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Antitrust Ue, Google a rischio anche nella pubblicità online. Si tratta

Una nuova minaccia incombe sulla battaglia legale tra Google e l’Antitrust Ue. Questa volta nel mirino dei competitor è il possibile abuso di posizione dominante nelle tecnologie della pubblicità online, cuore di un mercato da 60 miliardi di dollari.

La società dovrà anche rispondere, entro il 17 agosto, dell’accusa di presunto abuso di posizione dominante nella ricerca online, dopo aver ricevuto lo scorso 15 aprile la ‘comunicazione di addebiti’ (Statement of Objections).

Ma adesso si apre un altro fronte, quello appunto dell’eAdvertising.

Negli ultimi mesi diverse compagnie – tra le quali OpenX e AppNexus, che è in parte controllata da WPP e Microsoft – sono state ricevute dalla Commissione europea. Al centro delle discussioni, il rischio che Google possa violare le leggi e soffocare la concorrenza in questo settore.

Parliamo della tecnologia usata da advertiser ed editori online per vendere e comprare pubblicità su internet, come i banner o i video adv che appaiono sui siti web.

Secondo alcune fonti sentite dal Financial Times, i competitors accusano Google di offrire contratti per la vendita dei suoi servizi che scoraggiano o impediscono ai clienti di rivolgersi ai concorrenti.

Queste società hanno presentato alla Ue una corposa documentazione a sostegno delle loro accuse ma non hanno ancora depositato una denuncia formale.

A Bruxelles, alcune fonti hanno confermato che la Commissione ha ricevuto informazioni ‘commerciali’ da alcune compagnie ma hanno precisato che non c’è alcuna indagine in corso specifica sulla tecnologia del digital advertising.

Google è diventato uno dei maggiori player del settore da quando nel 2007 ha acquistato DoubleClick per 3,1 miliardi di dollari.

La tecnologia del gruppo di Mountain View include un tool di acquisto per gli inserzionisti, un prodotto di ad-serving per gli editori e il cosiddetto Ad Exchange che aiuta entrambe le parti a comprare e vendere pubblicità in tempo reale sulla base delle informazioni sugli utenti internet in possesso di Google.

L’azienda ha sempre fornito pochi dettagli sulla misura delle sue diverse unità di business ma secondo le stime di Pivotal Research, lo scorso anno Google ha generato ricavi lordi pari a 49 miliardi di dollari: 3,6 miliardi da YouTube, 2,1 miliardi da DoubleClick e 6,9 miliardi da Google Display Network e altri prodotti display ad.

Nel 2013 la Federal Trade Commission ha aperto un’indagine antitrust sulle pratiche di Google riguardanti il display advertising.

Ben Edelman, professore associato alla Harvard Business School, che quest’anno ha pubblicato un documento sull’uso da parte di Google delle vendite abbinate o aggregate, ritiene che queste tattiche siano un fattore chiave di crescita della società.

Gli esperti di diritto europeo della concorrenza ritengono tuttavia che sarebbe molto complicato aprire un caso contro Google riguardante il mercato delle tecnologie di advertising, in quanto c’è carenza di dati sulle esatte dimensioni di questo settore e il possibile coinvolgimento di Google come attore dominante.

Net neutrality, banda larga e concorrenza la miglior ricetta

E Google è investita anche della questione che riguarda la net neutrality in Italia. Sull’argomento oggi a Roma in Commissione Trasporti della Camera è stata audita Giorgia Abeltino, responsabile Relazioni Istituzionali di Google Italy, convinta che per garantire la neutralità della rete, “la disponibilità di banda larga e la concorrenza sono la migliore ricetta”.

La top manager ha aggiunto: “Speriamo che il governo vada avanti sul progetto della banda larga anche perché aumentare la banda è indispensabile per ampliare il ritorno degli investimenti”.

La discussione sulla net neutrality “a livello europeo è già abbastanza avanzata – ha detto ancora Abeltino- e il contributo italiano al dibattito è stato fondamentale”.

Infine, la rappresentante di Google ha fatto presente come “ancora il 40% degli imprenditori italiani considerano internet non importante per la propria impresa, bisogna fargli capire che è invece il miglior modo per crearsi un mercato globale“.

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