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Agcom su equo compenso OTT: è una vittoria, ora bisogna arrivare ad un trattato di pace

Il provvedimento dell’Agcom – che nasce da un esposto del gruppo Gedi contro Microsoft, proprietaria del motore Bing – riconosce il diritto ad una equa retribuzione per editori e giornalisti da parte dei motori di ricerca che rilanciano i contenuti editoriali. E soprattutto apre uno squarcio nel muro di indifferenza dei grandi samurai degli algoritmi.

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Decisione apripista che fissa parametri

Ma questa “sentenza” non va gestita per quello che rappresenta ora, e non è poco, quanto va usata per andare oltre, valorizzando i chiari e risolvendo gli scuri del pronunciamento.

Come è ormai noto, l’authority delle comunicazioni impone un principio – l’equa retribuzione di contenuti estratti dai siti web delle testate da parte di Bing, il motore di ricerca di Microsoft. E va oltre, individuando criteri e parametri in base ai quali stabilire la quantità del risarcimento.

Variabili considerate

Fra le variabili che vengono individuate per calcolare quanto devono essere valutati i singoli contenuti ci sono i fatturati pubblicitari che i service provider producono distribuendo le notizie delle redazioni, il peso della testata di provenienza dei contenuti, i costi sostenuti sia dagli editori che dal motore di ricerca che devono andare a conguaglio.

Ora, è evidente che il principale chiaro della sentenza è la costrizione che si impone ad un gigante di trattare con i nani. Microsoft deve concordare con il gruppo Gedi, e per analogia con tutti i content provider editoriali da cui preleva materiali, lo scambio fra notizie prodotte dalla redazione e una retribuzione per il lavoro svolto dai giornalisti. Questo, precisa la sentenza, vale sia per i testi integralmente proposti da Bing che per le sintesi, gli abstract – i cosiddetti snippet – che elabora l’algoritmo di Microsoft.

Dimensioni dei produttori di news criterio sopravvalutato?

I criteri fissati permettono un calcolo certo, anche se, mi pare, tendono a privilegiare troppo le dimensioni editoriali dei produttori: la dimensione dell’editore in realtà è ambivalente, da una parte inevitabilmente comporta spese generali maggiori; ma dall’altra, per un’evidente economia di scala, riduce il costo della singola notizia. Meccanismo del tutto rovesciato per le aziende minori, che devono sopportare costi maggiori per produrre una singola notizia. Per questo, sarebbe opportuno da parte dell’Agcom equiparare la retribuzione al valore assoluto che quel contenuto riveste in quel momento per l’attività del motore di ricerca, prescindendo dalle dimensioni dell’editore che produce la notizia.

E’ invece molto importante che tutte le transazioni debbano prevedere relazioni contrattuali trasparenti sia fra i gruppi digitali e quelli editoriali sia all’interno delle redazioni. Una misura, questa, che aiuterà a bonificare un’area ancora troppo informale.

Il testo Agcom non menziona l’AI connesso ai motori

Due sono invece gli scuri del provvedimento che non mi convincono: il primo riguarda l’evoluzione frenetica del mercato. Ormai i motori di ricerca, e Bing è forse proprio il pioniere del genere, sono strettamente integrati a risorse di intelligenza artificiale, di cui non si fa menzione nel testo dell’Agcom. Ora, anche per effetto di un eventuale irrigidimento delle condizioni di scambio con gli editori, la tendenza che sembra accelerare è quella di sostituire i link con vere e proprie risposte articolate, elaborate sulla base di una metabolizzazione dei contenuti editoriali e non di una loro riproposizione sic simpliciter.

In sostanza, i motori entro pochi mesi saranno sempre più risponditori che forniranno concetti maturati grazie ad un proprio machine learning applicati a mille fonti, fra cui le testate giornalistiche. A questo punto la dettagliata sentenza dell’Agcom rischia di coprire attività marginali del sistema digitale, lasciando del tutto scoperta la principale relazione fra utente e apparato tecnologico. Per questo, sarebbe importante che magari in sede di recepimento della normativa europea sull’Intelligenza Artificiale si ipotizzasse uno scambio fra contenuti e algoritmi che permetta agli editori e giornalisti di accedere, autonomamente al sistema generativo, riprogrammandolo e adattandolo alle proprie esigenze.

Nemmeno i dati son citati nella decisione Agcom

In questa direzione punta anche l’altro capitolo che non viene citato dalla decisione: i dati.

L’Agcom insiste molto sul fatturato pubblicitario dei motori di ricerca, che rimane una voce essenziale delle loro entrate. Ma ormai accanto alle inserzioni pubblicitarie ci sono formule altamente personalizzate che identificano con grande precisione ognuno delle centinaia di milioni di utenti del sistema. Questa risorsa non può essere sottratta al tavolo del negoziato: i dati, come hanno chiesto in altri contesti, attori e sceneggiatori di Hollywood nella loro recente rivendicazione, devono essere scambiati fra il produttore dei contenuti e la piattaforma che li distribuisce per dare al primo piena cittadinanza e autonomia rispetto alla seconda.

Siamo dunque ad una tappa di un lungo percorso. E’ l’evoluzione e non la singola situazione momentanea ad essere il tema di contrattazione con i giganti digitali che giocano proprio sulla capacità, come ripete ossessivamente Mark Zuckerberg, di rompere le uova ogni giorno per fare la frittata, cambiando continuamente la scena.

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