Brutto colpo per Google. Dopo cinque anni di indagine su possibile abuso di posizione dominante sul mercato della ricerca online, la Commissione Ue ha deciso oggi di inviare al gruppo americano una ‘comunicazione di addebiti’ (Statement of Objections), in sostanza un vero e proprio atto d’accusa.
Le Ue ha anche deciso di aprire ufficialmente un’indagine sul sistema operativo per dispositivi mobili del gruppo, Android, sul quale aveva già aperto una procedura informale nel 2013.
“L’indagine – spiega la Ue in una nota – rivelerà se Google abbia concluso accordi anticoncorrenziali o se abbia abusato di un’eventuale posizione dominante nel campo dei servizi operativi, applicazioni e servizi per i dispositivi mobili intelligenti”.
Il gruppo ora rischia una multa di circa 6,4 miliardi di dollari, vale a dire un decimo del suo fatturato annuo.
Da giorni circolavano voci sull’imminente decisione del Commissario Ue alla concorrenza Margrethe Vestager che, dal suo insediamento a novembre 2014, ha preso subito in mano il dossier.
Margrethe Vestager: ‘Temo un vantaggio sleale di Google’
“Nel caso di Google – ha spiegato il Commissario Vestager – sono preoccupata che l’impresa abbia accordato un vantaggio sleale al proprio servizio di acquisti comparativi in violazione delle norme antitrust europee. Google ha ora l’opportunità di convincere la Commissione del contrario. Tuttavia, se l’indagine dovesse confermare i nostri timori, Google dovrebbe affrontare le conseguenze giuridiche e cambiare il suo modo di operare in Europa.”
Vestager ha detto anche: “Ho inoltre avviato un’indagine formale antitrust sulla condotta di Google relativa a sistemi operativi, applicazioni e servizi mobili. Smartphone, tablet e dispositivi analoghi rivestono un ruolo sempre più importante nella vita quotidiana di molte persone, e voglio essere certa che i mercati in questo settore possano svilupparsi senza alcuna restrizione anti-concorrenziale imposta da qualche azienda.”
Google: ‘Pronti a sostenere le nostre ragioni’
Al momento Google ha espresso la propria posizione sul blog ufficiale dell’azienda, dove Amit Singhal, Senior Vice President Google Search, e Hiroshi Lockheimer, VP of Engineering Android, hanno chiarito alcuni controversi aspetti di questi due dossier (Il commento di Singhal e di Lockheimer).
Posizioni già anticipare in parte da Re/code che aveva già pubblicato una nota interna di Google, molto informale, che confutava le accuse della Ue e dei competitor (disponibile a piè di pagina).
Amit Singhal sul blog di Google scrive senza mezzi termini: “Rispettosamente ma con determinazione, dissentiamo dalla necessità di emettere uno Statement of Objections e siamo pronti a sostenere le nostre ragioni nelle prossime settimane”.
L’azienda ha evidenziato che “per quanto Google possa essere il motore di ricerca più usato le persone oggi possono trovare e accedere alle informazioni in molti modi diversi ed è provato che le pretese di danni ai consumatori e ai concorrenti non centrano il bersaglio”.
Sul blog sono ben visibili tre grafici sulle ricerche per shopping online effettuate in Germania, Francia e Regno Unito e uno che riguarda invece i siti di viaggi in Germania. I grafici sono stati costruiti su dati interni dell’azienda e su quelli forniti da comScore.
Le ricerche su Amazon ed eBay, si legge, superano di gran lunga Google Shopping. Non è un caso che già tempo fa il presidente di Google Eric Schmidt in viaggio in Europa aveva parlato del rischio di una forte avanzata di Amazon nella web search.
Google ha infatti evidenziato che “Aziende come Axel Springer, Expedia, TripAdvisor e Yelp (tutte aziende che si sono fatti chiaramente sentire in questo processo) hanno sostenuto che il fatto che Google includa nei risultati di ricerca i propri servizi (Flight Search, Mappe, risultati locali ecc.) abbia creato un danno significativo ai loro business. Ma il loro traffico, i fatturati, i profitti (e anche quello che dichiarano ai loro investitori) raccontano una storia molto diversa”.
“Se guardate allo shopping – continua Google – è chiaro che 1) c’è molta concorrenza (anche da parte di Amazon e eBay, due dei più grandi siti di shopping del mondo) e 2) il servizio Google Shopping non ha danneggiato la concorrenza”.
Android, attore chiave per la concorrenza
Google si aspettava anche l’indagine su Android e difende il proprio sistema operativo.
