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AI per predire l’efficacia dell’immunoterapia. Lo studio del National Institutes of Health (Usa)

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I ricercatori hanno sviluppato uno strumento di intelligenza artificiale che, facendo leva su dati clinici di routine, prevede se il cancro di un paziente risponderà agli inibitori dei checkpoint immunitari (le molecole espresse dai linfociti, la cui azione viene accentuata dal tumore).

Fermo restando il rilevante (e indiscusso) impatto dell’immunoterapia – l’utilizzo di trattamenti che agiscono sul sistema immunitario per colpire le neoplasie – nel combattere i tumori, tra le maggiori sfide odierne c’è quella di predire con accuratezza la capacità di risposta del paziente, con l’obiettivo di personalizzare le terapie. Fanno quindi ben sperare i risultati dello studio del National Institutes of Health sull’AI per predire l’efficacia dell’immunoterapia.

Un approccio – che richiede adesso una validazione ulteriore attraverso studi prospettici più ampi su dati clinici – a “seguire”, tra gli altri, quello della ricerca canadese (i cui esiti sono pubblicati su Jama Network Open) e dello studio coreano (visibile su Radiology) focalizzati sul ruolo, sempre più decisivo, dell’intelligenza artificiale per la diagnosi del cancro ai polmoni.

Predire la sopravvivenza dei pazienti

Coordinata da Eytan Ruppin, del National Cancer Institute e da Luc Morris, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, la ricerca – pubblicata su Nature Cancer – ha messo a punto un modello di Machine Learning, chiamato Logistic regression-based immunotherapy-response score (Loris), in grado di compiere previsioni facendo leva su cinque tipologie di dati normalmente acquisiti nell’attività clinica: l’età del paziente; il tipo di tumore; lo “storico” delle terapie sistemiche a cui è stato sottoposto; i livelli di albumina (proteina del plasma, prodotta dalle cellule epatiche) nel sangue; la relazione fra il livello ematico di neutrofili e linfociti, che costituisce un marker della condizione infiammatoria.

Inoltre, lo strumento considera il carico mutazionale del tumore (Tumor Mutational Burden, TMB), un biomarcatore molecolare che misura il numero di mutazioni nella neoplasia e consente di scattare una “istantanea” esaustiva delle alterazioni molecolari del tumore. Facendo riferimento ai dati di 2.881 pazienti trattati con gli inibitori dei checkpoint immunitari e 841 pazienti quale gruppo di controllo nell’ambito di 18 tipi differenti di tumore solido (massa compatta di tessuto che cresce diversificandosi dal tumore liquido, costituito da cellule in sospensione). In base ai risultati, il modello di AI “Loris” è riuscito a predire con accuratezza la probabilità di risposta dei pazienti all’immunoterapia (nonché il tempo di sopravvivenza, sia complessivamente sia prima che la malattia riapparisse).

AI per ottimizzare la terapia dei tumori

Superare alcune delle carenze dell’attuale trattamento basato sui linfociti infiltranti il tumore (Tumor infiltrating lymphocytes), in particolare per i pazienti affetti da tumori che, allo stato attuale non rispondono a tali terapie”. Così il professor George Coukos, direttore del Ludwig Cancer Research e coautore dello studio di un team di ricerca svizzero – guidato dal professor Alexandre Harari – che ha messo a punto un modello predittivo di AI per ottimizzare la terapia dei tumori. L’obiettivo: individuare con estrema precisione le cellule immunitarie più “abili” a colpire e uccidere le neoplasie.

Pubblicata su Nature Biotechnology, la ricerca ha consentito di identificare i pattern distintivi nelle risposte delle cellule T ai tumori, in seguito utilizzate per addestrare il modello predittivo TRTpred. Un lavoro certosino volto tanto a comprendere come, appunto, le cellule T reagiscono al melanoma quanto a sviluppare un sistema capace di predire quali cellule saranno adatte ad “attaccare” i tumori.

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