Nasce il Fondo per gli investimenti in sostenibilità ambientale delle amministrazioni centrali. Istituito dal Governo e inserito in manovra dal Ministero dell’Economia, potrà contare su risorse pari a 22,3 miliardi di euro in 15 anni, dal 2020 al 2034.
Il Fondo servirà al progetto nazionale Green new deal per promuovere azioni dedicate alla protezione ambientale, all’economia circolare, alla riduzione delle emissioni inquinanti e alla decarbonizzazione dell’economia. Nel 2020 saranno attivati i primi 685 milioni di euro.
In questo modo, si legge nella sintesi dell’Ecobilancio allegato alla manovra e riportata dall’Ansa, gli investimenti in protezione ambientale sono quasi raddoppiati, “passando da poco meno di 2,4 miliardi del 2019 a circa 4,5 miliardi del prossimo anno, lo 0,8% della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato, dovuto principalmente ai fondi anti-dissesto idrogeologico e per il Green new deal”.
Una misura pensata per l’ambiente e per la collettività, con il 65% delle risorse che sarà dedicato alla tutela del suolo e delle acque, a cui però va affiancato necessariamente un percorso culturale che consenta ai cittadini di conoscere meglio le dinamiche del clima e delle sue anomalie, e che concorra a sviluppare nuovi modelli comportamentali e stili di vita più virtuosi.
È bene ricordare, comunque, che per rispettare l’Accordo di Parigi l’Italia deve impegnarsi molto di più nella riduzione delle sue emissioni di gas serra. Nel nostro Paese non diminuiscono dal 2014: nel 2018 sono state 426 Mt di CO2 eq, erano 428 Mt nel 2017 e circa 426 Mt nel 2014.
A livello di Unione europea, nel 2017 sono state ridotte le emissioni di gas serra di oltre il 23% rispetto a quelle del 1990.
In base ai dati contenuti nella “Relazione sullo stato della green economy 2019”, nel 2017, le anomalie climatiche hanno causato nel mondo 712 eventi meteorologici estremi, con perdite economiche per 326 miliardi di dollari, quasi il triplo del 2016.
Più di 140 milioni persone potrebbero diventare nuovi migranti climatici, cui si devono aggiungere le migrazioni interne dovute a eventi estremi come inondazioni o cicloni (oltre 24 milioni di persone già nel 2016).
La desertificazione, già oggi, colpisce in 100 paesi circa 1 miliardo di persone e il 25% della popolazione mondiale rischia di non avere acqua a sufficienza, mentre entro il 2030 si conteranno ulteriori 250 mila morti l’anno per malnutrizione, malaria e ondate di calore.
Bisogna investire di più sull’energia pulita, ma secondo la Relazione lo sviluppo delle fonti rinnovabili è troppo lento: “nel 2018 hanno fornito solo il 26% dell’elettricità globale e soddisfatto solo il 10% della domanda di raffreddamento e riscaldamento. La penetrazione delle rinnovabili nei trasporti è ancora marginale: il 3,3% nel 2018. Gli investimenti in rinnovabili nel 2018 sono stati dell’11,5% in meno rispetto al 2017”.
D’altronde, è lo stesso sistema energetico mondiale, prettamente basato sui combustibili fossili, che sta cambiando troppo lentamente: “il consumo di energia, infatti, è cresciuto del 2,9%, il massimo dal 2010 ed è stato soddisfatto per lo più dall’utilizzo di combustibili fossili, in particolare il consumo di petrolio è cresciuto dell’1,5% e quello di carbone dell’1,4%”.