Lo scontro tra Google e la Ue non sembra destinato a sedarsi in tempi rapidi dopo ben cinque anni di indagini. La società che aveva tempo fino ad agosto per rispondere alle accuse di posizione dominante sul mercato della ricerca online, ha preso una dura posizione contro la Commissione Ue, invitando l’esecutivo a indagare su altri servizi concorrenti come quello di Amazon o eBay.
Rispedite quindi al mittente tutte le accuse o quasi.
La Ue ha deciso lo scorso aprile di aprire un dossier anche su Android, il sistema operativo mobile di Big G sul quale aveva già aperto una procedura informale nel 2013. In ballo anche la posizione di Google sul mercato della pubblicità online.
Senza tralasciare che la compagnia è anche nel mirino della Ue per le pratiche utilizzate per bypassare il fisco.
In Italia, c’è un fascicolo aperto dalla Procura di Milano ed è di oggi la notizia riportata da Altreconomia che in 13 anni di attività Google ha pagato al fisco italiano solo 12 milioni di euro di tasse. Si tratta di un cifra minima rispetto al fatturato ‘reale’ dell’azienda, stimato in modo prudenziale dall’Agcom in circa 490 milioni nel solo ultimo esercizio. Secondo il mensile tra il 2002 e il 2014 la filiale del colosso del web ha corrisposto all’erario 12,08 milioni e realizzato, nello stesso periodo, utili ancor più bassi (10,6 milioni).
La replica di Google
Tornando all’indagine Ue, il 27 agosto, quattro giorni rispetto al tempo concesso dalla Ue, Google ha inviato una risposta scritta alla Commissione Ue in merito alla comunicazione di addebiti fatta recapitare da Bruxelles lo scorso 15 aprile.
In un post pubblicato sul suo blog ufficiale, Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel Google, chiarisce la posizione dell’azienda.
“La risposta che abbiamo inviato oggi spiega perché pensiamo che queste accuse siano ingiustificate e perché riteniamo che Google contribuisca a far crescere la scelta dei consumatori europei e offra opportunità ad altre società di tutte le dimensioni”.
Google dichiara di aver preso “seriamente le questioni sollevate nella comunicazione degli addebiti della Commissione Europea, secondo cui le nostre innovazioni sarebbero anticoncorrenziali“. Ma rilancia sostenendo “che tali affermazioni non siano corrette”. Secondo Google, le accuse della Commissione Ue sostengono che “mostrando gli annunci a pagamento dei commercianti, Google devii il traffico da altri servizi di shopping comparativo. Ma la comunicazione non supporta tale affermazione, non tiene in considerazione i significativi vantaggi per consumatori e inserzionisti e non indica una chiara base giuridica per collegare tali affermazioni alla soluzione proposta”.
“La nostra risposta – precisa Walker – fornisce prove e dati che dimostrano l’infondatezza delle questioni sollevate nella comunicazione. Abbiamo utilizzato analisi di traffico per replicare alle affermazioni secondo cui i nostri annunci e i nostri risultati organici specializzati avrebbero leso la concorrenza impedendo agli aggregatori di shopping di arrivare ai consumatori. Dati economici rilevati su un arco temporale di oltre un decennio, ampia documentazione e le dichiarazioni dei ricorrenti confermano che il settore della ricerca di prodotti online è altamente competitivo. Nella nostra risposta – ribadisce – dimostriamo che la comunicazione non è corretta perché non considera l’impatto di servizi di shopping online come Amazon ed eBay, che si sono ritagliati una fetta di traffico molto più grossa rispetto agli annunci di Google Shopping“.
Tre argomentazioni
La difesa di Google, almeno un centinaio di pagine non ancora rese pubbliche, si basa su tre argomentazioni.
Intanto i fatti che, per Walker, “provano che le preoccupazioni della Commissione sono infondate”.
Il traffico generato dai servizi di eCommerce, secondo Google, è aumentato di molto (227%) rispetto al periodo considerato dell’atto di accusa (2010-2014).
Inoltre, sempre nell’eCommerce, una fonte vicina al gruppo indica che “sono stati fatti molti investimenti. In quattro grandi Paesi della Ue si osserva la nascita di 300 nuove aziende” sempre negli anni presi in esame dalla Commissione.
Una prova, secondo Google, che non ha contribuito a frenare la concorrenza nonostante la sua enorme quota di mercato nella ricerca online che in Europa arriva al 90%.
Decisione entro Pasqua
Nei prossimi giorni inizierà il contradditorio. I diversi avvocati schierati da Google potranno difendere le loro argomentazioni di fronte la Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Ue che dovrà poi prendere una decisione finale che però, secondo alcune fonti di Bruxelles, non dovrebbe arrivare prima della prossima Pasqua che cadrà il 27 marzo.
Anche la Ue rischia
Google sa bene quanto rischia e forse per questo nelle scorse settimane ha avviato una riorganizzazione interna dell’azienda con la nascita di Alphabet, holding che controllerà tutte le divisioni della società, Google compresa.
Probabilmente un tentativo di andare incontro alle richieste del Parlamento Ue che nei mesi scorsi aveva chiesto a gran voce lo smembramento delle attività della compagnia per risolvere i problemi antitrust.
Al momento però questa mossa non è stata raccolta dalla Ue e la società teme soprattutto le conseguenze per la propria reputation che la procedura comporterebbe.
Ma non solo. L’Europa con il suo mezzo miliardo di consumatori è un mercato cruciale.
Se la Ue considerasse Google colpevole, la multa ammonterebbe a svariati miliardi di dollari, pari a circa il 10% del fatturato del gruppo e implicherebbe, soprattutto, il cambio di tutta la strategia aziendale.
Anche la Ue però rischia. Se dopo anni di indagine, la Commissione non dovesse riuscire a dimostrare che c’è stata un’effettiva violazione del diritto Ue, non ne uscirebbe granché bene.