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Agcom, Elisa Giomi critica la riorganizzazione degli uffici: “Invano chiedo procedure selettive trasparenti per manager. E cortocircuito sul controllo interno”

È stata approvata dal Consiglio, con il mio voto contrario, la riorganizzazione degli uffici operativi di Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Faccenda delicata, la comunicazione. Capace di far tremare mercati e istituzioni, amplificare l’odio, perdere elezioni e vincere guerre…ma capace anche di alimentare amori a distanza, aggregare comunità, rovesciare prospettive e innescare trasformazioni sociali.

Necessita dunque di solidi presidi, la comunicazione. Niente di meglio di un’Autorità dedicata, indipendente e “convergente”, ancora oggi moderna nel design ma inevitabilmente bisognosa di periodici aggiornamenti del modus operandi.

Per questo avevo proposto che a distanza di quasi 30 anni dalla sua nascita Agcom potesse finalmente contare su una Direzione per i diritti fondamentali della persona, che valorizzasse l’attività di tutela di tutti quei temi non strettamente “tecnici e di mercato” ma comunque centrali nella mission istituzionale: pluralismo informativo, contrasto a disinformazione, ad hate speech e pirateria, tutela del servizio universale, ecc. E’ evidente, infatti, come l’accelerata evoluzione tecnologica, la dimensione globale dei player, la trasformazione di pratiche produttive e stili di consumo rendano massimo l’impatto della comunicazione proprio sul fronte delle libertà fondamentali.

I colleghi hanno bocciato la proposta

La sua ratio era evidentemente difficilmente contestabile, tuttavia, perché hanno tentato di rimodularla in una soluzione che giudico pura “foglia di fico”: non una Direzione unica e trasversale ai settori regolati da Agcom, come avviene per la Direzione “tutela consumatore” e come sarebbe servito per dare organicità (e dignità) anche alle attività di tutela della persona, ma lo sbriciolamento di queste attività dentro due Direzioni già esistenti, Servizi media e Servizi digitali.

Si frammentano così processi che avrebbero dovuto essere unitari e si duplica il personale incaricato delle stesse problematiche. Ma ciò che più colpisce è che la riformulazione del nome delle due Direzioni, che ora include “tutela dei diritti fondamentali”, appare operazione di facciata: a ben guardare le attività sono incardinate quasi tutte su una sola delle due Direzioni, Media, tradendo in ciò una visione ancora fortemente analogica e tardo novecentesca, che ignora come la stragrande maggioranza dei comportamenti lesivi per l’utenza, dal cyberbullismo alla discriminazione delle minoranze passando per violenza di genere, promozione del gioco d’azzardo e “challenge” spesso letali, avvengono in realtà online.

Pur rispettando le valutazioni dei colleghi, non riesco a spiegarmi una scelta tanto incoerente, antieconomica e “passatista” se non ipotizzando logiche diverse dall’ottimizzazione dell’efficienza amministrativa e dell’interesse pubblico.  

Criteri di nomina del management, “invano chiedo procedure selettive trasparenti”

Altrettanto è vero, mi sembra, per i criteri di nomina e rotazione del management di Agcom. Come nelle tornate passate, invano chiedo procedure selettive trasparenti. Senza criteri meritocratici, come garantire la rispondenza tra professionalità e ambiti di attività? Senza standard per valutare le performance, come alimentare la motivazione del personale ed evitare che la rotazione dei direttori e dei dirigenti di secondo livello a capo delle diverse unità divenga mero “gioco delle sedie” anziché fondamentale garanzia di indipendenza quale dovrebbe essere?

Il cortocircuito del controllo interno

E ancora, sul fronte dell’indipendenza: per la delicatezza delle sue funzioni e per contrastare il rischio di “cattura del regolatore”, Agcom conta su anticorpi molto importanti. Ad esempio il sistema di controllo interno, che per essere a riparo da ingerenze indebite dovrebbe costituire unità autonoma ed indipendente, come accade per l’unità responsabile della prevenzione della corruzione. Invece è stato collocato all’interno del Segretariato Generale, che dipende dal Consiglio di Agcom. Un vero e proprio cortocircuito: il sistema di controllo interno finisce per essere diretto dal vertice dell’Autorità che dovrebbe esserne controllata. 

Occasione persa, solo per limitarsi alle principali, anche sul profilo della vigilanza, e in particolare del mancato rafforzamento del servizio dei sistemi informativi. Sarebbe invece stato essenziale, anche al fine di valutare come implementare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e le ispezioni da remoto sui sistemi informativi dei regolati.

Non si tratta di aspetti meramente formali. Irrobustire la tutela dei diritti fondamentali, assicurare il corretto e limpido funzionamento dei meccanismi a garanzia di trasparenza e indipendenza dell’Autorità è una questione identitaria. Ne va del ruolo di arbitro che Agcom deve saper interpretare nella partita, sempre più complessa, tra libertà fondamentali e sviluppo tecnologico, tutele sociali e innovazione.  

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