Un gruppo di ricercatori della School of Biomedical Engineering and School of Physics dell’Università di Sidney, ha realizzato uno schermo touchscreen che conserva le stesse caratteristiche del touch, senza utilizzare l’indio. Il risultato è un rivestimento al plasma, da installare sui prossimi smartphone e tablet, al posto dello strato attuale.
Attualmente in commercio tutti i dispositivi digitali sono dotati di touchscreen derivati dalla lavorazione di stagno e ossido di indio, estratto dallo zinco, uno dei minerali più rari sulla Terra. Questo composto è otticamente trasparente ed elettricamente conduttivo: le due caratteristiche necessarie per il funzionamento dei touch screen.
Ma c’è un problema: non esiste una fornitura di indio garantita a lungo termine. Si trova naturalmente solo in minuscole tracce ed è quindi poco pratico da estrarre direttamente. E poiché l’offerta mondiale di indio è legata all’estrazione dello zinco, la sua disponibilità e il suo prezzo dipenderanno dalla domanda di zinco.
I possibili cali della domanda di zinco, già evidenti nell’industria automobilistica, insieme all’uso sempre crescente di smartphone e pannelli tattili, sono destinati ad esacerbare la potenziale carenza di indio in futuro. Un’opzione è provare a riciclare l’indio. Ma recuperarlo da dispositivi usati è costoso a causa delle piccole quantità coinvolte.
Quando un materiale cruciale scarseggia, dovremmo cercare alternative. Ed è esattamente ciò che i ricercatori dell’Università di Sidney hanno fatto.
Come funziona il touchscreen con il rivestimento al plasma
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Solar Energy Materials and Solar Cells, il plasma presenta una quantità elevata di particelle cariche, in cui gli elettroni sono divisi dai loro atomi. “Spesso è descritto come il quarto stato della materia, dopo solido, liquido e gas” spiegano i ricercatori.
Il rivestimento presenta uno strato ultrasottile di argento, inserito tra due strati di ossido di tungsteno. Questa struttura ha uno spessore inferiore a 100 nanometri, circa un millesimo della larghezza di un capello umano. Gli strati vengono sovrapposti al vetro utilizzando un processo chiamato “plasma sputtering”.
Il procedimento viene ripetuto usando l’argento e poi, un’ultima volta, con l’ossido di tungsteno insieme a nanoparticelle d’argento. L’intero processo richiede pochi minuti, produce scarti minimi, è più economico rispetto all’utilizzo dell’indio e può essere utilizzato per qualsiasi superficie di vetro, come uno schermo del telefono o pannelli informativi nei centri commerciali.