Parte oggi la nuova rubrica quindicinale ArTVision, uno sguardo dell’arte (audiovisiva) sull’arte (contemporanea), che affronta il tema della contaminazione tra nuovi linguaggi artistici e contenuti audiovisivi nell’era della convergenza crossmediale ed è il frutto di una collaborazione editoriale tra Key4Biz e la Regione Puglia capofila del progetto ArTVision – A Live Art Channel, cofinanziato dal Programma di Cooperazione IPA Adriatico 2007-2013. Si tratta di un progetto pilota che pone come priorità strategica l’innovazione nella comunicazione culturale interattiva e interistituzionale tra i paesi adriatici e quelli europei, attraverso la produzione di contenuti audiovisivi originali e l’attivazione di un canale tematico transmediale.
Protagonisti di questo spazio saranno i video realizzati dalle 5 crew audiovisive che hanno lavorato negli ultimi due anni al progetto e provenienti da altrettanti territori delle due sponde dell’area adriatica (Puglia, veneto, Croazia, Montenegro e Albania).
Le clip saranno oggetto di brevi riflessioni e commenti utili a comprendere la ricchezza, la qualità e la portata innovativa di questo tipo di produzioni nell’intento di darne ampia diffusione e di collegare il mondo della comunicazione e dei nuovi media a quello dei giovani artisti.
Per inaugurare questo nuovo spazio di riflessione sui nuovi linguaggi artistici nell’era dei nuovi media e di contaminazioni innovative tra il settore dei media e il magico mondo dell’arte legato al Progetto ArTVision, abbiamo scelto di pubblicare, fra i tanti che esamineremo nel corso dei prossimi mesi, l’opera di Veronica Liuzzi per molteplici motivi.
Il primo, di carattere formale, è certamente la facilità e l’economicità della produzione: una danzatrice, le sue luci attorno ad essa, il buio. La seconda, non meno pregnante della prima, è di carattere contenutistico ed inerisce il viaggio che l’artista ci fa compiere assieme ad essa, alla scoperta della genesi e dello sviluppo delle più importanti “deviazioni” dell’arte contemporanea.
Alla base di tutto vi è il gioco, una sfera proiettata su un panno nero con la quale ci si può distrarre, ma solo per un po’. Da lì, prende vita l’astrazione gestuale che ci riporta agli albori dell’espressionismo astratto, dell’action painting.
L’azione domina e danza con il colore: è come assistere allo spettacolo di una tela di Jackson Pollock in movimento, finale di una felice fusione tra pigmento ed artista, immerso nel buio. Il nero, appunto, viene usato alla maniera di Kandinsky (altro autore citato dall’artista con l’uso del reticolato gestaltico e dai triangoli che dirompono sullo schermo ad un certo punto dell’evoluzione dell’opera), ovvero per esaltare gli altri colori, divisi, esplosi, segmentati e ricomposti che a volte coprono la ballerina, a volte la ricoprono, celandola del tutto alla nostra vista.
L’astrazione di un organismo vivo, che vela e disvéla il suo creatore. In poco meno di due minuti assistiamo ad un’opera ottenuta con poche risorse, ma supportata da una imponente dose di talento ed un sottile ed arguto pensiero di fondo. Ecco cos’è Haluskein, ecco perché riteniamo che aprire questo nuovo spazio ergendo quest’opera a manifesto possa ritenersi la scelta più giusta da compiere: Haluskein è un’analisi del processo che vide collidere l’artista e il prodotto fino a renderli un tutto inscindibile, nel nostro passato artistico più recente; Haluskein è una lezione di storia spiegata con il corpo e con poveri mezzi, rispettando il mandato originario dell’arte: per tutti, da tutti.