Airbnb gioca d’anticipo: la società specializzata negli affitti di case vacanze a breve termine da parte di privati vuole siglare accordi fiscali con 700 città in tutto il mondo, per prevenire eventuali futuri cambi di regole e regimi di tassazione.
Una decisione che interessa anche l’Italia, dove un emendamento alla legge di bilancio, per ora accantonato (il presidente Renzi non vuole inserire incrementi di tasse nella manovra), che proponeva una cedolare al 21% nella forma di sostituto d’imposta, che si aggiungerebbe quindi al prezzo di locazione e verrebbe “girata” dalla società al Fisco.
L’Italia comunque non è tra i potenziali rischi o contenziosi in corso citati dal Financial Times, a cui l’amministratore delegato Brian Chesky ha annunciato l’iniziativa. Airbnb ha già accordi fiscali che coprono 200 città e punta ad arrivare a 700 città. “Quando hai un tax agreement, ottieni un accordo esplicito e quindi vengono meno i rischi sulla tua stessa esistenza”, ha detto il manager.
In alcuni casi viene infatti contestata la stessa liceità di operare di Airbnb, una piattaforma che consente ai proprietari di case di mettere in affitto gli immobili per periodi di anche un solo giorno. Concorrenza sleale ad alberghi e bed & breakfast?
Secondo molti è così, dal momento che ad esempio i bed & breakfast devono sottostare a un regime fiscale ben definito, con pagamento Irpef e registrazione degli ospiti per motivi di sicurezza.
Questo, combinato con le app per smartphone e dispositivi mobili ha rapidamente creato un nuovo settore dove domanda e offerta possono incontrarsi, ovviamente drenando giro d’affari ai tradizionali canali di accoglienza turistica.
Nella sua città natale, San Francisco, Airbnb osserva un sistema simile a quello di cui si è discusso in Italia: un sostituto d’imposta al 14%. Ma sempre a San Francisco c’è anche una battaglia legale sulle regole osservate dagli “host”, coloro che mettono in affitto le case. A New York viene drasticamente contestato l’affitto di brevissimo termine. A Parigi invece, la città dove ottiene il maggiore giro d’affari, Airbnb raccoglie una tassa di soggiorno pari a 83 centesimi di euro per notte.
Tanto più che Airbnb ha appena lanciato un nuovo servizio, si chiama Trips, che allarga il raggio d’azione della piattaforma a nuove fette di business, come l’organizzazione di “esperienze” a tutto tondo per i clienti, al di là della locazione.