Gli sforzi della Commissione europea e delle autorità nazionali per contrastare i rischi connessi agli acquisti ‘a tradimento’nelle app mobili stanno portando i primi risultati tangibili, ma non tutte le aziende stanno rispondendo in maniera adeguata alle sollecitazioni della Ue, volte a tutelare i bambini, troppo spesso ingannati dallaapparente gratuità della gran parte dei giochi scaricabili sul cellulare.
Google, ad esempio, entro la fine di settembre 2014, farà in modo che nelle app disponibili sullo Store Google Play non compaia l’espressione “gratis” se i giochi contengono acquisti in-app. Prevede, inoltre, lo sviluppo di linee guida per gli sviluppatori per prevenire che nelle app compaiano inviti atti a convincere i bambini ad acquistare articoli nell’ambito di un gioco o a persuadere gli adulti ad acquistarli per loro.
Una serie di misure scaglionate nel tempo contribuiranno quindi a monitorare le palesi violazioni della legislazione europea sulla protezione dei consumatori.
Google ha anche adattato le sue impostazioni predefinite per far sì che i pagamenti siano autorizzati prima di qualsiasi acquisto all’interno di applicazioni, a meno che il consumatore non scelga attivamente di modificare tali impostazioni.
Apple, invece, non ha finora prospettato soluzioni concrete e immediate per affrontare le preoccupazioni legate, in particolare, all’autorizzazione di pagamento, limitandosi a esprimere il proponimento di affrontare tali problematiche, ma senza fornire né un fermo impegno, né un calendario specifico.
Gli ‘acquisti in-app’ valgono l’80% dei guadagni del settore, stimati in 10 miliardi di euro. Ma questi acquisiti, a volte, hanno alla base un inganno bello e buono, perché i termini e le condizioni non sempre sono chiari e trasparenti.
Contro Apple, tra l’altro, ha puntato il dito anche l’antitrust americano, con cui l’azienda è infine giunta a un accordo da 32,5 milioni di dollari per risarcire i genitori per gli acquisti fatti a loro insaputa dai pargoletti sull’App Store. Secondo la FTC sarebbero decine di migliaia gli americani stati coinvolti nelle ‘spese pazze’ dei figli sull’app store, per centinaia, a volte anche migliaia di dollari.
L’azione di enforcement della Commissione è partita a febbraio, con l’obiettivo di coinvolgere industria e autorità nazionali in una riflessione che possa portare a una migliore tutela dei consumatori.
“Gli acquisti all’interno di applicazioni sono un modello commerciale legittimo, ma è essenziale che i realizzatori di app comprendano e rispettino la normativa dell’Ue allorché sviluppano questi nuovi modelli commerciali“, ha affermato la Vicepresidente della commissione europea Neelie Kroes.
La Ue, infatti, crede fermamente nelle potenzialità della cosiddetta ‘app economy’ che potrebbe raggiungere il valore di 63 miliardi di euro circa nei prossimi 5 anni: un potenziale che potrebbe venire vanificato se i consumatori non si avranno piena fiducia in questi programmini, utilizzati per gli usi più svariati e che si sono dimostrati la vera gallina dalle uova d’oro della telefonia mobile di terza generazione.
Nelle scorse settimane, oltreoceano, è stata Amazon a finire nel mirino dell’Antitrust, dopo che già l’antitrust italiano si era mosso a maggio nei confronti di due società del gruppo Google, di Itunes, di Amazon e Gameloft, in merito “alle app che appaiono gratuite ai consumatori e che invece richiedono acquisti successivi per poter continuare a giocare”.
Nel nostro Paese, inoltre, il Movimento 5 Stelle ha presentato una Proposta di legge del M5S che, prendendo spunto anche da una recente iniziativa internazionale dell’Autorità britannica Office of fair trading, mira a fornire adeguati strumenti di protezione per i cittadini, soprattutto minori, obbligando i gestori dei marketplace a fornire precise informazioni sugli acquisiti inseriti nelle app.