Le app mediche devono essere più trasparenti e fornire più garanzie. Lo chiede il Garante Privacy al termine di un’indagine avviata a maggio per verificare il rispetto della normativa italiana sulla protezione dati da parte di applicazioni che utilizzano dati sanitari. L’indagine a tappeto, promossa in tutto il mondo dal Global Privacy Enforcement Network (GPEN), ha rivelato come anche nel nostro paese le tutele non siano sufficienti a garantire un’adeguata tutela dei dati degli utenti e come questi ultimi “troppe volte non siano messi in grado di esprimere un consenso libero e informato”, spiega il Garante in una nota.
Uno studio della società di ricerca Signals and Systems Telecom, prevede che il mercato dei servizi di mobile health raggiungerà quest’anno un valore di circa 9 miliardi di dollari e crescerà mediamente del 40% l’anno nei prossimi sei anni. Entro il 2017, secondo la Commissione Europea, saranno 3,4 miliardi le persone in possesso di uno smartphone e la metà di loro utilizzerà app di sanità mobile.
Per la Commissione Ue, che recentemente ha lanciato una consultazione pubblica per raccogliere idee e suggerimenti per sfruttare al meglio il connubio fra tecnologia mobile e mHealth, oggi sono disponibili quasi 100 mila app di mHealth sulle diverse piattaforme quali iTunes, Google Play, Windows Marketplace e BlackBerry World. Le 20 app gratuite più diffuse per lo sport e il fitness sono già installate su 231 milioni di dispositivi a livello globale.
Nella sua indagine, il Garante italiano ha scelto ‘a campione’ tra le app più scaricate, giungendo alla conclusione che una su due non informa adeguatamente gli utenti sull’uso dei dati prima dell’installazione, oppure le informazioni fornite sono generiche. In altri casi, i dati richiesti sono eccessivi rispetto alle funzionalità offerte. “In molti casi l’informativa privacy non viene adattata alle ridotte dimensioni del monitor, risultando così poco leggibile, o viene collocata in sezioni riguardanti, ad esempio, le caratteristiche tecniche dello smarphone o del tablet” ha aggiunto in Garante, che ha fatto sapere che a seguito di questi risultati sta valutando le azioni – prescrittive o sanzionatorie – da intraprendere.
Mal comune, mezzo gaudio? Non di certo…
La mancanza di trasparenza, purtroppo, non riguarda solo le app italiane: a livello globale, infatti, sono state esaminate 1.200 applicazioni e solo nel 15% dei casi l’informativa privacy è risultata veramente chiara. In sei casi su 10 i garanti hanno avuto difficoltà a reperire un’informativa privacy prima dell’installazione.