Sono le imprese più piccole a reagire lentamente all’evoluzione della tecnologia digitale, al contrario dei consumatori, soprattutto i più giovani, allineati ai modelli internazionali di accesso e utilizzo dei nuovi servizi di comunicazione.
È quanto emerge dal rapporto “I servizi di comunicazione nelle piccole e medie imprese: esperienze e prospettive”, pubblicato oggi dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in cui si delinea il panorama di investimento ed utilizzo del settore imprenditoriale di piccole e medie dimensioni, suddiviso in 3 segmenti di analisi: quelle sotto i 10 dipendenti, quelle tra i 10 e i 49 dipendenti e quelle tra 50 e 249.
In particolare, per le microimprese con meno di 10 dipendenti secondo il report Agcom meno della metà dichiara di avere uno smartphone (43%) o un tablet (26%).
Le differenze non sono esclusivamente imputabili alle maggiori risorse di cui ovviamente possono disporre le imprese più grandi, ma anche alla modesta diffusione della cultura digitale e alla maggior fatica delle imprese dalle dimensioni particolarmente ridotte a riconoscere le opportunità offerte dalla rete.
Infatti, tra i soggetti appartenenti alla microimprenditorialità, ancora circa un quarto di essi attribuisce una scarsa importanza ai servizi Internet, rispetto ad un valore inferiore al 10% per le piccole e medie aziende. La crescita è rallentata anche dalla limitata diffusione di connessioni superveloci e dalla indisponibilità a pagare (rilevata nel 50% circa dei casi) qualcosa in più per ottenere una connessione più veloce.
Dall’analisi risulta, inoltre, come una porzione rilevante di imprese sia ancora legata a strutture e pratiche della precedente stagione mediale: telefono fisso e computer fisso rappresentano, infatti, i principali dispositivi di comunicazione e di accesso alla rete. Nelle comunicazioni telefoniche, le reti fisse sono ancora significativamente preferite a quelle mobili. La conclusione, secondo l’indagine, è che, a fianco dell’attività di regolamentazione propria dell’Agcom, volta a creare condizioni di trasparenza informativa e politiche per facilitare l’accesso ai capitali, occorre soprattutto investire in strategie culturali di alfabetizzazione ai linguaggi dell’innovazione digitale e di acquisizione di un “nuovo sapere” aziendale, operativo e organizzativo.