Invece di indagare le misure di sicurezza messe in campo dalle aziende per difendersi dal web scraping, ovvero dalla raccolta di enormi quantitativi di dati personali online usati poi per addestrare gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale, il Garante Privacy avrebbe fatto meglio ad avviare un’indagine su chi questa raccolta indebita la realizza concretamente. Ovvero, sulle società come ChatGtp e sui motori di ricerca, principali fautori di questa pratica che di per sé non è illegale, ma che ha diversi utilizzi potenzialmente illeciti.
La pensa così il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP), che esprime la sua profonda preoccupazione in merito all’indagine avviata dal Garante per la Protezione dei Dati Personali.
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Cosa è il web scraping
Il web scraping serve a estrarre dati dalle pagine web per poi raccoglierli in database o tabelle locali per analizzarli. Si tratta di un sistema in grado di estrapolare una grande varietà di informazioni: dati di contatto, indirizzi di posta elettronica, numeri di telefono, così come singoli termini di ricerca o URL.
AIIP: Indagare chi fa scraping, non chi lo subisce
“Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Internet Provider esprime la sua profonda preoccupazione in merito all’indagine attualmente condotta dal Garante per la Protezione dei Dati Personali”, si legge in una nota.
Tale indagine, focalizzata sulle misure adottate dalle aziende italiane per impedire l’accesso indesiderato dei bot delle aziende AI ai contenuti dei siti web, “rischia di non indirizzare l’attenzione verso i veri responsabili del data-scraping”, prosegue la nota, secondo cui a finire sotto indagine dovrebbero essere appunto le aziende responsabili del data scraping, e non quelle che lo subiscono.
AIIP, I motori di ricerca lo fanno da anni
“Da anni, i motori di ricerca esteri operano attraverso dinamiche analoghe a quelle delle aziende di intelligenza artificiale, praticando il data-scraping su larga scala senza che ciò abbia sollevato le dovute perplessità da parte dell’autorità di controllo. È cruciale, pertanto, che il Garante riconosca le imprese che subiscono tali pratiche come vittime, e non come ulteriori soggetti da indagare”, aggiunge l’AIIP, sottolineando con urgenza che senza un intervento mirato nei confronti di queste Big Tech, si rischia di perpetuare una situazione di concorrenza sleale, nella quale le imprese nazionali sono svantaggiate rispetto alle loro controparti internazionali.
AIIP, serve in level play field
“Tale situazione danneggia non solo il tessuto imprenditoriale italiano ma anche l’intero ecosistema digitale del Paese. Auspichiamo pertanto che l’attuale indagine non si traduca in una serie di sanzioni ingiustificate o, peggio, nell’occasione per alterare ulteriormente le dinamiche di mercato a svantaggio delle aziende italiane. La nostra speranza è che il Garante per la protezione dei dati personali agisca con saggezza e lungimiranza, per garantire un campo di gioco equo per tutti gli attori del settore”, chiude l’AIIP.
AIIP, questione scraping distorta
In sintesi,il tema, in concreto, è tutto sui grandi Big della rete, che per anni hanno fatto scraping in modo indiscriminato e non trasparente, e hanno già un data base, ma oggi ci si pone il problema se i siti italiani si siano a loro volta posti il problema dello scraping, e quindi siano da sanzionare.
Ovvero i Big della rete fanno dei bot, magari simulando dei crawler di ricerca ma usano i dati in modo diverso, ma bisogna indagare i siti nazionali. La questione, secondo l’AIIP, sembra leggermente “distorta”.