effetto del terrore, strategia primaria per queste organizzazioni.

Lo scopo di Anonymous sembra apprezzabile, se non fosse che produce due conseguenze, entrambe negativamente rilevanti. In primis propaga pubblicamente, sempre attraverso internet, informazioni circa i futuri possibili attacchi, con il rischio di generare nuovamente lo stesso effetto di terrore contro cui combatte. Si veda ad esempio l’allarme sulla “giornata del terrore”: i terroristi starebbero organizzando otto attentati simultanei in differenti paesi. Da quanto si può apprendere dai rumors online, in un contesto così poco referenziato, sembra che la notizia sia stata prima confermata e poi smentita dal gruppo di hacker buoni.

Il secondo effetto negativo che produce quest’attività di background è quello di intorbidire le acque, colpendo anche le varie intelligence nazionali. Queste infatti sono spesso costrette a ricominciare il lavoro daccapo per individuare i nuovi profili online dei terroristi, cancellati da Anonymous. Dopo poco i terroristi li creano ex-novo per alimentare costantemente la propaganda del terrore.

Infine, in questa guerra parallela senza confini, dobbiamo apprezzare l’enorme vantaggio che conserviamo, chissà ancora per quanto: un basso livello di competenze e strumenti correlati alla security difensiva e offensiva dell’IS. Ma Israele, la culla per eccellenza della security, è lì, a due passi. Non resta che augurarsi che lo stesso spirito mercenario che intossica i fornitori di armi non invada anche le strade della fibra.

Ripercorrendo la storia del terrorismo, poco importa se nazionale (con mafia e brigate rosse) oppure internazionale, oltre a tecniche e motivazioni di differente genere, sembra esista un unico comune denominatore: una grave forma di distorsione della realtà, l’incapacità di rispettare la dignità umana, l’inadeguatezza nel cogliere il fascino del miracolo della vita.

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