L’Appello Donne e Media non ci sta e, dopo l’ennesimo episodio che ha visto ‘violata’ sulle reti Rai la policy di genere prevista dal Contratto di servizio, chiede un’audizione urgente in Commissione di Vigilanza, alla presenza anche dei vertici Rai.
In una lettera (Disponibile a piè di pagina) inviata al presidente della Vigilanza, Roberto Fico, al presidente Rai Monica Maggioni, all’amministratore delegato Antonio Campo Dall’Orto e a tutti i membri del Cda, il network – che ha elaborato la prima policy di genere del servizio pubblico televisivo, sensibilizzando sia la Commissione paritetica Governo-Rai, sia la stessa Commissione di Vigilanza, (audizioni 20/04/2010 e 17/12/2013) rendendo così possibile l’inserimento di 13 articoli ad hoc nel Contratto di servizio tutt’ora in vigore – esprime “seria preoccupazione per l’inadeguata attuazione degli impegni siglati”.
La missiva nasce dalla segnalazione della mancata attuazione da parte della Rai della policy di genere, in particolare per quanto riguarda il programma televisivo l’”Eredità”, in onda sulla rete ammiraglia.
“Ad oggi – si legge nella lettera – come risulta evidente anche dai dati raccolti nel monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia, non si riesce a rilevare quella linea editoriale innovativa volta all’attuazione della policy di genere, cui Rai risulta impegnata dal 2011, quel “nuovo corso” che avrebbe dovuto innescarsi con l’obiettivo di attuare una programmazione “rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne” (art.2-comma3)”.
L’Appello Donne e Media intende porgere “la questione sia sotto un profilo generale che su uno specifico caso”.
Si porta all’attenzione della Vigilanza e dei vertici Rai, che nell’Eredità (trasmesso alle 18.45, in ottima fascia d’ascolto), “il ruolo delle donne-cornicette che contornano il conduttore è umiliante e assolutamente non rappresentativo del contributo che le donne danno alla società”.
Nello specifico si segnala la puntata del 10 febbraio.
“Lo stacchetto di presentazione è retrogrado e offensivo: attorno a Frizzi, in giacca grigia, 4 ragazze non solo lo contornano sorridenti, con consueto abitino rosso che poco lascia alla immaginazione, ma l’autore riesce a far di peggio. Le “professoresse”, questo è il ruolo con cui Frizzi le presenta al pubblico, nel balletto di inizio, compaiono indossando un grembiulino da cucina e impugnano ciascuna una scopa con la quale, ballicchiando, puliscono il suolo dello studio”.
Professoresse di che cosa?
Cosa insegnano?
Quale stimolo creativo ha ispirato l’autore del programma, pagato dalle cittadine e dai cittadini?
Perché la Rai consente ciò?
A quale bizzarro ruolo di “professoresse”, scopa in mano e grembiulino annodato, fanno riferimento gli autori dell’Eredità?
L’Appello Donne e Media si chiede ancora: “Il management della Rai, servizio pubblico televisivo del nostro Paese, ritiene forse che questo sia il modo più corretto per dare attuazione alla succitata policy di genere su cui l’azienda si è impegnata, accettando i 13 emendamenti al Contratto di Servizio che il network dell’Appello Donne e Media ha elaborato e proposto, ormai in vigore dal 2011?”.
Alla Commissione di Vigilanza si domanda quali iniziative intenda adottare per vigilare sull’attuazione dell’impegno assunto dalla Rai (art 9-comma b) a “programmare trasmissioni idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale, economica del Paese, nelle istituzioni e nella famiglia”.
“Evidenziamo a Codesta Commissione – si legge ancora nella lettera – che il succitato impegno è inserito non in un punto a caso del Contratto ma nell’Offerta televisiva, il cuore della Rai, vale a dire i programmi che l’azienda deve porre in essere poiché distintivi del servizio pubblico, quelli che dovrebbero dettare la differenza rispetto alle tv commerciali. Sulla base di ciò, il 7 marzo 2012, il management Rai e il governo avevano annunciato un programma sulle donne e sulla loro partecipazione nella società, nel segno della modernità e del talento. L’iniziativa, ad oggi, non ha ancora trovato attuazione”.
“Occorre – conclude la lettera – uno sforzo comune per contrastare la (sub)cultura che impone l’equazione donna=corpo=oggetto”.
La Lettera inviata alla Vigilanza e alla Rai