“Dove sono tutti quanti?” La domanda, posta dal fisico italiano Enrico Fermi negli anni Cinquanta, riguardava la non-presenza nelle nostre vite degli alieni spaziali. Fermi calcolò—in maniera molto elegante—che se esistessero altre forme di vita capaci di viaggiare tra le stelle, dovrebbero essere dappertutto, avrebbero dovuto riempire lo spazio in poche decine di milioni di anni.
Dovrebbero non solo essere presenti, ma spuntare a ogni angolo della strada per chiedere di essere portati ai nostri leader. Il fatto che non ci siano invece è il “Paradosso di Fermi”, famoso tra gli scienziati. Il ragionamento, sia per l’altissimo prestigio del ricercatore italiano nel primo Dopoguerra sia per la limpidezza del ragionamento, colpì la fantasia tecno-scientifica ed è stato molto studiato.
Nei primi anni Sessanta l’astronomo americano Frank Drake, partendo dalle considerazioni di Fermi, produsse una formula—”the Drake Equation”—per calcolare il numero di civiltà extraterrestri che potrebbero esistere nella galassia in grado di comunicare con noi. Ridotta alla sua essenzialità matematica, la formula di Drake è “N = R* x fp x ne x fl x fc = L”, dove “N” è il numero di civiltà tecnologiche extraterrestri e le variabili sono stime relative a fattori come il numero di stelle che possiedono pianeti, la proporzione di questi dove si sviluppa prima la vita, poi l’intelligenza, la capacità di comunicare e così via, sempre restringendosi.
La formula produce una stima basata su altre stime, parecchio “a spanne” dunque, ma—partendo da valori molto alti—ciò che resta alla fine del calcolo dovrebbe almeno risolvere la questione: C’è qualcuno là fuori? Finche avevamo i nostri Dei, forse non si provava tanto la necessità di alieni.
L’epoca tecnologica sente meno bisogno di divinità, ma vuole comunque—e molto, si direbbe—un “interlocutore cosmico”. A partire dalla metà del secolo scorso le notizie di interazioni extraterrestri—avvistamenti UFO, rapimenti da parte di “alieni” e quant’altro—si sono moltiplicate.
Indipendentemente dalla credibilità dei fatti riferiti, è entrata nella fede popolar/razionalista la quasi certezza che non siamo soli nell’Universo, che i “vicini” spunteranno da un momento all’altro—se non sono già tra noi. Però, è una certezza che sta crollando: prima perché malgrado ricerche estenuanti, gli “altri” non si fanno vedere, ma anche perché si sta sciogliendo come la neve al sole la base del calcolo scientifico che giustificava il convincimento.
Un recente studio compiuto da tre ricercatori del “Future of Humanity Institute” di Oxford University— Anders Sandberg, Eric Drexler e Tod Ord—riesamina i contenuti delle variabili su cui si basa la Drake Equation alla luce delle conoscenze astronomiche acquisite nei quasi sessanta anni dalla sua formulazione, per trovare: “…a substantial probability that we are alone in our galaxy”.
Se è così, allora la soluzione al Paradosso di Fermi è semplice: se gli alieni non si fanno vedere, è perché non ci sono. La vita intelligente, secondo l’interpretazione dei tre studiosi, dovrebbe essere—malgrado ciò che convenzionalmente pensiamo—estremamente rara nella nostra galassia e probabilmente anche nella parte “osservabile” dell’Universo intero. Siamo soli, sono cavoli nostri e di nessun altro—e forse siamo ancora più preziosi e importanti di quanto
pensassimo…
*Nota Diplomatica ‘Soli dopotutto’ di James Hansen.