Amnesty International denuncia la complicita’ indiretta dell’Ue nel traffico di migranti
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – I governi dei Paesi membri dell’Unione europea (Ue) sono complici delle torture e degli abusi commessi su decine di migliaia di rifugiati e migranti detenuti il Libia dalle autorita’ locali in condizioni inumane e spaventose. Esordisce cosi’ l’articolo del quotidiano spagnolo “La Vanguardia” che cita un rapporto stilato dall’organizzazione non governativa Amnesty International in cui si denunciano le politiche di immigrazione adottate dall’Ue e concordate con le autorita’ libiche, in prevalenza corrotte, per frenare il flusso di migranti e rifugiati attraverso il Mediterraneo centrale. In Italia infatti, il flusso di arrivi e’ calato del 67 per cento tra luglio e novembre del 2017 rispetto all’anno precedente. “Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono in balia dei libici autorita’, milizie, gruppi armati e trafficanti che spesso lavorano a stretto contatto per ottenere benefici economici”. Lo ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Amnesty International per l’Europa. “L’Ue e i suoi stati membri, in particolare l’Italia, hanno raggiunto il proprio obiettivo di limitare il flusso di rifugiati e migranti attraverso il Mediterraneo” senza pensare alle conseguenze, aggiunge Dalhuisen che conclude come “gli stati membri dell’Ue si sono impegnati a una serie di accordi di cooperazione con le autorita’ libiche responsabili di gravi violazioni dei diritti umani”.
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Bolivia: causa con Cile, ex presidente Mesa confermato portavoce governo nonostante critiche a Morales
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Nonostante le posizioni di aperta critica nei confronti del governo di Evo Morales, l’ex presidente boliviano Carlos Mesa e’ stato confermato come portavoce di La Paz nella causa territoriale aperta con il Cile. Alvaro Garcia Linera – il vicepresidente che in queste ore sostituisce Morales in trasferta – ha confermato l’incarico a Mesa nonostante nelle ultime settimane molte voci della maggioranza ne avessero chiesto le dimissioni. “Il signor Carlos mesa continua ad essere il portavoce della causa territoriale. Ha svolto un lavoro molto importante a livello internazionale, continua a svolgere la sua missione e la svolgera’ fino a quando il presidente decidera’ che e’ finita”, ha detto Garcia Linera citato dalla stampa locale. A inizio giornata il quotidiano “El Diario” aveva pubblicato una dichiarazione del ministro degli Esteri Fernando Huanacuni nella quale sosteneva che la Bolivia non avrebbe rinunciato all’incarico dal momento che la causa in corso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja era entrata in una fase che non richiedeva la presenza di un portavoce. Molte erano state nelle ultime settimane le critiche rivolte all’ex capo di stato che aveva tra le altre cose partecipato alle manifestazioni contro i tentativi del partito di maggioranza – poi andati a buon fine – di ottenere la possiblita’ di ricandidare Morales a un quarto mandato alla guida del paese. Mesa e’ stato anche accusato di aver promosso l’astensionismo in occasione delle elezioni per il rinnovo delle cariche giudiziali, tenuto a inizio del mese.
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Usa, il democratico Doug Jones si aggiudica l’elezione per il Senato in Alabama
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Il democratico Doug Jones, ex procuratore protagonista di una campagna elettorale dalla marcata impronta ideologica, si e’ aggiudicato un seggio al Senato federale nella roccaforte repubblicana dell’Alabama, approfittando delle accuse sinora non sostanziate di molestie sessuali ai danni del suo avversario conservatore, Roy Moore, che risalirebbero a 40 anni fa. Proprio a causa di queste accuse, che si inseriscono in un vasto scandalo nazionale partito da Hollywood, ed estesosi ai media e alla politica, Moore era stato abbandonato dal suo partito – eccezion fatta per il presidente Usa, Donald Trump – nonostante la maggioranza gia’ esigua di cui i Conservatori godono al Senato federale. La vittoria di Jones e’ la prima di un democratico nello Stato dell’Alabama da 25 anni a questa parte, e riduce la maggioranza repubblicana alla Camera alta a soli 51 senatori contro 49, assestando un ulteriore colpo all’agenda legislativa di Trump – gia’ osteggiata dal suo stesso partito – aprendo al contempo la porta a un ribaltamento degli equilibri politici al Senato in occasione delle elezioni di medio termine, che si terranno il prossimo anno. Trump si e’ congratulato con il candidato democratico su Twitter. Assistito dalle accuse al suo avversario e dai mutamenti demografici in corso nell’Alabama, cosi’ come in molti altri Stati dell’Unione tradizionalmente conservatori, Moore ha condotto una campagna rivolta alle minoranze ispanica e afroamericana, oltre che alle donne. Determinante per il successo della sua candidatura, stando alle proiezioni, e’ stato il sostegno delle gia’ citate minoranze demografiche e della popolazione urbana piu’ benestante.
