Conoscere il nuovo Regolamento Ue, a un anno circa di distanza dalla sua entrata in vigore, per tutelare l’identità digitale. È questo il filo conduttore attorno al quale si è sviluppato il dibattito su privacy e web, mercoledì pomeriggio a Palazzo Madama, a cui hanno partecipato Mattia Fantinati, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Pubblica amministrazione, Caterina Chiaravalloti, presidente del Tribunale di Latina, Guido Alpa, avvocato e professore di diritto civile Università La Sapienza di Roma, e Mauro Nicastri, presidente di Aidr (Associazione italian digital revolution). Occasione dell’incontro, moderato dall’analista di Huffington Post e Limes, Piero Schiavazzi, è stata la presentazione dell’ultimo volume di Giusella Finocchiaro, professore ordinario di diritto privato e di diritto di Internet Università di Bologna, La protezione dei dati personali in Italia. Regolamento UE 2016/679 e d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 (Zanichelli editore).
“La protezione dei dati è fondamentale per mettere i cittadini in salvo dai rischi che il digitale può comportare sulla vita di tutti noi – ha subito inquadrato Fantinati -. Rischi anche alla sicurezza nazionale. Ricordate il caso Cambridge Analytica? Da sottosegretario, sto personalmente promuovendo una rivoluzione digitale, con l’obiettivo di costruire una smart nation, bilanciando le esigenze di efficacia ed efficienza della PA con quelle di protezione dei cittadini. Tenere insieme questi aspetti è la nostra sfida. Che possiamo vincere, anche grazie ad eventi come questo. Dobbiamo mettere insieme pool di esperti, politici, cittadini. Questo convegno dimostra qual è la strada da seguire”.
“Il Regolamento – ha riferito dal canto suo il professor Alpa -, prende in considerazione due aspetti diversi dell’utilizzo dei dati personali, fin dall’art. 1: da un lato i diritti della persona, dall’altro la libera circolazione dei dati personali. Restano aperti i problemi dei diritti della persona sui dati che rimandano a due concezioni diverse anche del consenso. Una lettura è quella proprietaria del dato, che vede il dato coessenziale alla persona. L’altra è quella che vede il dato come espressione della persona, ma allo stesso tempo bene suscettibile di circolazione”.
“La diffusione del digitale, se da un lato rende più veloce la circolazione della notizia, dall’altro altera la dimensione spazio temporale della stessa. L’esempio più emblematico è quello della diffusione della notizia del promovimento dell’azione penale a carico di un soggetto, notizia che rimane sospesa nel tempo, talora anche quando viene meno l’attualità della stessa, o addirittura non viene aggiornata in relazione all’esito del procedimento penale – ha spiegato Chiaravalloti -. Sebbene sussistano degli strumenti di tutela giurisdizionale che dovrebbero rendere più effettivo il diritto alla rettifica, contestualizzazione ed eventualmente cancellazione dei dati, ci si chiede tuttavia se – tenuto conto peraltro dell’arco temporale durante il quale la notizia rimane nella disponibilità del web – la diffusione del dato giudiziario, espressione del diritto di cronaca, quale esplicazione del più ampio diritto di libera manifestazione del pensiero, non vanifichi la tutela di altri diritti della persona. In primis, quello della presunzione d’innocenza dell’imputato”.
A lanciare il tema della “reputazione” online è stato Nicastri, che a nome dell’Aidr ha posto così la questione: “Durante la nostra attività di diffusione della cultura digitale, capita spesso di registrare paure, tensioni e impotenza di diversi cittadini nei confronti di pubblicazioni web a tratti calunniose, diffamanti, che non si riesce in alcun modo a cancellare, eliminare dalla Rete. Si tratta di un problema molto serio, perché va a compromettere la reputazione del soggetto malcapitato, che avrebbe invece diritto a non discolparsi in merito magari a reati mai commessi o fatti mai avvenuti”.
“Il termine ‘privacy’, – ha risposto Finocchiaro – oggi, indica, molti temi diversi: dalla riservatezza vera e propria, alla protezione dei dati personali, all’identità digitale e alla reputazione. Per tutelare i diritti sottesi l’ordinamento giuridico offre strumenti diversi. Occorre comporre questi diversi diritti in un sistema, che oggi è tutto da costruire. Non è ancora ben delineato il sistema della protezione della personalità che va dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al Regolamento europeo, alla normativa italiana, ai provvedimenti del Garante, alla giurisprudenza e alla dottrina. Il sistema e la visione complessiva spesso sfuggono a chi si concentra soltanto sul dettaglio, perdendo la visione complessiva”.
“Il Regolamento europeo – ha rimarcato infine l’autrice del libro presentato a Palazzo Madama – richiede un bilanciamento costante fra diritti e interessi contrapposti: basti pensare all’utilizzo dei dati personali nelle applicazioni di intelligenza artificiale o al diritto all’oblio. Il Regolamento non risolve e non potrebbe risolvere il problema, ma indica invece le direttrici lungo le quali si deve svolgere il ragionamento giuridico e il necessario costante bilanciamento”.