Concorrenza

Antitrust, la relazione di Pitruzzella e le insufficienze della politica

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Il presidente Pitruzzella ha dato chiavi di lettura forti sul ruolo della globalizzazione, sulla capacità dell’innovazione di distruggere in brevissimo tempo posizioni di rendita consolidate in decenni.

Il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella, ha presentato stamane la Relazione annuale al Parlamento. Un evento atteso, istituzionalmente rilevante, che consente di avere il polso del mercato, delle dinamiche della concorrenza, del grado di rispetto dei consumatori, della relazione tra apparati dello Stato.

Ma è anche un atto formale che permette di registrare elementi importanti sul ruolo delle istituzioni regolatorie, sulla loro capacità di vigilare, orientando in modo virtuoso le fisiologie del sistema, e di assicurare, attraverso l’attività sanzionatoria dei fenomeni patologici, la corretta evoluzione delle dinamiche tra domanda e offerta.

Il quadro che emerge da questa Relazione annuale non è tanto o solo quello dell’insieme delle attività istruttorie e sanzionatorie di un organismo regolatorio importante come l’Antitrust, ma è anche una lettura giuridica, economica, sociale e culturale del Grande Cambiamento tecnologico cui le nostre società sono sottoposte.

Si tratta di un processo strutturale, che non ha precedenti per intensità e velocità, e per il quale l’attività antitrust, orientata alla concorrenza, alla legalità, all’innovazione non traumatica, si pone come mitigatrice di stress attraverso il riconoscimento di regole certe per gli attori e per gli utilizzatori di prodotti e servizi.

Il presidente Pitruzzella ha dato chiavi di lettura forti sul ruolo della globalizzazione, sulla capacità dell’innovazione di distruggere in brevissimo tempo posizioni di rendita consolidate in decenni (monopoli costruiti in lunghi anni possono saltare in pochi mesi) e sull’effetto di tali fenomeni nella redistribuzione del benessere sociale che deve caratterizzare ogni evoluzione della società.

Un modo, si potrebbe osservare, inusuale di guardare al mercato, ma che ha arricchito il resoconto delle attività di un organismo regolatorio così rilevante con un’analisi dei fenomeni che stanno traghettando il mondo (e l’Italia) da un sistema economico ad un altro, un passaggio in cui la tradizionale dinamica tra vinti e vincitori di un “unico campionato” viene aggredita dall’ingresso di nuovi soggetti inaspettati che danno luogo a rotture di modelli di business preesistenti, ad abbassamenti impensabili dei prezzi, a nuove modalità di consumo, alla definizione di nuovi ranking internazionali tra nazioni.

Tuttavia, la relazione del presidente Pitruzzella ci è sembrata ancor più rilevante, almeno dal nostro punto di vista, non tanto e non solo per il peso degli interventi effettuati nel periodo di riferimento quanto per un dato implicito: quello della insufficienza della politica.

Peso, ruolo, autorevolezza, vision dell’Antitrust italiano indicano in modo indiretto (e involontario) una carenza della politica, una difficoltà dei nostri decisori politici di stare al passo con il loro tempo, di maneggiare con accortezza, competenza (e aggiungerei curiosità) le chiavi di lettura del cambiamento, un requisito senza il quale ogni decisione normativa rischia di morire ancor prima di essere approvata.

Il nostro è un paese vecchio e lento. E la politica deve darsi una mossa. Impensabile che le nostre autorità regolatorie, per quanto illuminate, per quanto portatrici di buone pratiche a livello europeo possano surrogare le altrui carenze.

A giorni avremo la relazione annuale del Garante Privacy e subito dopo quella dell’AgCom.

Non temiamo di riscontrare lo stesso fenomeno. Ne siamo certi.

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