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Nato, Stoltenberg confermato segretario generale per due anni
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg rimane in carica. Gli Stati dell’Alleanza hanno esteso all’unanimita’ il mandato del funzionario norvegese per altri due anni. Il mandato sarebbe scaduto, dopo quattro anni, nel settembre del prossimo anno. Stoltenberg e’ stato segretario generale dell’Alleanza militare dal 1° ottobre 2014. Il governo federale tedesco si era gia’ espresso la scorsa settimana per un’estensione del suo mandato. Il ministro della Difesa, la cristiano democratica Ursula von der Leyen (Cdu) e il ministro degli Esteri, il socialdemocratico Sigmar Gabriel (Spd), hanno espresso pubblicamente il loro apprezzamento nei confronti del segretario. “Ha fatto un ottimo lavoro di modernizzazione della Nato e di adeguamento delle sue strutture alla mutevole situazione della sicurezza”, ha affermato il politico della Cdu. Gabriel ha sottolineato che Stoltenberg ha guidato l’Alleanza “in una fase difficile con successo e con una bussola chiara. Cio’ non solo in relazione alla Russia, ma anche al fine di rafforzare la cooperazione tra la Nato e la Ue”, ha affermato Gabriel. Secondo il “Der Spiegel”, a Stoltenberg potrebbe succedere proprio la von der Leyen.
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La privacy dei cittadini Ue negli Stati Uniti e’ a rischio
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Le autorita’ europee per la protezione dei dati, riunite nel cosiddetto gruppo dell’Articolo 29, hanno criticato l’accordo sulla protezione dei dati che la Commissione dell’Unione europea ha siglato con gli Stati Uniti circa un anno fa. Il timore e’ che la privacy dei cittadini europei non sia tutelata a sufficienza. Il gruppo chiede alla Commissione europea di rinegoziare lo scudo per la privacy e minacciano di portare la questione davanti alla Corte di giustizia europea (Cge) se necessario. Lo ha dichiarato il garante della privacy della Germania, Andrea Vosshoff. “Ora spetta alla Commissione europea sviluppare lo scudo per la privacy nei negoziati con gli Stati Uniti”, ha affermato Vosshoff. Lo screening della privacy e’ operativo da oltre un anno e mira a garantire che i dati dei cittadini dell’Unione negli Stati Uniti abbiano un livello di protezione simile a quello della Ue. Questa richiesta e’ stata formulata dalla Corte di giustizia europea nel 2015. Il verdetto ha annullato il precedente regolamento denominato “Safe Harbor”, che non avrebbe tutelato i cittadini Ue dalla sorveglianza di massa di autorita’ Usa come l’Nsa. Il patto proposto dal Commissario europeo Vera Jourova e’ stato criticato fin dall’inizio, anche se quest’ultima ha dichiarato a “Der Spiegel” di essere soddisfatta delle revisioni operate sinora. Nel frattempo, secondo la Ue, 2.400 aziende sono state certificate per il nuovo quadro di tutele. L’elenco delle aziende certificate include un numero di grandi aziende tecnologiche come Amazon, Google, Tesla e Facebook.
