La tutela dei minori nei servizi di media audiovisivi dovrebbe essere garantita dal Codice di autoregolamentazione per la TV e i minori, firmato il 29 novembre 2002 presso il Ministero delle comunicazioni dai rappresentanti delle grandi televisioni, quindi da “Rai”, “Mediaset” e “La7”, oltre che dalle associazioni che raggruppano centinaia di televisioni minori e locali operanti nel Paese. Il Codice è stato poi recepito in via definitiva dalla legge 112/2004 trasfusa nel T.U. di cui al Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo Unico della radiotelevisione). Con la legificazione operata, il Codice è divenuto vincolante per tutte le emittenti a prescindere dalla sottoscrizione dello stesso e dalla tipologia di piattaforma utilizzata (analogica, satellitare, digitale terrestre, Iptv, web).
Il Codice prevede che un Comitato di applicazione, di cui fanno parte pariteticamente i rappresentanti delle emittenti televisive, delle Istituzioni e degli utenti, certifichi la fondata esistenza di violazioni del Codice e trasmetta le risoluzioni adottate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale mette in atto i poteri sanzionatori previsti dalla legge.
Nel lontano 2007, l’allora Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ebbe la brillante idea (D.P.R. 72/2007) di cambiare il nome dell’organismo in Comitato Media e Minori, con l’intenzione di estenderne la competenza anche agli altri media. Alle buone intenzioni, però, non seguirono mai i fatti.
Al contrario, il Comitato ha perso negli ultimi anni tutta la sua carica di novità positiva nel desolante panorama della tutela dei minori, perdendo anche quel minimo di sostegno economico alle proprie attività ed iniziative, assicurato fino al mese di marzo 2014 dalle emittenti firmatarie del Codice.
A causa delle numerose defezioni dei membri titolari (ben tre su cinque rappresentanti delle Istituzioni), inoltre, spesso non è stato possibile adottare numerose risoluzioni nei confronti delle emittenti denunciate, a causa o della mancanza del numero legale o di una maggioranza qualificata.
L’organismo, poi, non sempre è stato tempestivamente rinnovato alla scadenza triennale del mandato ed è stato inattivo per ben due anni (2012 e 2013), mentre dal luglio 2016 non è stato più rinnovato.
A questo punto, forse, sarebbe opportuna una riforma del meccanismo che veda maggiormente impegnata l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Agcom, infatti, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 6 lett. b) n.6 della legge 249/97, assicura il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni e ad essa è demandato il compito di vigilare sul rispetto della vigente disciplina del sistema radiotelevisivo a tutela degli utenti (artt. 3 e 4 del Testo Unico della radiotelevisione), che vieta le trasmissioni che contengono messaggi cifrati o di carattere subliminale o incitamenti all’odio comunque motivato o che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità o che, anche in relazione all’orario di trasmissione, possano nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori.
Per superare l’attuale impasse, pertanto, potrebbe essere ipotizzata un’apposita procedura, così come avviene per i reclami degli utenti nei confronti degli operatori di telefonia, che preveda l’inoltro diretto ad Agcom delle segnalazioni relative alle presunte violazioni del Codice di autoregolamentazione Tv e minori.