No, non è un film di fantascienza, ma una realtà. Oggi è già possibile “scrivere” in digitale informazioni nel DNA di batteri viventi ed è quanto stanno portando avanti nei laboratori della Columbia University.
Come riportato in un articolo pubblicato dall’AGI, i ricercatori “hanno convertito la stringa di uno e zeri digitali di un file in combinazioni di basi dell’acido deossiribonucleico: adenina, guanina, citosina e timina”. Il codice viene riportato poi nel DNA grazie a un sintetizzatore, ma l’accuratezza della sintesi diminuisce con l’aumentare della lunghezza del codice.
Batteri come database
Lo studio, dal titolo “Robust direct digital-to-biological data storage in living cells”, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Chemical Biology.
DNA come nuova frontiera molecolare dell’Information and communication technology o ICT?
“Il DNA rappresenta un elemento di archiviazione davvero interessante – si legge nel commento di Harris Wang della Columbia University, riportato dall’agenzia – perché è più di mille volte più denso dei dischi rigidi più compatti, consente di memorizzare l’equivalente di 10 film digitali a lunghezza intera nel volume di un granello di sale ed è un composto fondamentale per la biologia, per cui le tecnologie in grado di leggerlo dovrebbero diventare più economiche e più potenti”.
“Per leggere la sequenza di uno e zero delle informazioni – ha aggiunto lo scienziato – abbiamo sequenziato i batteri. Grazie a questo approccio, abbiamo codificato elettricamente fino a 72 bit di dati, utilizzati per scrivere il messaggio ‘Hello World’”.
Memorizzare film e immagini nelle cellule
Il potenziale di questo tipo di tecnologie informatiche e digitali applicate alla biologia molecolare è immenso, come numerosi sono i possibili percorsi di sperimentazione a seconda degli obiettivi.
Di certo, come spiegato nello studio, uno di questi obiettivi è riuscire ad arrivare ad inscrivere digitalmente dati nel DNA di organismi viventi per favorirne la copia e la trasmissione alle generazioni future.
Ma non è da meno neanche la possibilità di, un giorno, di poter salvare film, documenti, foto e altro materiale audiovisivo nel DNA di cellule viventi. Magari le nostre?
Una nuova versione digitale delle tecniche di editing genetico del tipo Crispr (Clustered regularly interspaced short palindromic repeats), che tra mille dubbi etici, in un futuro prossimo, ci consentiranno di effettuare correzioni mirate di sequenze di DNA ed indurre così dei cambiamenti, frutto di intervento esterno.
I precedenti
Negli ultimi anni sono stati diversi i tentativi di scrivere elettronicamente dati nel DNA dei batteri. Nel 2017 ci aveva provato un team di Harvard, proprio con tecnica Crispr, con l’obiettivo di archiviare in dati l’immagine di una mano all’interno del DNA del battere E. Coli.
Nel 2019, infine, ricercatori di Microsoft e dell’Università di Washington hanno sviluppato il primo sistema completamente automatizzato per archiviare e recuperare dati nel DNA.