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Usa, parlamentari repubblicani vicini a trovare un accordo sulla riforma fiscale
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – I parlamentari del Partito repubblicano statunitense (Gop) sono vicini a trovare un accordo per armonizzare i due diversi provvedimenti in tema fiscale della Camera dei rappresentanti e del Senato e potrebbero, secondo quanto riferisce il quotidiano “New York Times”, licenziare un testo unico gia’ la prossima settimana. La commissione bipartisan terra’ una sua riunione pubblica mercoledi’ 13 dicembre nel pomeriggio; un’occasione nella quale repubblicani e democratici potranno ulteriormente dibattere i meriti dei tagli fiscali fissati in 1,5 trilioni di dollari, ma e’ improbabile che la traiettoria della riforma verra’ alterata. I repubblicani tirano dritto e velocizzano il processo di approvazione incuranti delle critiche dell’opposizione che la riforma non favorisce la classe media, ma esclusivamente i ricchi e che getta le basi per una serie di scappatoie che potranno essere sfruttate dalle grandi aziende e dagli statunitense benestanti. I nodi ancora da sciogliere tra i due provvedimenti ruotano attorno al tetto posto dalla Camera sulle detrazioni degli interessi per i mutui, il mantenimento o meno della minimum tax per le aziende e se confermare al 20 per cento l’aliquota per le grandi imprese. Tra gli aspetti politicamente rilevanti c’e’ anche la questione della detrazione delle tasse locali e statali, conosciuta come “Salt”, che al momento e’ stata fissata per le tasse immobiliari da entrambi i rami del Congresso ad un tetto di 10.000 dollari. I repubblicani, che continuano a cercare una soluzione, rischiano di aumentare le tasse ad ampie fasce di elettori della classe media. I parlamentari sono vincolati dal mantenere il costo totale della riforma a 1,5 trilioni di dollari e per farlo potrebbero essere costretti a rinunciare ad un ridimensionamento del “Salt”. L’11 dicembre il dipartimento per il Tesoro ha pubblicato un’analisi che mostra che la riforma fiscale si finanzierebbe da sola, a patto che la media della crescita economica si mantenga al 2,9 per cento l’anno per dieci anni e che ulteriori politiche economiche dell’amministrazione Trump non incontrino ostacoli. La maggior parte degli economisti ritiene irrealistico un tasso cosi’ alto di crescita. Ieri, anche l’Europa e’ intervenuta sulla riforma fiscale Usa. I ministri economici di Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia hanno recapitato una lettera al ministro del tesoro di Washington (Steven Mnuchin) dove esprimono “preoccupazioni significative” per la riforma fiscale in discussione negli Stati Uniti. “C’e’ il rischio di un importante impatto distorsivo sul commercio internazionale” hanno scritto, nonche’ la violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, dell’intesa Ocse-Beps sull’erosione della base imponibile e sulla doppia tassazione. Si tratta delle stesse preoccupazioni della Cina che gia’ sta lavorando ad una ritorsione a colpi di interventi valutari. La riforma statunitense e’ nota soprattutto per la riduzione dell’aliquota della tassa sugli utili aziendali dal 35 al 20 per cento. Ma ci sono anche due norme che rispondono alla politica di “America First” per impedire la delocalizzazione delle produzioni Usa negli altri paesi, ostacolare l’importazione di componenti prodotti in madrepatria da parte di aziende impiantate negli Usa e frenare l’industria finanziaria straniera o le stesse multinazionali in chiave anti erosione fiscale. La contestazione dei cinque paesi europei riguarda le due versioni di “border tax”: quella uscita dalla Camera dei rappresentanti, piu’ dura, l'”excise tax” e quella del Senato, piu’ morbida, la “beat tax” (base erosion anti abuse tax). L’excise tax e’ una vera e propria barriera al commercio internazionale e costringerebbe le aziende straniere o statunitensi, ma collocate all’estero, a pagare le tasse sia nel paese di produzione sia negli Usa. Tasse che sarebbero pari al 20 per cento del fatturato delle componenti o dei beni importati, meno pesante quella uscita dal Senato, la “beat tax” che colpisce la finanza con una tassa minima del 10 per cento sui trasferimenti finanziari intragruppo e impedisce la deducibilita’ degli interessi passivi. La norma introdurrebbe una doppia tassazione e favorirebbe banche e assicurazioni americane. Le conseguenze per le aziende italiane sarebbero minime in quanto quelle che operano negli Stati Uniti sono di dimensioni medio-piccole e dunque rischiano meno di essere colpite perche’ si trovano sotto i 500 milioni di fatturato, la soglia minima sopra la quale s’incappa nelle nuove normative.
