Tutti si chiedono all’interno di Open Fiber cosa succederà adesso, visto il fallimento del piano industriale presentato dal nuovo management solo lo scorso dicembre. La situazione è ormai al limite, potremmo aggiungere fuori controllo. Open Fiber è ferma come un masso e cresce di giorno in giorno il malcontento all’interno stesso dell’azienda guidata da Mario Rossetti. Gli ordini di servizi si susseguono uno dopo l’altro, in maniera continua. E la confusione cresce. L’unica cosa che sembra emergere è l’assenza di Barbara Marinali, Presidente di Open Fiber, che ha la responsabilità dell’audit aziendale, ma nessuno sa cosa stia facendo a tale proposito.
Gli azionisti CDP e Macquarie
Cassa Depositi e Prestiti (CDP) dovrà valutare con urgenza l’inevitabile cambiamento, quanto prima, del vertice aziendale, che si è dimostrato totalmente inadeguato e non ha ottenuto alcuno dei risultati promessi. A quanto ci risulta Macquarie (azionista al 40% di Open Fiber) inizia ad essere molto preoccupata per la situazione gestionale dell’azienda, viste le difficoltà a trovare un accordo per la rete unica, che era la vera ragione per la quale ha inizialmente investito in Open Fiber.
Il MiSE e Infratel
Sembra che, in attesa dei cambiamenti che ci saranno con il nuovo governo, siano in allarme anche MiSE ed Infratel, che si rendono perfettamente conto della situazione e dei rischi che si corrono con l’attuale gestione.
I dati di agosto pubblicati dal MiSE sono molto peggiori anche rispetto a quelli di luglio, quando l’azienda aveva invece promesso che ci sarebbe stata una accelerazione.
Nel mese di agosto 2022 le unità immobiliari collaudate, quelle dove i servizi sono attivabili, come indica il Report stesso, sono incrementate rispetto a luglio 2022 di circa di 37.000 unità immobiliari, con una flessione del 26% rispetto al mese di luglio che era già stato disastroso. Cosa vuol dire?
Mission impossible per Open Fiber
Vuol dire che per finire le Aree bianche nei tempi indicati dal piano dell’AD Mario Rossetti, Open Fiber dovrebbe realizzare d’ora in poi mediamente più di 400.000 unità immobiliari con servizio attivabile al mese.
Francamente appare come una “mission sempre più impossible” e, per la verità, un risultato così disastroso sorprende anche noi. Ma forse perché ad agosto il top management aziendale era già tutto in vacanza per un meritato riposo…
Ricordiamo che la concessione assegnata ad Open Fiber prevede che si debbano cablare nelle Aree bianche circa 6,3 milioni di unità immobiliari FTTH entro la metà del 2023. Mancano solo dieci mesi e ad oggi le unità immobiliari cablate sono solo circa 2 milioni. Se siamo generosi e manteniamo una media di 50.000 unità immobiliari al mese Open Fiber finirà i lavori tra 8 anni e cioè nel 2030.
E allora Open Fiber che farà?
Quali altre giustificazioni userà adesso il management di Open Fiber, dopo aver puntato insistentemente il dito sulla precedente gestione?
Come giustificherà questo ulteriore rallentamento e questa inadeguatezza di execution?
Sono ormai evidenti le difficoltà da parte dell’azienda ad eseguire i lavori affidati, con ritardi nei collaudi e/o nelle rendicontazioni, con l’adozione di soluzioni tampone (per risolvere questo o quel problema contingente) di cui certo non si percepisce l’efficacia e, su tutto, il rischio di non riuscire a spendere i fondi pubblici e i fondi europei già assegnati e da assegnare.
Nel solo 2022, ovvero nell’anno in corso, la povera Infratel ha dovuto rifiutare una media del 74% dei progetti presentati da Open Fiber. Perché? Molto semplice, 3 progetti su 4 sono stati fatti male. E il guaio è che tutti lo sanno, ma nessuno sembra fare obiezioni. La scarsa qualità fa bocciare i progetti e questo genera i ritardi nell’esecuzione dei lavori che l’azienda sta accumulando. E a questo proposito, sarebbe interessante sapere se sono previste penali in caso di mancata consegna nei tempi previsti e (nel caso in cui fossero previste) se Infratel stia applicando o meno queste penali (o abbia in animo di applicarle).
Ripetiamo quello che abbiamo già scritto altre volte. Non vorremmo che tra qualche mese, magari dopo le elezioni del 25 settembre, venisse detto che il piano industriale fatto a dicembre 2021 dall’attuale AD di Open Fiber dovrà essere rivisto magari per annacquare le perdite. Ma come, proprio dopo aver proclamato ai quattro venti che sarebbe stato fatto un ‘re-boost’ dell’azienda, grazie alla nuova gestione manageriale di CDP? E allora ci chiediamo: quanto tempo dovrà passare ancora e quanti danni dovremo subire prima che CDP ammetta i propri errori di valutazione sull’attuale gestione e corra ai ripari?
E cosa ne è del fantomatico consorzio Open Fiber Network Solutions?
A quanto ci risulta avrebbe assunto un centinaio di persone, le cui competenze sarebbero molto discutibili rispetto all’attività che dovrebbero svolgere, e che al momento comunque sono, a quanto risulterebbe, con le braccia conserte.
Il Consorzio ha infatti iniziato le attività solo in 4 Comuni, sembra anche per mancanza di attrezzature. Quindi nella sostanza è ancora tutto fermo. Sarebbe interessante sapere quanti soldi (pubblici) sono stati già spesi, forse Barbara Marinali Presidente di Open Fiber dovrebbe occuparsene e preoccuparsene.