L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha irrogato nei giorni scorsi una sanzione di 500 mila euro a Wind Tre per la pratica commerciale, ritenuta scorretta, consistente nell’aver ridotto il periodo di rinnovo da 30 a 28 giorni delle offerte di telefonia fissa e/o dati Infostrada prevedendo, a carico di coloro che volevano esercitare il diritto di recesso, l’addebito in un’unica soluzione del saldo delle rate residue nel caso di offerte abbinate alla vendita di prodotti (telefono o tablet o mobile Wi-Fi), oppure, nel caso di opzioni a durata minima, richiedendo il corrispettivo previsto per il recupero del costo del modem (pari a 40 euro) e/o dell’apparato denominato “Google Chromecast” (pari a 34,90 euro) dovuti in caso di cessazione anticipata per la violazione dei vincoli di durata, pari rispettivamente a 24 e 30 mesi.
“Una sentenza importante, che a causa del periodo ferragostano, è invece passata inosservata sugli organi di informazione. Un peccato, perché si rimarcano in modo molto chiaro i confini dello ius variandi”, ha dichiarato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Ora si spera che le compagnie telefoniche, che, come le banche, si aggrappano spesso sui muri pur di fare i loro comodi, interpretando le leggi a proprio uso e consumo, alla ricerca di cavilli e pretesti, comincino finalmente a rigare dritte, rispettando i già pochi ed insufficienti diritti che la legge riconosce ai consumatori”, ha proseguito l’avvocato Dona, che poi ha aggiunto: “Nella sentenza si ribadisce che le compagnie telefoniche non possono applicare addebiti, anche se questi sono regolarmente previsti dal contratto, nel momento in cui l’esercizio del diritto di recesso del consumatore rappresenta la conseguenza di una scelta unilateralmente imposta dal professionista che ha deciso autonomamente di modificare le condizioni contrattuali. In questo caso, anche se il cliente aveva sottoscritto un contratto, vincolandosi ad esempio per un certo numero di mesi, non si può considerare come se fosse inadempiente e non si possono prevedere aggravi economici a suo carico”.
“Insomma, il consumatore che non intende accettare le modifiche imposte unilateralmente dalla società, non deve essere indebitamente condizionato e deve avere la totale libertà di scelta di recedere”, ha concluso il presidente dell’UNC.