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Brexit, il calo della sterlina ha spinto l’inflazione sopra il 3 per cento
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – L’inflazione in Gran Bretagna e’ balzato oltre la barra del 3 per cento per la prima volta da sei anni, spegnendo le speranze di una tregua per le famiglie in vista del Natale: lo scrive il quotidiano “The Times” commentando i dati diffusi ieri martedi’ 12 dicembre dall’Office for National Statistics; nello scorso mese di novembre i prezzi al consumo sono saliti del 3,1 per cento su base annua, il livello piu’ alto dal marzo del 2012. Particolarmente spiccato e’ stato il rialzo dei costi dei prodotti alimentari, dei biglietti aerei e dei videogiochi; ma ad alimentare la fiammata inflazionistica, secondo il giornale inglese, e’ soprattutto il deprezzamento della sterlina seguita al referendum sulla Brexit. Al momento del voto nel giugno del 2016, infatti, il livello di inflazione nel Regno Unito era di appena lo 0,5 per cento. Un aumento dell’indice dei prezzi, superiore di un intero punto percentuale all’obbiettivo del 2 per cento stabilito dalla Banca d’Inghilterra, significa che il governatore Mark Carney dovra’ spiegare per iscritto al cancelliere allo Scacchiere Philip Hammond le ragioni di questo rilevante scostamento: l’ultima volta che Carney ha dovuto farlo e’ stato nell’ottobre del 2016, quattro mesi dopo il referendum per la Brexit, quando l’inflazione era salita allo 0,9 per cento annuo. Il board della Banca d’Inghilterra si riunira’ domani giovedi’ 14 dicembre per la sua riunione mensile: i mercati si aspettano che non vengano ritoccati i tassi di interesse, dopo l’aumento dello 0,5 per cento deciso lo scorso mese. L’Ufficio nazionale di statistiche diffondera’ oggi i dati di novembre sull’occupazione e su salari e stipendi: tutti gli analisti si aspettano che i dati confermino come per il settimo mese consecutivo le paghe medie siano rimaste indietro rispetto ai prezzi, confermando il trend che sta comprimendo il livello di vita delle famiglie britanniche. Secondo un rapporto redatto dal centro studi della Resolution Foundation, citato dal “Times”, il potere di acquisto di salari e stipendi non tornera’ prima del 2025 ai livelli precedenti alla crisi finanziaria del 2008. Il livello di inflazione ha ovviamente innescato una serie di prese di posizione politiche: il leader del Partito liberal-democratico, Sir Vince Cable, ha stigmatizzato che “il costo del Natale e’ balzato in alto per milioni di famiglie” e ne ha addossato la colpa al governo conservatore. Da parte dell’esecutivo gli ha risposto il sottosegretario alle Finanze Mel Stride, che ha ammesso come “attualmente le famiglie stiano soffrendo la stretta”; ma poi ha rivendicato la bonta’ delle misure adottate nella Legge di bilancio presentata in autunno: “Proprio con l’intenzione di aiutare chi e’ in difficolta’”, ha detto, “abbiamo deciso di abbassare le tasse sul reddito e di congelare le accise sui carburanti e gli alcolici”.
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Il presidente del Consiglio italiano Gentiloni a favore di un trattato commerciale Ue-Gb “tagliato su misura”
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – L’Italia propone all’Unione europea di offrire alla Gran Bretagna un “accordo tagliato su misura” per i futuri rapporti commerciali dopo la Brexit: lo riferisce oggi mercoledi’ 13 dicembre il quotidiano economico britannico “Financial Times”, che qualifica la proposta italiana come “un gesto a favore del Regno Unito” in un momento in cui invece l’Ue sta irrigidendo la propria posizione nei negoziati sulla Brexit. “E’ necessario un modello tagliato su misura per i futuri rapporti tra la Gran Bretagna e l’Unione europea”, ha detto Gentiloni in un’intervista rilasciata a Roma in occasione del primo anniversario del suo governo; “anche se”, ha aggiunto, “tocca ai britannici fare il primo passo per mostrare a quale livello di future relazioni essi ambiscano dopo il divorzio”. L’enfasi posta dal premier italiano su un modello di trattato commerciale diverso dai precedenti e’, secondo il “Financial Times”, in aperto contrasto con l’atteggiamento dei funzionari di Bruxelles, i quali hanno posto alla Gran Bretagna solo due scelte: rimanere nel mercato comune pur non facendo