Concorrenza

Amazon accusata di ‘monopolio illegale’, guanto di sfida dell’Antitrust Usa

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Di fatto, Amazon è accusata di mantenere illegalmente il suo predomino nell’eCommerce attraverso pratiche scorrette.  

L’autorità antitrust americana, Federal trade commission (Ftc) e 17 stati a stelle e strisce hanno depositato una denuncia a carico di Amazon, martedì 26 settembre, mettendo sul banco degli imputati il gigante dell’eCommerce per le sue “strategie anticoncorrenziali e sleali”.

Di fatto, Amazon è accusata di mantenere illegalmente il suo predomino nell’eCommerce attraverso pratiche scorrette.  

Atteso da lungo tempo, questo attacco frontale all’azienda di Jeff Bezos è particolarmente significativo nel quadro del contrasto in essere fra gli stati Usa e i grandi player della rete.

Uno dei punti di partenza del movimento a favore di una riforma della dottrina antitrust negli Stati Uniti, e della fine di un certo approccio laissez-faire alla concorrenza, è un articolo accademico scritto nel 2017, a proposito di Amazon, da Lina Khan, l’attuale presidente della FTC, mentre era studente.

Da allora, questa forte oppositrice dello strapotere delle Big Tech – Amazon, Google, Apple, Meta, Microsoft, ecc. – è stata il fulcro dell’aggressivo rapporto pubblicato nel 2020 dai rappresentanti democratici su questi giganti, a favore della modifica delle leggi antitrust in vigore.

“Non sono in questione le dimensioni di Amazon”, scrive la FTC in un comunicato, ma i suoi “metodi illegali”. “Amazon sta sfruttando il suo potere monopolistico per arricchirsi, facendo salire i prezzi e degradando i servizi per le decine di milioni di famiglie americane che fanno acquisti sulla sua piattaforma e per le centinaia di migliaia di aziende che dipendono da Amazon per vendere i loro prodotti”, sostiene Lina Khan.

Venditori terzi svantaggiati

Nel suo ragionamento giuridico, la FTC rimprovera in primo luogo ad Amazon di impedire ai venditori terzi di proporre i loro prodotti sulla piattaforma a prezzi più bassi di quelli praticati altrove su altri canali distributivi. Se lo fanno, l’azienda fondata da Jeff Bezos li “punisce” rendendo i loro prodotti “invisibili”.

Allo stesso tempo, continua l’autorità, Amazon impone costi elevati ai venditori del suo sito di e-commerce, poiché ormai assorbe in media “quasi il 50%” delle loro vendite. Secondo la società Marketplace Pulse, oltre alla commissione dall’8% al 15%, ora ci sono commissioni dal 20% al 35% per l’utilizzo dei servizi di stoccaggio e consegna di Amazon e fino al 15% di spese pubblicitarie per essere più visibili nei risultati di ricerca. Nel 2016 questo totale non ha superato il 35%.

Inoltre, la FTC critica Amazon per aver “condizionato” l’ottenimento della cruciale etichetta Prime (segnalando prodotti che possono essere consegnati rapidamente, attraverso il programma fedeltà del gruppo) all’utilizzo dei suoi servizi logistici, cosa che renderebbe “più costoso” per i venditori offrire i propri prodotti su altri canali. Il gigante dell’e-commerce è anche sospettato di “favorire” i propri prodotti nei risultati di ricerca, a scapito dei venditori terzi.

Amazon, La FTC si è allontanata dalla sua missione

Non sorprende che Amazon contesti questa accusa: “La FTC si è radicalmente allontanata dalla sua missione di proteggere i consumatori e la concorrenza. Le pratiche contestate ci hanno permesso di stimolare la concorrenza e l’innovazione nel commercio al dettaglio, permettendoci di ampliare la portata dell’offerta, abbassare i prezzi e abbreviare i tempi di consegna per i clienti Amazon, e di offrire maggiori possibilità alle numerose aziende che vendono sul suo store. Se la FTC avesse la meglio, ridurrebbe la scelta dei prodotti, aumenterebbe i prezzi e allungherebbe i tempi di consegna, riducendo al contempo le possibilità per le piccole imprese”, ha assicurato in un comunicato stampa David Zapolsky, vicepresidente senior, Global public policy e General counsel di Amazon.

Nel dettaglio, Amazon aggiunge che la quota delle vendite effettuate da commercianti terzi sulla sua piattaforma non ha fatto altro che aumentare, raggiungendo il 60%. I suoi servizi logistici sarebbero “più economici del 30%” rispetto a quelli dei concorrenti. E oggi non è richiesto di avere l’etichetta Prime.

L’esito di questa lunga battaglia legale è incerto. La signora Khan dovrà dimostrare il danno al consumatore, secondo le consolidate leggi antitrust statunitensi. Ma Amazon ha già dovuto fare delle concessioni per porre fine alle azioni giudiziarie della Commissione Europea nel 2022: l’azienda si è impegnata a modificare le sue pratiche sull’uso dei dati dei venditori terzi e sul loro accesso a Prime, in particolare. Un modo per riconoscere che cose da migliorare ce n’erano.

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