Il discorso del Commissario Agcom Antonio Preto pronunciato il martedì 23 febbraio 2016, alla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo in occasione della audizione pubblica sulla Strategia per il mercato unico.
La crescita economica è un imperativo per l’Europa. Il PIL reale dell’Ue dovrebbe crescere dell’1,9% nel 2016 e del 2% nel 2017[1]. Sono percentuali insoddisfacenti, e in ribasso.
Alla ricerca della killer application dell’economia europea, scopriamo che rimane sempre la stessa, da oltre 60 anni: il completamento del mercato unico. Al giorno d’oggi come possiamo intervenire su questo processo? Con l’innovazione. Fattore chiave e abilitante. In un ecosistema dinamico come quello digitale, l’innovazione è una distruzione creativa – ce lo ricorda Joseph Schumpeter[2].
L’innovazione è la “regina” del nuovo ecosistema: al suo cospetto, le istituzioni devono muoversi con tempestività.
Ma di che tipo di interventi abbiamo bisogno? Di livello politico? Normativo? Generale o case by case? Hard o soft law?
Per capirlo, partiamo dagli obiettivi. Oggi è necessario:
- a) evitare distorsioni irreversibili, come un vincitore che blocchi l’accesso al mercato ai new comers;
- b) promuovere fattori di competitività come gli standard[3].
L’innovazione non è un fatto solo tecnico o economico. Necessita di policy-making per spingerla a tutta velocità.
All’Europa serve una overall attitude. Bisogna regolare, ma lasciando margini di libertà. Definire nuovi tessuti normativi, che rompano le vecchie barriere in modo elastico, e si adattino al nuovo contesto senza ingessarlo. Le istituzioni devono allora ricorrere a un approccio sapiente: il concetto di “nudge” di Richard Thaler e Cass Sustein è da considerare tra gli strumenti utilizzabili[4].
Su questo sostrato, possiamo calare uno strumento specifico: la regolazione pro-concorrenziale. Se concepita e attuata in modo agile, la regolazione può servire bene allo scopo. Promuovendo le iniziative imprenditoriali – di cui l’Europa ha un estremo bisogno.
Credo che così si possa chiudere il cerchio: Europa, mercato unico, innovazione. La regolazione incide sull’ultima, che a sua volta retroagisce sul mercato, perno dell’Europa.
Non parlo a caso. Molti studi, di qualificate istituzioni come il CEPS[5] e l’MIT[6] hanno dimostrato che una buona regolazione può aiutare l’innovazione. Anche un esperto di strategia come Michael Porter ha riconosciuto che la regolazione può generare vantaggi competitivi[7].
Con questo approccio, possiamo anche definire i diversi livelli di intervento, addentrandoci nel tema – sempre discusso – della distribuzione di competenze tra Unione e Stati.
Due, quindi, le mie indicazioni:
1) un approccio in cui la regolazione sia “dinamica”
2) un “ritorno” all’Europa, in cui l’Unione sia protagonista, e allo stesso tempo cooperi con le realtà nazionali. Il fine ultimo è il benessere sociale, che è di tutti noi.
Abbiamo un caso concreto; le piattaforme online, il cui ruolo è ben noto[8]. Sono motore dell’innovazione e fonte di valore per tutti.
Piattaforme on line e sharing economy
Il premio Nobel Jean Tirole sostiene che le piattaforme online sono i gatekeeper del mondo digitale e dovrebbero essere regolate. Il problema è come.
Si devono evitare nuove barriere all’ingresso[9]. E gli utenti devono essere protetti. L’intervento ex post non è sufficiente. Punire gli abusi solo quando questi si sono verificati determina un elevato rischio d’incertezza, che a sua volta è un ostacolo all’innovazione.
Bisogna invece stabilire obblighi chiari, proporzionati, certi. E pretendere la massima trasparenza, in particolar modo per i meccanismi reputazionali, da regolare con principi generali.
Una delle principali innovazioni generate dalle piattaforme online è la sharing o collaborative economy. Un fenomeno in crescita. Il suo potenziale è enorme, ma solo se sapremo coglierlo: nel primo caso parliamo di 578 miliardi di Euro di consumi; nel secondo, di 18 o 134, rispettivamente per il breve o il medio-lungo periodo[10].
Al momento, la regolazione esistente non sembra stia reggendo l’impatto. Quando la sharing economy offre servizi analoghi all’off-line – come ad esempio nel caso dei Taxi – lo scontro è inevitabile.
Normative fiscali, sul lavoro, sulla sicurezza troppo diverse determinano concorrenza sleale e controversie diffuse.
La mancata regolazione dei servizi intermediati genera contrapposizione, mina innovazione e crescita.