parte dell’Ue, come la Norvegia; oppure cercare di ottenere un trattato di libero scambio come quello recentemente raggiunto dall’Europa con il Canada. “Certo possiamo prendere come riferimento i modelli di accordi raggiunti con paesi extra-Ue come se ci trovassimo di fronte a una pagina bianca, a una tabula rasa; ma qui ci troviamo davanti a una situazione opposta”, ha detto Gentiloni: “Si tratta invece di sottrarre alcuni aspetti a una struttura vecchia di 40 anni di straordinarie relazioni, e questa e’ un’operazione obiettivamente senza precedenti e molto piu’ complicata”. Funzionari della presidenza del Consiglio sentiti dal “Financial Times” hanno frenato, spiegando che Gentiloni non intende differenziare la posizione dell’Italia dal resto dell’Ue, bensi’ solo sottolineare come per i futuri rapporti con la Gran Bretagna ci sia a disposizione una vasta gamma di opzioni intermedie tra il “modello Norvegia” e il “modello Canada”. Tuttavia, fa notare il giornale britannico, il tono delle parole del premier italiano e’ decisamente meno duro e assai piu’ pragmatico degli altri paesi europei nei confronti della Gran Bretagna: “Io credo”, ha dichiarato Gentiloni, “che sarebbe un errore da parte dell’Europa, e ovviamente anche da parte dell’Italia, dire sin da adesso che il modello dei futuri accordi debba essere questo o quello”.
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Francia, vertice del G5 Sahel a Parigi per trovare i fondi necessari
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Ampio spazio sulla stampa francese al vertice previsto per oggi nel castello della Celle Sant Cloud, poco fuori Parigi, sul G5 Sahel, il dispositivo militare congiunto tra cinque paesi dell’Africa occidentale (Mali, Burkina Faso, Ciad, Niger e Mauritania) volto a contrastare la minaccia terroristica. Il vertice di oggi vedra’ la partecipazione della cancelliera tedesca Angela Merkel, del premier Paolo Gentiloni, dei rappresentanti delle istituzioni internazionali e dei leader dei paesi africani coinvolti nel progetto. Una prima tappa prima della conferenza a Bruxelles necessaria per raccogliere i finanziamenti necessari per lanciare il progetto. “Les Echos” ricorda che Parigi e’ impegnata nella regione sahelo-sahariana con l’operazione Barkhane, che impiega 4mila militari per un costo complessivo che supera un milione di euro al giorno. Una presenza impegnativa per le casse della Difesa francese, che spera di passare al piu’ presto il testimone nelle mani del nuovo dispositivo africano. Parigi spera che la forza congiunta divenga operativa entro il primo trimestre de 2018. Fondamentale in tal senso e’ il sostegno logistico fornito dai francesi. Secondo “Le Figaro” l’autonomia operativa de G5 Sahel e’ ancora “virtuale”. Il quotidiano afferma che il governo francese punta a cominciare il ritiro delle sue truppe gia’ nel 2019, mentre “Les Echos” afferma che “per il momento e’ troppo presto” lasciare i dispositivo militare africa agre in autonomia.
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Clima, il presidente Macron lancia la mobilitazione al finanziamento
13 dic 10:58 – (Agenzia Nova) – Nel corso del “One planet summit”, il vertice internazionale sul clima tenutosi ieri a Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto appello a una maggiore “mobilitazione” per sostenere i progetti volti a favorire la transizione energetica e a lottare contro il riscaldamento globale. Ne parla la stampa francese, sottolineando che nel corso della giornata ci sono stati alcuni importanti annunci. “Les Echos” afferma che la scelta presa dal presidente statunitense Donald Trump di abbandonare gli accordi di Parigi ha avuto l’effetto di attirare moti attori economici del suo paese, come banche, fondi pensioni o assicurazioni. Nonostante questo, Macron ha affermato che “si sta perdendo la battaglia”, in quanto gli accordi sul clima restano “fragili” a causa della defezione statunitense. “Le Figaro” parla di “assenze pesanti”all’iniziativa di ieri, vista la mancata partecipazione della cancelliera tedesca Angela Merkel o la delegazione cinese rappresentata solamente dal vice primo ministro. Il quotidiano sottolinea l’impegno di Macron, che “prosegue i sui sforzi per prendere la guida della lotta mondiale per il clima”.
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