Sul blog dell’azienda Lockheimer ha osservato che “realizzando un sistema operativo eccellente, gratuito e open source, speravamo di poter alimentare in modo decisivo l’innovazione in questo settore e lasciare ai produttori e agli sviluppatori la possibilità di concentrarsi su ciò che fanno meglio”.
“Android – scrive ancora Lockheimer – è stato un attore chiave per incentivare concorrenza e scelta, portando ad una riduzione dei prezzi e offrendo maggiore scelta a chiunque (oggi sul mercato ci sono oltre 18.000 dispositivi diversi).
Lockheimer ha poi ricordato che “la Commissione Europea ha posto delle domande sui nostri accordi di partnership. E’ importante ricordare che questi avvengono su base volontaria e, lo ricordiamo ancora una volta, si può usare Android senza Google fornendo ugualmente benefici agli utenti Android, agli sviluppatori e all’ecosistema in generale”.
Il top manager ha poi sottolineato che “non è solo Google ad aver beneficiato del successo di Android. Il modello Android ha portato i produttori a competere sulle loro innovazioni uniche. Gli sviluppatori oggi possono raggiungere vasti pubblici e costituire business solidi. I consumatori hanno una scelta senza precedenti, a prezzi sempre più bassi. Attendiamo di discutere queste temi in maggiore dettaglio con la Commissione Europea nel corso dei prossimi mesi”.
L’iter del procedimento
Nella nota informale diffusa da Re/code la compagnia ricorda che potrebbe volerci anche ‘un anno o due’ per il completamento dell’iter previsto dalla Comunicazione di addebiti e, sostiene sempre Google, in alcuni casi la Commissione Ue al termine della procedura ha modificato le iniziali richieste. In ogni caso, precisa il gruppo, se le parti non dovessero trovare l’accordo, la Ue dichiara l’infrazione che può sempre essere impugnata in tribunale.
La decisione presa oggi dalla Ue lascia soddisfatti i trenta competitor (tra cui Microsoft) che avevano depositato la denuncia all’Antitrust, sostenendo che la multinazionale sfavoriva i servizi concorrenti nei risultati di ricerca a vantaggio dei propri che venivano piazzati più alto. Da tempo queste aziende chiedevano alla Ue di agire ‘in modo forte’ contro Google.
Ma a fare pressioni c’è anche il Parlamento Ue che è arrivato ad approvare una mozione con la quale chiede lo spacchettamento delle attività di Google nel mirino della Ue anche per altre importanti questioni come i sistemi messi in campo per eludere il fisco, la privacy e il diritto all’oblio.
Dalla data di notifica della Comunicazione di addebiti, Google avrà due mesi di tempo (potrebbero essere concessi massimo altri 30 giorni) per preparare la sua difesa.
Successivamente la Ue potrebbe prevedere un’audizione. Solo allora la Ue prenderà una decisione definitiva per la quale dovremo sicuramente attendere la fine dell’anno.
Una decisione che Google potrebbe sempre impugnare.
La multa da 6,9 miliardi sarebbe l’ultima delle preoccupazioni per un gruppo ricco come Google che solo nel 2014 ha fatturato 66 miliardi di dollari e realizzato profitti per 14 miliardi.
La società teme di più le ‘azioni correttive’ che la Ue potrebbe imporre e che potrebbero avere pesanti ricadute sul proprio modello di business.
Forse, indica un esperto, si potrebbe chiedere una radicale separazione dei link sponsorizzati dagli altri risultati di ricerca.
La Commissione potrebbe anche domandare uno smantellamento delle attività della società, così come hanno chiesto gli europarlamentari.
Una mossa questa che troverebbe immediatamente d’accordo Francia e Germania, i due paesi che non a caso hanno chiesto alla compagnia americana di svelare il proprio algoritmo.
In ogni caso resta sempre la via dell’accordo che eviterebbe sanzioni e misure correttive. Un percorso che non è da escludere visto che Google tiene molto al mantenimento della propria reputation in Europa.
Il cambio di rotta della Ue
Una cosa è pero certa, la decisione presa oggi dal Commissario Vestager e dai potenti servizi della direzione generale della concorrenza Ue segna una completa rottura con la politica di Bruxelles degli ultimi quattro anni quando dell’antitrust era responsabile Joaquin Almunia, considerato da molti troppo morbido nei confronti del gigante americano.
Ricordiamo infatti che dall’apertura formale dell’indagine, nel novembre 2010, Almunia non è mai arrivato a un vero atto di accusa nei confronti del gruppo e ha cercato per ben tre volte, inutilmente, di trovare la via dell’accordo.
