Questo non è un articolo che punta a sostenere le ragioni dei no-euro, ma i numeri sono numeri. La grafica sopra mostra l’andamento del Pil negli anni passati e le previsioni per il futuro dei Paesi europei. L’andamento è stato diviso in due sezioni: l’andamento del Pil dei Paesi che fanno parte dell’Europa e l’andamento del Pil dei Paesi che hanno adottato l’euro.
L’andamento del Pil dei Paesi con l’euro
E’ lampante che sia nel passato sia per quanto riguarda le previsioni future al 2027 i Paesi che hanno adottato l’euro crescono sempre meno rispetto a quelli che non l’hanno adottato. Peggio: quando l’economia subisce un calo, come il tracollo del 2020 dovuto all’epidemia da Coronavirus i Paesi con l’euro in tasca scendono di più degli altri. Proprio in quel terribile 2020 i Paesi senza euro hanno visto la propria attività economica calare del 5,59% rispetto all’anno precedente, quelli con l’euro hanno visto un crollo del 6,09%. E quando il Pil cresce quelli con l’euro crescono meno. E’ successo nel 2017 (+3,01% rispetto a un +2,62%) nel 2018 (+2,21% rispetto a un +1,79) e nel 2019 (+2,01% rispetto a un +1,59%). Ed è successo anche gli anni successivi compreso quest’anno.
L’andamento del Pil nel 2023
Nel 2023 l’andamento del Pil dei Paesi senza euro dovrebbe vedere una crescita rispetto all’anno precedente di poco più dello 0,6% mentre quelli con l’euro si fermeranno allo 0,5%. Stiamo parlando, ovviamente di decimali, ma la regola è confermata: l’andamento del Pil è peggiore. Bisogna anche aggiungere che queste previsioni del Fmi sono smentite dalle previsioni della Commissione europea secondo la quale quest’anno l’andamento del Pil dei Paesi dell’eurozona sarà superiore dello 0,1% rispetto ai Paesi europei con la valuta nazionale. In termini percentuali stiamo parlando dello 0,9% rispetto allo 0,8%. Sempre la Commissione europea conferma, invece, che nel 2024 l’eurozona crescerà meno: 1,5% rispetto a un +1,6% degli “altri”.
Con l’euro impossibili le svalutazioni competitive
Se per il futuro le previsioni possono essere smentite (è successo molte volte, anche riguardo l’andamento del Pil dell’Italia) per il passato i numeri sono incontrovertibili. A fronte dei quali si possono mettere sull’altro piatto della bilancia il fatto che i Paesi che hanno adottato l’euro possono contare su una banca centrale comune che impedisce una concorrenza “sleale” tra i Paesi aderenti che non possono svalutare la propria moneta nazionale per rendere i prodotti più convenienti sui mercati internazionali contando su un minor valore valutario e, quindi, più convenienti rispetto a quelli di altri Paesi.
Il commercio internazionale con l’euro
Aggiungiamo anche che il fatto che avere una moneta unica forte e stabile agevola le esportazioni internazionali. E si potrebbero aggiungere mille altre considerazioni, ma il fatto è che i numeri dell’andamento del Pil sono impietosi. Tra l’altro l’impossibilità di svalutare la moneta per rendere le merci più convenienti sui mercati internazionali ha impattato soprattutto sull’economia italiana dato che prima dell’euro quella di svalutare la lira (chiamata “liretta”) era una pratica adottata periodicamente che da una parte dava fiato all’economia, dall’altra esponeva il Paese al rischio di inflazione e, soprattutto, “faceva credere” alle imprese italiane di essere competitive mentre erano solo meno costose. Con la conseguenza di una scarsa spinta all’innovazione dei prodotti.
I rischi dell’unione monetaria (come nel 2008)
L’adozione dell’euro ha portato anche a una maggiore interconnessione tra le economie dei paesi membri. Questo significa che le crisi finanziarie o economiche in un paese possono avere un impatto negativo sull’intera zona euro. Questo è stato evidente durante la crisi finanziaria del 2008, quando i paesi membri più deboli hanno subìto le conseguenze delle difficoltà finanziarie di altri paesi della zona euro. Quella crisi del 2008, partita dal crack dei mutui subprime americani, ha avuto un impatto significativo sull’economia italiana, portando a una contrazione del Pil del 5% nel 2009. La ripresa è stata lenta e difficile, con un tasso di crescita medio annuo inferiore all’1% fino al 2015.
I Paesi dell’eurozona e quelli che hanno detto no
E’ utile ricordare quali sono i Paesi che fanno parte dell’uno e dell’altro gruppo di Stati presi in considerazione. I Paesi che hanno adottato l’euro sono 20: Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna. Quelli che invece che fanno parte dell’Unione europea ma non hanno la moneta comune sono 6: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia.
L’andamento del Pil dell’Italia nel 2023
A questo proposito, quale sarà l’andamento del Pil italiano nel 2023? In questo caso dobbiamo affidarci alle previsioni economiche della Commissione europea secondo la quale il Pil dell’Italia crescerà dell’1% nel 2023 molto, molto di più di quanto riuscirà a fare la Germania che dovrebbe crescere appena dello 0,2%. Il problema arriverà nel 2024: sempre secondo la Commissione europea l’Italia crescerà dello 0,8% rispetto a una media dell’eurozona del +1,5%. Nel 2024 Berlino dovrebbe avere un andamento dell’economia accelerato: più 1,3%.
L’inflazione calerà di più nell’eurozona
E l’inflazione? Il picco sembra essere stato superato, dopo aver raggiunto il massimo storico del 10,6% a ottobre 2022. Nella Ue l’inflazione dovrebbe scendere dal 9,2% nel 2022 al 6,4% nel 2023 e al 2,8% nel 2024. Nella zona euro dovrebbe scendere dall’8,4% nel 2022, al 5,6% nel 2023 e al 2,5% nel 2024. Anche in questo caso i numeri dei Paesi con l’euro sono inferiori rispetto a quelli che hanno mantenuto le monete nazionali. E questa volta non è un male.
I dati si riferiscono al: 2017-2027
Fonte: Commissione europea, Fmi