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AI, Cloud, Cyber e Supercalcolo, Draghi: “Subito una Strategia Ue. Difesa comune non è solo armamenti, ma anche nuove tecnologie”

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Mario Draghi illustra il suo Rapporto sulla competitività europea ai parlamentari italiani descrivendo le principali sfide che attendono l’Unione per tornare a crescere e rilanciare le sue politiche incentrate sull’innovazione, la Difesa comune e la decarbonizzazione.

Draghi in Senato su innovazione, regolamentazione ed energia

C’eravamo lasciati alla Settimana Parlamentare Europea 2025 con un monito, serio e deciso: “Fate presto qualcosa, non si può dire no a tutto”. Oggi, in audizione al Senato, Mario Draghi, ex Presidente del Consiglio italiano e ex Presidente della Banca centrale europea, ha illustrato ai parlamentari italiani il suo ormai celebre Rapporto sul futuro della competitività europea.

Tanti i punti toccati nel suo intervento a Palazzo Madama, ma tre gli aspetti fondamentali su cui si è voluto soffermare: la politica dell’innovazione, la regolamentazione e il costo dell’energia.

A sei mesi dalla pubblicazione del Rapporto, di cambiamenti ce ne sono stati diversi, sia a livello geopolitico, sia commerciale, con una crescente quanto inaspettata tensione istituzionale tra gli Stati Uniti guidati da Donald Trump e l’Unione europea, principalmente per la strategia tariffaria decisa da Washington.

Innovazione e AI: l’Europa continua a perdere terreno rispetto a USA e Cina

Partendo dal primo punto, come spiegato da Draghi, “il Rapporto esamina l’intero ciclo dell’innovazione dalla ricerca alla commercializzazione e presenta numerose proposte su ciò che l’Europa e i singoli Stati Membri possono fare per ridurre il gap con gli USA e la Cina e permettere alle imprese più innovative di svilupparsi in Europa invece di spostarsi negli Stati Uniti”.

Sull’intelligenza artificiale, ha sottolineato l’incessante rapidità con cui i modelli, ormai, “sono diventati sempre più efficienti, con costi di addestramento che si sono ridotti di dieci volte da quando è uscito il rapporto”.

Draghi, torna sul punto centrale, poi, che è quello del gap con le superpotenze tecnologiche: “In Europa continuiamo a perdere terreno su questo fronte: otto dei dieci maggiori large language models sono sviluppati in US e i rimanenti due in Cina”.

Un ritardo probabilmente incolmabile”, ha sentenziato l’ex Premier italiano. C’è solo una strada da percorrere, che industria, servizi e infrastrutture sviluppino un maggiore impiego dell’AI nei rispettivi settori: “L’urgenza è essenziale perché il LLM si stanno espandendo anche verticalmente”.

Per avviare “un ciclo dell’innovazione ampio e vitale”, per Draghi, è necessario creare “un vero mercato unico europeo dei servizi per 450 milioni di persone”.

Difesa: non solo armamenti, ma anche nuove tecnologie

Approcciando il delicato tema della Difesa comune, “che non è solo armamenti”, ma anche tecnologie digitali avanzate, l’ex Presidente della Bce ha precisato che occorre anche dotarsi di “una strategia continentale unificata per il cloud, il supercalcolo e l’intelligenza artificiale, la cyber sicurezza”.

Difesa comune che secondo Draghi diventa il campo più adatto “per utilizzare al meglio le tecnologie che dovranno garantire la nostra sicurezza” e “per includere gli investimenti su digitale, spazio e cybersicurezza”.

Nessuna deregolamentazione ma “troppe norme penalizzano innovazione e crescita

Proprio seguendo la trasformazione digitale, l’Europa ha nel tempo aumentato l’attività regolatoria: “Ci sono 100 leggi focalizzate sul settore high tech e 200 regolatori diversi negli Stati Membri”.

Draghi ha subito precisato che non si tratta di deregolamentare in maniera “selvaggia”, ma comunque di intervenire per ridurre ogni possibile “confusione”, perché “le regole – troppe e troppo frammentate – penalizzano, soprattutto nel settore dei servizi, l’iniziativa individuale, scoraggiano lo sviluppo dell’innovazione, penalizzano la crescita dell’economia”.

Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale ha mostrato come l’eccesso di regolamentazione e specialmente la sua frammentazione abbia contribuito a creare delle barriere interne al mercato unico che equivalgano a un dazio del 45% sui beni manifatturieri e del 110% sui servizi”, ha ricordato Draghi.

Questo pone un duplice problema, secondo l’ex Premier italiano: le aziende europee potrebbero migrare negli Stati Uniti e i cittadini europei potrebbero fare altrettanto con i propri risparmi. Un dato eclatante su quest’ultimo punto è la quantità di risparmio che ogni anno fuoriesce dall’Unione Europea: per il solo 2024 ben 500 miliardi di euro.

Energia: “Disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile

Poi c’è il quadro generale della situazione energetica dell’Unione europea, che sappiamo bene essere fortemente instabile a causa di diversi fattori critici, tra cui: le tensioni geopolitiche, la guerra in Ucraina e la speculazione dei trader europei e internazionali.

Ma non solo, c’è anche una tassazione diseguale tra Stati europei, che in Italia è tra le più elevate: “Nel primo semestre del 2024, l’Italia risultava il secondo Paese europeo con il più alto livello di imposizione e prelievi non recuperabili per i consumatori elettrici non domestici”.

Costi troppo elevati dell’energia pongono seri problemi anche alle aziende, ha detto Draghi, che vengono a trovarsi “in perenne svantaggio nei confronti dei concorrenti stranieri. È a rischio non solo la sopravvivenza di alcuni settori tradizionali dell’economia, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie ad elevata crescita. Si pensi ad esempio all’elevato consumo necessario per i data center”.

Draghi suggerisce qui di ridurre prima di tutto le bollette per imprese e famiglie, esercitare un maggiore potere di acquisto “sfruttando la nostra posizione di pi grande consumatore di gas al mondo”, coordinare meglio la domanda di gas tra Paesi riempiendo al massimo gli stoccaggi, pretendere maggiore trasparenza dei mercati.

Altro punto chiave per Draghi è “disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile”.

In Italia, ha rimarcato l’ex presidente della Bce, “sono disponibili decine di gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione o di contrattualizzazione. È indispensabile semplificare e accelerare gli iter autorizzativi, e avviare rapidamente gli strumenti di sviluppo. Questo abiliterebbe nuova produzione a costi più bassi di quella a gas”.

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