L’odierno atto di accusa testimonia una volta di più una cambio di rotta della Ue nei confronti della dei colossi americani dell’hi-tech.
Negli ultimi anni ci sono state in Europa delle forti reazioni contro i nuovi modelli economici: il divieto del servizio Uber in alcuni Paesi, l’adozione di tasse anti-Google in Germania e Spagna (l’Italia ci sta ancora provando) e indagini Ue sugli aiuti di Stato illegali di cui avrebbero beneficiato Apple in Irlanda e Amazon nel Lussemburgo…
E’ forse per questo che, secondo il parere di alcuni esperti, con oggi si inaugura una nuova politica a Bruxelles, quella dell’azione contro lo strapotere delle multinazionali del web e guarda caso a poche settimana dalla presentazione del pacchetto di misure Ue per la realizzazione del Mercato Unico Digitale sul quale si poggiano tante speranze di questa nuova Commissione guidata da Jean-Claude Juncker.
Ecco la nota interna di Google pubblicata da Re/code:
Googlers — As the Financial Times has just reported, the European Commission will tomorrow issue a Statement of Objections (SO) regarding the display and ranking of certain search results, in particular shopping. This is obviously very disappointing news, especially for the search team that has worked so hard to create a great experience for our users over the last 16 years. First, a few facts about the SO process. An SO is not a final finding. It’s a document in which the Commission staff sets out its preliminary arguments so that the company in question can respond. Expect some of the criticism to be tough. But remember, it’s also an opportunity for Google to tell our side of the story. The back-and-forth over an SO can take some time (even a year or two), and in a number of cases has resulted in the Commission modifying their claims or settling the case. If the two sides cannot settle their differences, the Commission issues an infringement decision, which can be appealed in court. We have a very strong case, with especially good arguments when it comes to better services for users and increased competition: Better services for users: Google Search has improved tremendously since the days of ten blue links. We can now answer many queries directly, saving users huge amounts of time and effort–whether it’s the weather, directions to the local pharmacy, flights, or where to get the cheapest camera. Increased competition: The competition is just one click away — and it’s growing. People can use Bing, Yahoo, Quora, DuckDuckGo, and a new wave of search assistants like Apple’s Siri and Microsoft’s Cortana, as well as more specialized services like Amazon, Idealo, Le Guide, Expedia, or eBay. In addition, users increasingly turn to social networks like Facebook and Twitter to find news and suggestions — where to eat or which movies to watch. Mobile is changing everything — with the explosion of apps taking people directly to the information they want. Today 7 out of every 8 minutes on mobile devices is spent within apps. Yelp, for example, has said that over 40% of its traffic comes direct from its mobile app. Competition online is thriving — despite what many of the complainants in this case allege. Indeed if you look at shopping, it’s clear that there’s a ton of competition (including from Amazon and eBay) that has not been harmed by Google’s own shopping service. Just look at the following graphs compiled using comScore data: Shopping Sites in Germany (unique visitors, ‘000s)Shopping Sites in France (unique visitors, ‘000s) Shopping Sites in the UK (unique visitors, ‘000s) It is the same story with travel–another very competitive vertical: Travel sites in Germany Source: ComScore MMX and Google data (for Google), desktop traffic, unique visitors (‘000s) We believe that the Commission will also open a formal investigation into Android tomorrow. This is just the start of a process and does not mean the EC will necessarily take action (for example they opened and closed an inquiry into iTunes a few years ago). We have a very strong case on Android as well: Android has lowered prices and increased choice for consumers (there are over 18,000 different devices available today); It’s an open-source operating system that can be used free-of-charge by anyone; We paid out over $7 billion in revenue over the past year to developers and content publishers; Consumers decide which apps they use and download on Android devices. Apps that compete directly with Google such as Facebook, Amazon, Microsoft Office, and Expedia are easily available to Android users; and Many of these apps come pre-loaded onto Android devices. Google apps, like Search, Maps, Gmail, and Google Play, are also available out of the box on many handsets. The recent Samsung S6 is a great example of this — there are pre-installed Facebook, Microsoft, and Google apps. All told, consumers have a lot of choice — and they are exercising it. And many, many other companies have very successful mobile businesses — including Apple, the most valuable (mobile) company in the world. Finally, we know the upcoming announcements will be distracting. But you can help in two ways. First, by not commenting on pending legal issues, internally or externally. And second, by focusing on what you all do best … building great products that serve our users and customers.