Alcune sentenze, poi, hanno aggravato lo scontro. Ma, a onor del vero, le Corti non possono far altro che applicare le norme vigenti.
Serve una regolazione che
a) riguardi tanto i servizi tradizionali che quelli online
b) abbia come obiettivo il level playing field e c) presenti la flessibilità del case by case.
La regolazione:
- può essere la stessa del mondo off-line,
- può essere nuova,
- può infine essere un ibrido.
Vi porto un esempio. L’Autorità italiana di regolazione dei trasporti (ART) ha compiuto una importante analisi sul caso Uber, riconoscendo la formazione di “un nuovo e specifico segmento del mercato”.
L’Autorità ha segnalato al Governo italiano la necessità:
1) di mantenere la disciplina del servizio taxi “tradizionale” per assicurare le finalità di servizio pubblico;
2) di eliminare alcuni ostacoli, come la possibilità di praticare sconti o diversificare l’organizzazione del servizio;
3) d’introdurre criteri nuovi, ad esempio, rivedendo il concetto di “territorialità”[11].
Come si vede, c’è tutto: l’esistente, il nuovo, l’ibrido.
Naturalmente tutti gli strumenti vanno considerati, inclusa l’autoregolamentazione e l’assenza di regole.
Conclusioni
Quali sono gli strumenti per trovare il punto di equilibrio tra regolazione, innovazione e crescita?
Forse le linee guida della Commissione su come applicare la regolazione esistente a piattaforme e sharing? Non sono sufficienti. Sarebbe come cercare di fermare il vento con le mani.
Allora il diritto ex post della concorrenza? Non è in grado da solo d’impedire sul nascere i probabili comportamenti anti-competitivi.
Serve qualcos’altro: una nuova stagione delle regole, smart e taylor made.
La Commissione ha bisogno di un mandato politico forte, da parte del Parlamento, per realizzare un sistema di norme ex ante a livello europeo, modificando in profondità la legislazione.
Ritengo che questo sistema debba ispirarsi al modello già esistente e che conosco bene: quello delle comunicazioni elettroniche.
I problemi sottostanti sono simili – accesso, neutralità, potere di mercato, tutela dei consumatori – e sono simili le tematiche di governance – bilanciamento dei poteri nazionali con quelli europei.
Il nuovo framework europeo deve dare vita ad un sistema rapido di intervento. L’Unione deve rivolgersi agli Stati con regolamenti, e non con direttive, così come è stato fatto a novembre in materia di roaming e net neutrality. Quale il fine? Semplice: rendere più rapida l’applicazione ed evitarne la frammentazione.
Non è tutto. All’utilizzo del regolamento deve affiancarsi una forte cooperazione amministrativa, ex ante pure essa. Un network di Autorità nazionali di regolazione (ANR) deve operare a fianco della Commissione. Essenziale, nella mia visione, a una applicazione coerente delle nuove regole.
È questo il modello su cui costruire il futuro del mercato unico affinché esprima tutte le sue enormi potenzialità di crescita.
Note:
[1] Fonte: Commissione europea, European Economic Winter Forecast 2016, del 4 Febbraio 2016
[2] Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung (1912)
[3] Eric Brousseau e Tim Wu lo evidenziano nel loro rapporto “The Digital Economy” redatto per l’Ocse, del 2012.
[4] R.H. Thaler, C.R. Sustein, Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness, Paperback, 2009.
[5] The Cost of Non-Europe in the Single Market: Single Market for Services by CEPS, Brussels 2014. Study for the European Parliament
[6] Nicholas A. Aslhford, Christine Ayers, Robert F. Stone, Using Regulation to Change The Market For Innovation, Volume 9, Number 2, Harvard Environmental Law Review (Summer 1985) 419-466.
[7] Michael E. Porter and Claas van der Linde, “Green and Competitive” Harvard Business Review (Sept-October 1995), p 120-134.
[8]. Cresciute a un ritmo di circa il 10% annuo dal 2013, agevolano l’incontro tra utenti, creano informazione e nuove opportunità. Si v. le stime di a Copenhagen Economics (p. 3 dello studio commissionato da EDIMA “Online Intermediares. Impact on the EU economy”).
[9] Nella presentazione fatta da Jean Tirole all’Etno Summit a Bruxelles il 13 Ottobre 2015.
[10] Studio «The cost of non-sharing economy in Europe », dell’ European Added Value Unit», gennaio 2016.
[11] Si tratta dell’art. 37, comma 2, lett. m), del d.l. n. 201 del 2011, quanto agli inattuati criteri di organizzazione, e della legge n. 21/1992 per il complessivo assetto di regolazione del trasporto via taxi.